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Con la pastorizzazione, birra più salubre Ma l’aroma finale può cambiare

Enrico Rota
di Enrico Rota
Quattroerre Group di Torre dè Roveri
07 gennaio 2017 | 10:00

Un processo importante quanto gli altri nella produzione della birra è la pastorizzazione (o pasteurizzazione). Si tratta di un processo di risanamento termico applicato ad alcuni alimenti allo scopo di minimizzare i rischi per la salute dovuti a microrganismi patogeni sensibili al calore, quali batteri in forma vegetativa, funghi e lieviti, con un’alterazione minima delle caratteristiche chimiche, fisiche ed organolettiche dell’alimento.

La pastorizzazione rende la birra più salubre, ma intacca l’aroma finale

Si differenzia quindi dalla sterilizzazione, ottenuta con temperature (e tempi di applicazione delle stesse) notevolmente maggiori, che garantisce un marcato aumento dei tempi di conservazione al prezzo di un’alterazione spesso pesante dei contenuti nutritivi e delle caratteristiche organolettiche dell’alimento. La sua applicazione è prevalente in alcuni alimenti in forma liquida (soprattutto latte, vino, birra e succhi di frutta), su cui il processo offre risultati migliori, manifestando appieno la sua efficacia e limitando gli effetti avversi.

Il procedimento della pastorizzazione deve il suo nome al chimico francese Louis Pasteur che, intorno al 1860, osservò come birra e vino riscaldati a circa 60°C si conservassero più a lungo, consentendo così il trasporto in terre lontane. La pastorizzazione ha quindi lo scopo di abbattere la carica batterica e inibire i lieviti. Molti produttori non contemplano questo tipo di processo in quanto abbatte il contenuto di vitamine e può intaccare l’aroma e il gusto della birra, oltre ad innescare diverse reazioni chimiche che possono influire sul sapore finale.

Esistono due sistemi di pastorizzazione: quella accelerata, dove la birra viene riscaldata facendola passare in mezzo all’acqua, ma comporta lo svantaggio di dover sterilizzare successivamente tutti i contenitori, bottiglie, lattine e fusti; e quella in tunnel, dove la birra già travasata nei contenitori passa lentamente ad una temperatura tra i 60 e gli 80°C.

Finalmente siamo giunti al prodotto finale e, ovviamente, diamo vita alla fase in cui la birra viene messa nei diversi contenitori: bottiglie, fusti, lattine. Rappresentano i diversi modi che le aziende hanno adottato per trasportare la loro birra e rifornire il mercato. Durante questo processo, però, ad alcune tipologie vengono aggiunti dei nuovi lieviti, zucchero o mosto non fermentato per innescare una rifermentazione in bottiglia che dà alla birra maggiore complessità gusto-olfattiva e un contenuto maggiore di anidride carbonica.

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