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In degustazione

Emilia Nardi, la “Signora del Brunello”, racconta i suoi vini

Mariella Morosi
di Mariella Morosi
06 aprile 2022 | 15:13

«Sono stati due anni difficili per le nostre aziende ma bisogna pensare positivo e andare avanti. Forse questo è servito a farci riflettere, a ricollegarci con la natura e ai suoi ritmi, il senso delle stagioni e a riscoprire la terra da cui nascono i nostri vini». Lo ha detto Emilia Nardi delle Tenute Silvio Nardi di Montalcino, a Roma per presentare le sue etichette in un incontro conviviale al ristorante Acquolina dell’Hotel The First Roma, abbinate al menu stellato concordato con il cuoco Daniele Lippi, giovanissimo ma già consolidato talento.

Emilia Nardi. Foto: Bruno Bruchi Emilia Nardi, la “signora del Brunello” racconta i suoi vini

Emilia Nardi. Foto: Bruno Bruchi


La signora del Brunello

L'indiscussa "Signora del Brunello", in un incontro-racconto non convenzionale e amichevole, ha parlato della sua storia familiare e imprenditoriale vissuta in una realtà che oggi conta 80 ettari di vigneti suddivisi tra l’88% di Sangiovese e il resto Cabernet Sauvignon, Merlot e Syrah: un'azienda di successo tra le più rappresentative che da Montalcino hanno ricevuto ma soprattutto dato di più. Ma numeri e allori non bastano a raccontarne il lungo percorso per cui Emilia Nardi non si è sottratta nel ripercorrerne le tappe, e mai parlando soltanto al singolare.


Una storia antica

Le storie del mondo del vino hanno spesso trame imprevedibili e questa delle Tenute Silvio Nardi comincia da lontano, dagli anni '50. Allora Montalcino era uno dei borghi più poveri d'Italia, in un dopoguerra difficile con la totalità dei giovani emigrati e un'economia rurale basata sui cereali e sull'artigianato della concia delle pelli e della lavorazione del ferro. Certo, il vino si faceva anche allora in ogni cascina mezzadrile, e anche molto buono, ma come modesta forma di integrazione e di sussistenza. Il padre Silvio, umbro della Val Tiberina e costruttore di macchine agricole, capitato per caso e affascinato da quelle colline con vista sulla Val d'Orcia, ne comprese subito i valori e le potenzialità della viticoltura per una vera rinascita. Così lui, forestiero, si unì in una progettualità pionieristica e a lungo termine con altre famiglie storiche di imprenditori agrari come i Colombini o i Biondi Santi. Già dall'inizio, dall'acquisto di Casale del Bosco e poi di altri terreni che allora nessuno voleva, fino alla prima vendemmia del 1954, gli fu chiaro che l'obiettivo non poteva che essere una produzione di qualità, tanto che fu tra le prime sei aziende della denominazione a imbottigliare. Il resto è storia, con il riconoscimento della Doc nel 1966 - la Docg arriverà nel 1980 - e la fondazione nel 1967, del Consorzio del Brunello di Montalcino fortemente voluto con altri 11 vignaioli. Felice fu poi, nel 1962, l'acquisto di Manachiara, nei pressi di Castelnuovo dell’Abate, sul versante sud-est, il vero cuore della Docg Brunello, vocato a vini strutturati e potenti. Non a caso il suo nome significa "mattina chiara" - perché qui i filari ricevono il sole sin dall'alba.


Anche la storia di Emilia, la minore di otto figli, somiglia a quella del padre, nata dal caso e da un amore. Ma a lei fu una delusione a cambiare la vita e a incoronarla, decenni dopo, Signora del Brunello. Non sappiamo se nel lontano 1984 le belle colline toscane le fecero davvero dimenticare un abbandono, ma è certo che di amore gliene fecero nascere un altro. Prima in amministrazione - forse fare due conti l'avrebbe distratta, pensava il padre - poi affiancandolo in vigna e in cantina, si dimostrò molto più interessata alla terra di quanto si potesse prevedere. Osservò, ascoltò e spiò sia i contadini che i grandi del vino a Bordeaux, allora polo del vino di qualità, e studiò suoli e uso del legno. Ma il trattore, no, quello non imparò mai a guidarlo, come ha precisato.

Il vigneto Emilia Nardi, la “signora del Brunello” racconta i suoi vini

Il vigneto


Dagli anni 90 la firma di Emilia Nardi

L'inevitabile svolta generazionale la trovò pronta e dagli anni '90 tutto porta la sua firma. Da quel generoso Sangiovese locale non voleva fare solo vini buoni, anche se il prestigio del Brunello già poteva bastare: li voleva migliori, identitari di ogni porzione vitata, diversa per versanti, suoli e altri fattori pedoclimatici di un territorio non uniforme, boschivo e agricolo di Montalcino, in cui tutt'ora solo una parte limitata è vitata.


Eccellenti abbinamenti

E ha voluto raccontarli i suoi vini, di tipologie e vendemmie diverse al pranzo da Acquolina, facendoli accompagnare dai piatti dello chef: Crudo di manzo, ostriche, fragoline e senape, Tortello di zucca, anice stellato e tartufo nero, Filetto di Baccalà con spuma di patate affumicate al the nero (Acquolina è l'unico stellato romano specializzato nella cucina di pesce) e, a conclusione, un sontuoso Cacao crudo con piccola pasticceria. Lippi, classe 1990, profonda conoscenza della materia e della tecnica e spazio alle interpretazioni più inedite, nasce con il Convivio Troiani e, dopo esperienze internazionali, ha preso il posto che era una volta del suo amico scomparso Alessandro Narducci.


