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In Sardegna il vino più antico d'Europa Risale alla civiltà nuragica, 3mila anni fa

24 marzo 2017 | 10:51

Il vino più antico d’Europa si produceva in Sardegna. E quando diciamo “più antico” intendiamo che bisogna andare indietro di 3mila anni. A scoprirlo è stato uno studio sulle radici della vinificazione che vede protagonista Gian Luigi Bacchetta, professore universitario e direttore dell’Orto botanico di Cagliari che ha lavorato insieme alla sua équipe del Centro per la conservazione della biodiversità.

In Sardegna il vino più antico d'Europa Era della civiltà nuragica, tremila anni fa

foto: repubblica.it

«Dieci anni fa io e i miei colleghi - ha raccontato al Corriere della Sera l’esperto - abbiamo incominciato a interessarci alla vite selvatica, di cui l’isola ha oltre 120 varietà autoctone». Nel corso di queste ricerche, il lavoro dello staff di Bacchetta ha iniziato a incrociarsi con quello degli archeologi. «Attraverso studi di archeobotanica - di cui il team è pioniere in Italia - in siti nuragici e prenuragici, abbiamo cercato di capire se, come ipotizzavamo, i sardi avessero effettivamente imparato la coltivazione della vite, proveniente dall’area georgiana, attraverso i Fenici».
 
Nel corso delle ricerche la svolta è arrivata tra il 2006 e il 2009 con il gruppo di ricerca che ha individuato nelle grotte del Monte Meana tracce di vite selvatica raccolta in epoca prenuragica, circa 4.500 anni fa. Tutto ciò però era ancora troppo poco per dimostrare l’esistenza di vitigni. Ci sono voluti altri quattro anni, siamo nel 2013, per trovare la prova decisiva: a Sa Osa, in provincia di Oristano, sono stati ritrovati tre pozzi sigillati, pieni di sementi, che la sofisticata tecnica della datazione al carbonio 14 ha permesso di datare tra 1.200 e il 1.300 a.C. «All’interno c’erano anche tracce di vitigni domestici simili a quelli della Vernaccia e della Malvasia, ancora coltivati in Sardegna».

A questo punto è stato decisivo un altro tassello di tipo archeologico: la conferma che la civiltà nuragica oltre a coltivare l’uva vinificasse, è arrivata da un ritrovamento archeologico fatto 30 anni fa nel sito di Monastir, nella parte meridionale dell’isola: un tornio in pietra, per lungo tempo dimenticato in un magazzino. «Attraverso un’accurata analisi chimica - spiega Bacchetta - abbiamo rintracciato sulla superfice del tornio tracce di acido tartarico, che si produce durante la spremitura dell’uva».
 
Una scoperta importantissima, che permette di riscrivere la storia della vinificazione in Europa e nel Mediterraneo, retrodatandola al IX secolo avanti Cristo e facendone un primato non più francese, ma italiano, e nella fattispecie sardo. «Questo, oltre a essere la prova - afferma il professore - che la civiltà nuragica era molto più avanzata di quanto comunemente si pensi, può offrire un elemento interessante e un fattore competitivo in più per i nostri produttori».

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