Roberto Rondelli ha 42 anni, l’entusiasmo non accenna a diminuire, e certamente sa quale fascino irresistibile abbia far scoprire grandi prodotti di nicchia ai cacciatori di nicchie sparsi per ogni dove. Se l’obiettivo di questa piccola azienda di Camporosso (Im), che prende il nome del fodatore, era l’eccellenza, il “pochi ma buoni”, diciamo pure che la direzione è quella giusta, e le premesse pure. Intanto, al ristorante “Il Liberty” di Milano ha presentato le sue cinque etichette.

Al ristorante “Il Liberty” di Milano Roberto Rondelli ha presentato le sue cinque etichette
Il sogno e il vino di Roberto Rondelli affondano le radici nel Ponente
L’entroterra del Ponente Ligure è un territorio unico “dove all’ulivo si abbraccia la vite” - come canta Fabrizio De Andrè ne "Il Sogno di Maria" -, solcato da valli profonde, limitato da coste frastagliate. Il confine con la Francia è dietro l’angolo, i rilievi a nord completano lo sfondo, come in un presepe: il panorama forse aiuta a comprendere perché a Roberto Rondelli, titolare dell’omonima azienda vitivinicola di Camporosso, a un certo punto qualcosa dentro gli ha fatto “clic”.

L’entroterra del Ponente Ligure è un territorio unico
Nel 2000, poco più che adolescente, Roberto decide di ritrovare il contatto diretto con la natura e diventare viticoltore, e così riscatta i terreni di Migliarina del nonno Pepin. Inizialmente aiutato dal padre Danilo, pianta le viti di Rossese, Vermentino e Pigato. Dopo anni pazienti di viaggi, esperimenti, informazione e formazione, nel 2009 arriva il momento fatidico: la prima vinificazione a marchio Roberto Rondelli. Oggi, dopo altri quindici anni, presenta presso il ristorante “Il Liberty” di Milano la sua gamma, per ora composta da cinque etichette: il Pigato IGT “Vigna Ciotti”, il Vermentino IGT “Birbante”, e tre Dolceacqua DOC: “Roja”, “Arenaria” e “Marne blu”.
I vini di Roberto Rondelli, una storia di famiglia
«Mio nonno coltivava l’olivo e la vite - racconta alla stampa Roberto Rondelli - . I suoi prodotti li vendeva non imbottigliati, perché quello era l’andazzo fino all’introduzione della prima DOC ligure, nel 1972. In quegli anni la scelta di mio padre fu quella di abbandonare l’agricoltura e dedicarsi alla floricoltura: io sono ripartito con le mie viti nel 2000, per cui c’è stato un salto generazionale. Agli inizi ho incontrato un po’ di diffidenza, e mio papà mi ha fatto chiaramente intendere che era una scelta rischiosa: avrei dovuto cavarmela da solo. Ma poi, come spesso accade, quando ho avuto bisogno di aiuto è stato il primo a buttarsi nella mischia».

Roberto Rondelli
Due parole sul territorio: «Io abito in Val Roja, sul lato ovest della provincia di Imperia, vicino alla Francia, ove da sempre cresce il vitigno Rossese di Dolceacqua. I numeri sono molto contenuti, perché si parla di 270.000 bottiglie in media all’anno, per tutta la denominazione. Io, da solo, quando l’annata è di quelle buone mi fermo a 15mila, comprendendo anche i vini bianchi. E va bene così, ché nessuno di noi produttori ha il sogno nel cassetto di realizzare centomila bottiglie e vendere in settantadue nazioni contemporaneamente, visto che non esistono né gli spazi né le condizioni pedoclimatiche necessarie. L’obiettivo, invece, è quello di valorizzare il territorio e raggiungere l’eccellenza, occupare le fasce alte del mercato, servire i grandi ristoranti, i migliori alberghi, le enoteche».

Quando l’annata è di quelle buone Rondelli si ferma a 15mila bottiglie
«Da questo punto di vista all’interno della regione stiamo andando piuttosto bene: dobbiamo lavorare meglio e farci conoscere al di fuori della Liguria, e posso già dire che qualcosa sta migliorando, sia pure lentamente. Già collaboro con tutta una serie di divulgatori, distributori e sommelier, tra cui parecchi giovani, che si sono appassionati e credono nelle potenzialità delle valli imperiesi e della loro enogastronomia. Provare per credere: abbiamo nel calice il Dolceacqua DOC 2022 “Marne blu”, le cui uve appartengono in toto al cru di Migliarina. Il terreno è a 350 metri sul livello del mare, l’esposizione è a Nord e la matrice geologica, la marna azzurra, è la più vocata per questo vitigno. Ci troviamo in Val Roja, dove le forti correnti si insinuano dalle Alpi mitigando le temperature e creando un microclima perfetto per una maturazione più lenta delle uve. Questo Rossese di Dolceacqua affina in botte grande (tonneau) per dieci mesi, in modo da ingentilirsi, diversamente dal Dolceacqua DOC Arenaria, che non è sottoposto a passaggi in legno».
Con cosa abbinare i vini di Roberto Rondelli
Tuttavia, se abbiamo capito bene, il principe della tavolata doveva essere il Dolceacqua superiore DOC Roja 2022, caratterizzato da un bel rubino vivace; al naso sa nettamente di frutti di bosco rossi, ma anche di marasca, arancia rossa ed erbe di montagna nel sottofondo. In bocca si rivela un’acidità moderata e una spinta salina suggestiva, che si traduce in una piacevole persistenza.

L'’Arrostino di vitello col suo fondo
Abbinarlo all’Arrostino di vitello col suo fondo, copyright Andrea Provenzani, chef de “Il Liberty” di Milano, è stato piuttosto facile: i sapori e le consistenze della pietanza erano tutti puliti, schierati e ben ordinati come una squadra di boy-scout in esplorazione. Molto più originale e seducente l’antipasto, ossia la Parmigiana di melanzana “incartata” con stracciatella e fili di zucchina croccante: della parmigiana tradizionale era rimasta solo l’anima, che ha ricevuto in dono il Pigato IGT “Vigna Ciotti”. Un bianco di assoluta semplicità, fresco, promettente, col suo gusto di limone deciso e quasi invadente, appena mitigato dal finale pressappoco amarognolo.

La Parmigiana di melanzana “incartata” con stracciatella e fili di zucchina croccante
Un po’ sovrastato, se vogliamo, dal calice successivo, che era di Vermentino Riviera Ligure di Ponente DOC 2015; un vino fortunato, per così dire, come quegli attori maturi che danno il meglio di sé alle soglie della vecchiaia, e tutto ciò grazie ad opulenza, pietra focaia, idrocarburi, accompagnati da frutta gialla, spezie dolci, cannella, finale assai lungo. Inutile aspettare altri anni, meglio berlo subito e augurarsi che i confratelli più giovani riescano a raggiungere la sua complessità quasi sorprendente.