Lo start della degustazione è stato con un Chianti Colli Senesi Docg 2020, Sangiovese dei vigneti più giovani e una componente di Merlot. «È il primo vino che abbiamo prodotto nel 1950 - ha detto l'imprenditrice- e non abbiamo mai spesso di farlo. Ha un grande successo nei mercati asiatici». A seguire è stato servito un Rosso di Montalcino della stessa vendemmia, appena uscito. «Abbiamo saltato l'annata 2019 - ha precisato- ma questa è buonissima e per noi è quasi un fratello più giovane del Brunello, con grande capacità espressiva ed evolutiva». E poi sono arrivati i Brunello, tutti diversi e forse incomparabili perché strettamente legati ai vari terroirs delle due anime delle Tenute: Casale del Bosco e Manachiara. La prima all'interno di 600 ettari alberati a nord ovest, originaria acquisizione voluta a suo tempo dalla madre. Ha suoli neri e vulcanici, e il vigneto vi è stato impiantato con la prima selezione massale dei cloni aziendali. Del tutto diversa, a sud est, Manachiara, cuore della denominazione, dai suoli argillosi con punte di scoglio. Particolarità dimostrate dal Brunello 2015 Vigneto Manachiara, (6.600 bottiglie) rosso granato, intenso ed elegante con grandi concentrazioni di aromi e due lunghi passaggi in legno. Nasce da uno dei tre cru, fiore all'occhiello dell'azienda con gli altri due Colombaiolo e Pinzale, con un patrimonio dei cloni più antichi. Sold out l'annata 2016 e, ahimè, dimenticata nel trasporto la 2017. Poi è stata la volta del Brunello Vigneto Poggio Doria 2012 Riserva di Casale del Bosco, dalla complessità aromatica con note fruttate, speziate e tannini vellutati, prodotto dal 2005 dal suo cru di 5 ettari (3.500 bottiglie). «I vini devono esprimere l’essenza di ogni nostra vigna di Montalcino - ha ripetuto Emilia Nardi - perché il fine è creare un Sangiovese che racconti quell’insieme di suolo, sole, brezza, piogge ed escursioni termiche, vite e mano dell’uomo». Armonica integrazione delle due Tenute, blend di venti vinificazioni diverse è invece il Brunello di Montalcino Tenute Silvio Nardi prodotto in circa 150mila bottiglie. Prima ancora, all'aperitivo in terrazza, erano stati serviti il 43mo Igt Toscana e Rosato (Merlot e Syrah) e Bianco Igt Toscana, (Malvasia e Moscato) prodotti in poche migliaia di bottiglie che portano il nome del 43mo Parallelo che attraversa Montalcino.

 

I vini degustati Emilia Nardi, la “signora del Brunello” racconta i suoi vini

I vini degustati


Il complesso progetto agronomico

Le grandi storie del vino, anche a Montalcino, sono spesso familiari. Ma va ricordato il ruolo personale di questa signora gentile e schiva, protagonista di un complesso progetto agronomico e scientifico che ha portato al reimpianto di tutto il parco vitato attraverso le zonazioni, le selezioni clonali del Sangiovese Grosso con cinque cloni identificati e certificati e lo studio delle maturità fenoliche in vigna, tra le prime aziende ad introdurlo e oggetto nel tempo di ben 17 tesi universitarie. L'intero progetto che portò all'identificazioni di 36 parcelle e di 50 sotto-parcelle coinvolse l'agronomo ed enologo Andrea Paoletti con la collaborazione di Yves Glories o Eric Boissenot che affiancarono lo staff dell'agronomo storico Fabrizio Lazzeri - seguito poi tre anni fa da Vittorio Stringari. Solo così poteva emergere lo stretto rapporto terroir-vino, e questo è quanto il Brunello vuole esprimere quando nelle sottozone vengono piantati i cloni di Sangiovese più adatti. L'impegno le fu riconosciuto nel 2003 dal Ministero delle Politiche Agricole con il premio “De@ Terra” (2003) e lei stessa ne parlò nel 2018 all'Assemblea delle Nazioni Unite, invitata in rappresentanza delle donne rurali impegnate in agricoltura sostenibile, principio sempre seguito in tutte le componenti aziendali. L'anno dopo si assunse anche la responsabilità della presidenza di Confagricoltura Donna Toscana.

 


Non solo vino…

L'azienda produce anche il Vin Santo Sant’Antimo Occhio di Pernice (Sangiovese e Malvasia), prodotto dal 1950 seguendo il tradizionale metodo di appassimento sulle stuoie, il Moscadello di Montalcino - l'antico vino dolce a base di Moscato Bianco che deliziava nel '500 Pietro l'Aretino- e la Grappa Bianca da vinacce ovviamente di Sangiovese. Non manca una produzione di Olio Extra Vergine di Oliva dalle cultivar Frantoio, Moraiolo e Leccino. Ma non si è parlato solo di vino e di cibo, da Acquolina, in questo momento di crisi globale senza precedenti, ancora con le conseguenze della pandemia e con una guerra a un passo da noi. E così abbiamo saputo che alle Tenute Silvio Nardi da tempo è attivo il progetto Icare per l'integrazione e la formazione professionale di migranti in azienda, estesa ora ad alcune famiglie ucraine. E il futuro di questa realtà dove già le buone pratiche ecosostenibili sono la norma? «Una delle nostre più grandi aspirazioni oggi - dice Emilia Nardi- è di far sì che il nostro lavoro, così intimamente legato all’ambiente di un luogo magico come la campagna di Montalcino, possa sempre essere in armonia e contribuire alla conservazione del suo paesaggio».


Tenute Silvio Nardi
Località Casale del Bosco 222 - 53024 Montalcino (Si)
Tel 0577 808269
https://www.tenutenardi.com

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