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Vendemmia 2016, puntare sul fascino dei numeri è una scelta sbagliata

Roberto Vitali
di Roberto Vitali
03 ottobre 2016 | 10:08

Sulla vendemmia 2016 non sono in grado e non voglio prendere posizioni. “Eccellente”, “clima fantastico”, “ottima annata” sarebbero anticipazioni fuori luogo, perché - come scrive Carlo Petrini e con lui tutti i benpensanti - i conti si fanno a bocce ferme. È evidente che, prima di lanciarsi in annunci e previsioni roboanti, la vendemmia va portata a casa. Non solo dal punto di vista del raccolto, che ovviamente dipende da condizioni climatiche imprevedibili fino all’ultimo, ma anche da un affinamento in cantina che non è uguale di anno in anno e che, fino alla prova concreta del tempo, non può essere valutato. Senza contare che l’Italia è lunga, con climi assai variabili.



Petrini critica giustamente la gara - anche questa ormai annuale - nello stimare la produzione complessiva, la quota di mercato che la nostra viticoltura riesce a conquistare a livello internazionale. È indubbio che questo abbia importanza dal punto di vista della salute complessiva del comparto, ma non dobbiamo fare l’errore di pensare che una maggior produzione sia per forza di cose un dato positivo. Osannare un possibile aumento della produzione rispetto alla Francia non ha senso, se pensiamo che, anche a parità di bottiglie prodotte e vendute, i ricavi francesi sono molto più alti di quelli italici.

Quello su cui noi dobbiamo puntare - a parere di molti - è che l’Italia gode della più grande varietà di vitigni autoctoni imbottigliati del mondo, con più di 700 varietà che compongono il panorama vinicolo. Ciascuna di queste ha peculiarità che non solo le rendono uniche, ma che dovrebbero farne l’orgoglio vero della nostra agricoltura. Anche perché la diversità è quella che ha fatto la storia della enologia italiana, è nella diversità che si esprime il territorio. Puntare tutto sul fascino dei numeri o dei grandi vini sarebbe una scelta sbagliata.

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