È stato firmato il decreto interministeriale attuativo della disciplina fiscale in materia di vini dealcolati. Ad annunciarlo è il ministro dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida. Oltre a delineare la cornice fiscale, il provvedimento - che interviene in particolare sul regime fiscale delle accise, chiarendo condizioni e limiti entro cui le imprese possono operare - introduce anche la distinzione tra grandi e piccoli produttori. In questo modo si va a completare il quadro normativo che disciplinerà la produzione in Italia dei vini dealcolati.
Cosa prevede il decreto
«Con questo decreto diamo al settore vitivinicolo un quadro normativo chiaro per poter produrre i vini dealcolati e offrire così nuove opportunità alle imprese del settore», dichiara Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste. «Oggi definiamo il regime fiscale per le accise nella produzione di vino dealcolato», aggiunge, sottolineando il sostegno del Masaf ai produttori. Il decreto consente ai soggetti esercenti depositi fiscali di prodotti alcolici intermedi e di vino di effettuare i processi di dealcolazione, nel rispetto di specifiche condizioni e limiti quantitativi. Vengono inoltre introdotte definizioni distinte per gli operatori in base ai volumi annui prodotti, sopra o sotto la soglia dei 1.000 ettolitri. Il provvedimento disciplina il rilascio del titolo autorizzatorio per la produzione e la conservazione del vino dealcolato, definisce gli adempimenti amministrativi e le regole di circolazione del prodotto. È inoltre prevista una limitazione delle attività accessorie, che devono restare funzionali esclusivamente alla produzione del prodotto dealcolato.

Il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida
Dopo questo ultimo intervento ministeriale, dunque, questa la cornice delineata all'interno della quale si potranno muovere i produttori.
- Definizione: Distingue il vino dealcolato (≤ 0,5% vol) da quello parzialmente dealcolato.
- Tecniche ammesse: Consente tecniche come evaporazione sottovuoto, membrane e distillazione.
- Esclusioni: Vieta la dealcolazione totale per vini DOP e IGP, proteggendo le denominazioni.
- Etichettatura: Impone l'indicazione chiara "dealcolato" o "parzialmente dealcolato" e le modalità di trattamento.
- Accise e fiscalità: Stabilisce il regime fiscale e le accise sull'alcol recuperato e sui prodotti finiti, con distinzioni in base ai volumi produttivi (soglie di 1.000 ettolitri/anno).
- Stabilimenti: Richiede locali dedicati e separati per la dealcolazione, con registri e licenze specifiche.
- Finalità: Rispondere alla domanda globale di vini a basso contenuto alcolico (salute, religione, preferenze).
Quanto vale davvero il mercato Nolo
I dati dell’Osservatorio Uiv confermano come il segmento Nolo (no e low alcohol) sia tra i pochi a mostrare segnali di crescita in uno scenario globale complesso per il vino. Il mercato mondiale della categoria, che include anche i dealcolati, vale oggi 2,4 miliardi di dollari e dovrebbe raggiungere 3,3 miliardi entro il 2028, con un tasso di crescita annuo composto dell’8% a valore e del 7% a volume. A trainare il comparto sono in particolare i vini alcohol-free. Secondo le elaborazioni Uiv su base NielsenIQ, nei primi nove mesi dell’anno i volumi sono cresciuti del 46% in Germania, del 20% nel Regno Unito e del 18% negli Stati Uniti, seppure con quote ancora minoritarie all’interno del segmento No-Lo. Sul mercato tedesco gli zero gradi rappresentano il 5% del totale, nel Regno Unito il 23% e negli Stati Uniti il 17%.
Per quanto riguarda l’Italia, finora costretta a produrre all’estero i vini a zero alcol, le performance risultano positive soprattutto in UK e USA, con crescite rispettivamente del 6% a volume e 10% a valore e del 17% a volume e 24% a valore. La quota italiana nel mercato dei vini alcohol-free è pari al 6% negli Stati Uniti, sale all’11% in Germania e raggiunge il 24% nel Regno Unito, confermando il potenziale di sviluppo del segmento anche per le imprese nazionali.
Uiv: una buona notizia
Paolo Castelletti, segretario generale di Unione italiana vini (Uiv), che parla di «una buona notizia di fine anno dopo un 2025 particolarmente complesso per il settore sul fronte dei mercati». Secondo Castelletti, «sono sempre di più le imprese italiane pronte a investire nella categoria dei dealcolati» e la nuova cornice normativa rappresenta «una svolta per operare finalmente in condizioni di parità competitiva rispetto agli altri produttori europei». Uiv auspica ora «il supporto dell’amministrazione nella fase di prima applicazione della norma, in particolare per quanto riguarda il rilascio delle licenze e delle autorizzazioni necessarie».

Paolo Castelletti, segretario generale Uiv
Confcooperative: strumento strategico per affrontare i mercati globali
La pubblicazione del decreto interministeriale MEF–MASAF che disciplina la produzione di vini dealcolati e parzialmente dealcolati rappresenta «una buona notizia che arriva al termine di un anno particolarmente complesso per il settore vitivinicolo, soprattutto sul fronte dei mercati». A sottolinearlo è Luca Rigotti, presidente del Settore Vitivinicolo di Confcooperative Fedagripesca, commentando l’annuncio sul decreto-legge fiscale che sblocca anche in Italia la produzione di vini a basso o nullo contenuto alcolico. Secondo Rigotti, si tratta di «un passaggio fondamentale» perché consentirà alle imprese italiane, «a partire dalle cantine cooperative, che rappresentano una componente rilevante della produzione vitivinicola nazionale», di operare finalmente «in condizioni di parità competitiva rispetto agli altri produttori europei che da tempo presidiano questo segmento di mercato».

Luca Rigotti, presidente Confcooperative
Il presidente del settore vitivinicolo di Confcooperative ricorda inoltre il lavoro svolto negli ultimi mesi dalla federazione: «Abbiamo partecipato attivamente a un lungo e articolato confronto istituzionale, con l’obiettivo di mettere a disposizione delle cantine cooperative un nuovo strumento per affrontare i mercati, in particolare quelli internazionali». Mercati nei quali, sottolinea Rigotti, «la domanda di vini a più bassa gradazione non può più essere considerata una moda, ma un cambiamento comportamentale di lungo periodo». Secondo le stime di Confcooperative Fedagripesca, conclude Rigotti, questo fenomeno coinvolge «un potenziale di milioni di consumatori a livello mondiale» e una domanda destinata a crescere «in parallelo all’evoluzione delle tendenze legate a salute e benessere, spinte dalla curiosità, dal desiderio di adottare stili di vita più sani e dalla volontà di limitare il consumo di alcol senza rinunciare al piacere del vino».