Dei Colli Berici conoscevo poco, prima del tour organizzato magistralmente dal Consorzio tutela vini Doc Colli Berici e Vicenza con il direttore Giovanni Ponchia e il presidente Silvio Dani che ci ha accolto come amici.
Conoscevo Alonte (Vi), il santuario della Madonna di Monte Berico e le ville Palladiane. Ad Alonte ho passato le ore più spensierate della mia vita. Il papà della mia amica del cuore aveva acquistato un appezzamento di terreno proprio nell’altipiano soprastante questo paesetto. Negli anni 70-80 del secolo scorso era uno dei più piccoli comuni d’Italia con solamente 650 abitanti, ora ne ha mille in più. In quei terreni brulli giocavamo a far le archeologhe trovando selci e punte di freccia preistoriche. Ricordo che c’erano delle tombe neolitiche scavate nella roccia. Ora ho scoperto che la zona di Alonte è una delle più vocate per la viticultura dei
Colli Berici, con le sue rocce calcaree e i suoi terreni rossi ricchi di minerali.

Mi dicono che ci sono dei fenomeni di carsismo. Tutto torna, anche nei Colli Berici ritrovo il mio Carso. E ritrovo la rusticità ma anche la potenza e l’eleganza nei suoi vini. Vitigni diversi ma con un comun denominatore: la rappresentazione un territorio. Terre da vini rossi principalmente, infatti su un totale di vino imbottigliato per la Doc Colli Berici nel 2016, pari a 1.728.000 bottiglie, ben il 64% è rosso di cui il Merlot da solo risulta essere il 34% dell’intera produzione imbottigliata, seguito da Cabernet Sauvignon per il 29% e dal Tai rosso pari al 19% del totale prodotto. Solo il 36% è vino bianco con una bella scoperta, sua eleganza Pinot Bianco rappresenta il 46% del totale seguito dal Sauvignon e fanalino di coda la Garganega.
Decisamente interessanti gli internazionali ma il Tai Rosso mi ha particolarmente emozionata. Anche lui ha dovuto subire un cambio di nome, si chiamava Tocai Rosso, per la ben nota controversia con l’Ungheria. Dicevo Tai Rosso che ha la stessa natura genetica del Cannonau sardo, del Grenache francese e della Garnacha spagnola, ma nel Vicentino ha trovato un areale adatto alla sua coltivazione e una propria identità e tipicità. Nelle versioni giovani si presenta allegro e invitante con il suo rosso rubino poco intenso ma brillante, le sue note di frutti rossi di bosco appena colti e le violette e le rose, il pepe, le resine. Ci regala grande freschezza e sapidità e croccantezza. Un ballerino di rock and roll con le sue mille evoluzioni. Nelle versioni più mature, magari proveniente da uve surmature e passato in legno, ovviamente è più palestrato con note di tabacco e cenere, arriva poi la frutta matura e per finire ritorna il pepe.

Anche il colore si inspessisce e vira al granato. Rimane la freschezza avvolta da una elegante muscolarità. Insomma più ci penso più mi ricorda un piccolo Barolo. Ma anche sua signoria Garganega in quel di Breganze, con suoli prevalentemente basaltici, derivati dai coni vulcanici, sa dire la sua. Vitigno tipico veneto ha la sua massima espressione nel Soave ma anche sui Colli Berici si manifesta in maniera adeguata. Le sue uve hanno acini con buccia spessa, polpa non aromatica. È un’uva eclettica che si presta a diverse interpretazioni. Da spumante, a fresca, a matura e a passita. La versione matura, magari proveniente da vigneti avanti con gli anni, ci dona del vino complesso con sentori di sasso, mango, mandorle, agrumi. Il sorso è lungo, potente e avvolgente.
Lei non balla il rock, preferisce il sensuale tango. Fare dell’enoturismo nei Colli Berici è veramente da consigliare. Oltre alle numerose cantine che offrono una perfetta accoglienza, da non sottovalutare una elevata quantità di piste ciclabili, un territorio variegato con colline non superiori ai 400 metri, tante vigne ma anche tanti boschi e frutteti, un’offerta gastronomica sia semplice che di alta classe. Insomma un territorio tutto da scoprire.
Per informazioni:
www.consorzio.bevidoc.it