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Gli Gnavi ed il Passito di Caluso Se la viticoltura segna la storia

Piera Genta
di Piera Genta
08 novembre 2017 | 10:41

Eccezionale serata organizzata da Ais Piemonte alla scoperta del Passito di Caluso e della sua dinastia di produttori, gli Gnavi. D’altronde Gnavi e Passito nel calusiese rappresentano un tutt’uno.

È sufficiente ricordare Corrado, direttore della scuola di enologia presso l’istituto Carlo Ubertini, ed autore del volume Caluso enoica, storia, leggenda, folclore e realtà, un testo di riferimento per l’enologia canavesana; Filiberto, vignolant alla carriera per il Consiglio della Credenza vinicola di Caluso; Giuseppe e poi il cav. Giovanni e Carlo con il nipote Giorgio.

(Gli Gnavi ed il Passito di Caluso Se la viticoltura segna la storia)

L’incontro inizia con gli approfondimenti storici a cura di Roberto Marra tra mito, leggenda e realtà e fare conoscenza dello svolgersi della viticoltura della zona che inizia in epoca pre-romana con i Salassi, discendenti dei Celti, che abitavano tra Canavese e bassa Valle d’Aosta per arrivare ai Romani. La storia continua nei documenti del Medioevo dove si trova la prima testimonianza di un vino bianco di provenienza dalla zona di Viverone, anche se alla fine del Cinquecento Andrea Bacci, filosofo, medico di Pio V, cita i vini rossi non i bianchi. Con G.B. Croce all’inizio del Seicento si parla dell’Elbalus.

Il protagonista della serata, il passito, viene definito da Ottavio Ottavi nel 1886 Vin santo di Caluso e anche Sauterne di Caluso, due anime dello stesso vino che convivevano nel passito di un tempo: ossidazione e appassimento con botrite nobile di una certa percentuale di acini. In effetti proprio l’Ottocento è il momento d’oro di questo vino paragonato per importanza ai prodotti dei grandi chateaux francesi.

(Gli Gnavi ed il Passito di Caluso Se la viticoltura segna la storia)

Per quanto riguarda le origini del vitigno, ci sono tre scuole di pensiero: il vitigno potrebbe derivare dal Greco Bianco della Tessaglia; dalla derivazione della Clairette francese oppure un autoctono canavesano. Poi un massiccio fenomeno di industrializzazione ha ridotto drasticamente i volumi e anche la notorietà si è ridimensionata.

Gianpiero Gerbi ha descritto il territorio, 500 km quadrati di anfiteatro morenico con la serra di Ivrea, un rilievo collinare quasi rettilineo di 20 km. con alcuni laghi. Viticoltura esclusivamente collinare, dai 250 metri in su coltivazione a pergola dalla struttura imponente. Erbaluce, un vitigno i cui acini presentano una buccia abbastanza spessa, ha una maturazione piuttosto tardiva e risulta ricco in termini di acidità e mineralità, proprio grazie alla particolare conformazione geologica dei terreni. Versatile che ben si presta alla spumantizzazione e regala passiti di grande complessità.

(Gli Gnavi ed il Passito di Caluso Se la viticoltura segna la storia)

A Mauro Carosso ad interpretare le sensazioni del bicchiere, la prima batteria composta da:
2002 Gnavi Cav. Giovanni: colore ambra trasparente frutto di annata complessa. All’olfatto note fruttate di fico secco, caramello e zafferano. La terziarizzazione non è esasperata. In bocca una profonda freschezza, un carattere ancora giovane.

2001 Filiberto Gnavi Riserva: giallo oro con leggera opalescenza. Al naso si inizia con erbe officinali e fiori secchi. In bocca discontinuo non in equilibrio perfetto. L’acidità svanisce lasciando il posto alla morbidezza. L’annata è stata molto calda.

1994 Giuseppe Gnavi: bel colore ambrato brillante. La nota ossidativa è presente. Sentori speziati, fruttati con sfumature di tostatura, tabacco e caffè. Bocca piacevole, fresca con acidità meno evidente. Un finale di melassa.

1987 Gnavi Cav. Giovanni: colore intrigante, ambrato con un’unghia quasi granata. Naso balsamico, con spunti di tamarindo e bucce di agrumi. In bocca appaga per la delicata dolcezza e al tempo stesso stupisce per l’accentuata acidità.

1983 Giuseppe Gnavi: colore luminoso, olfattivamente molto intrigante ed affascinante. Un ricordo di note agrumate. Piacevole equilibrio in bocca con spunto di cera di api, zucchero caramellato. La sua dolcezza non stucchevole è ben bilanciata dalla sapidità e dalla sorprendente freschezza.

La seconda batteria composta da annate particolarmente vecchie che stupiscono per la freschezza ed il colore ambra trasparente. Sono vini modulati in modo molto differente in cui si legge lo stile di casa.

1971 Cav. Giovanni Gnavi: annata del secolo per i vini in genere punto di riferimento della qualità. Nota floreale, bouquet di rosa appassita, sensazioni balsamiche e spezie orientali. Equilibrato, dolce non fastidioso.

1967 Filiberto Gnavi: Naso intrigante, sulfureo al naso. Buona dolcezza.

1969 Corrado Gnavi: sentori di sottobosco e terra bagnata. Preciso, bilanciato con una nota amara sul finale che ricorda la mandorla.

1961 Corrado Gnavi: passito liquoroso, una tipologia da qualche anno eliminata dal disciplinare di produzione. Tonalità molto ambrata. Al naso erbe officinali, arancia amara candita, assenzio. Una dolcezza modesta dall’acidità intensa, una leggera presenza tannica. Sensazione amara chiude l’assaggio.

1957 Gnavi Cav. Giovanni: affinato in una particolare botte di acacia, ottima limpidezza e trasparenza. Grande ampiezza olfattiva, ottima bevibilità. Coerente tra morbidezza e freschezza, invita a sorsi successivi.

Tra la prima e la seconda batteria una degustazione di Castelmagno d’alpeggio prodotto a Valliera, antica borgata risorta grazie ad un gruppo di amici di Langa accompagnato da tre tipologia di pane prodotto a Bosconero e cotto nel forno a legna: pane con fermento alla mela e farina di farro; pane ai cereali con noci e lievito di birra e un pane naturale con lievito madre, molto digeribile, che utilizza grani antichi.

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