Anche nelle leggende, si narra del vino siciliano (che servì a Ulisse per “trattare il rischio” rappresentato da Polifemo), che peraltro stava sull’Etna. E a buona ragione si potrebbe dire che il vino dell’Etna è… leggendario! Ma, finito lo scherzo, dopo ormai quasi quarant’anni, il vino dell’Etna si è evoluto, sia a livello tecnico che commerciale. L’Etna Doc nasce nel 1968, fra le prime denominazioni ad essere istituite in Italia.

L'Etna, un territorio unico
Le Contrade: geografia e identità
La caratteristica più particolare dell’Etna sono i suoi suoli e, precisamente, la variabilità della loro struttura: si passa da quelli del 122 a.C. a quelli di 15.000 e 40.000 anni fa. Laddove il basalto e il tufo riescono, col tempo, a diventare suolo e a generare un terreno dalla fertilità sorprendente.

La mappa delle Contrade dell'Etna
Più recentemente, qualche produttore più illuminato (e ci si può riferire al compianto Andrea Franchetti) ha identificato nella “Contrada” una sorta di interpretazione di tale variabilità. Allo stato attuale, le “Contrade” identificate dal Disciplinare della Doc Etna (solo geograficamente) sono 142 (aprile 2024). Non tutte le numerose cantine che producono e commercializzano vino dell’Etna aderiscono alla Doc, pur producendo vini di ragguardevole qualità.
Etna, la mappa delle Contrade e i comuni coinvolti
La Mappa delle Contrade dell’Etna è stata predisposta dal Consorzio Tutela Vini Etna Doc ed è stata realizzata col contributo del Dipartimento Agricoltura dell’Assessorato all’Agricoltura della Regione Siciliana, con l’obiettivo di definire chiaramente i confini.
Le 142 contrade sono legalmente equiparate a Unità Geografiche Aggiuntive (UGA) e sono suddivise nel territorio di 11 comuni:
- 25 a Randazzo
- 41 a Castiglione di Sicilia
- 10 a Linguaglossa
- 13 a Piedimonte Etneo
- 8 a Milo
- 4 a Santa Venerina
- 20 a Zafferana Etnea
- 9 a Trecastagni
- 6 a Viagrande
- 1 a Santa Maria di Licodia
- 5 a Biancavilla
L’Università di Catania e l’Università di Milano-Bicocca stanno conducendo studi e ricerche per individuare tutte le variabili distintive delle Contrade, in termini soprattutto di suolo, altitudine, microclima. Inoltre, il modo di produrre il vino sull’Etna è basato sull’ancestrale interpretazione del mutevole complesso di variabili climatiche, molto diverse spesso da un versante all’altro dell’Etna e da un anno all’altro.
Cotrade dell'Etna, la sfida della razionalizzazione
Probabilmente, l’uso del termine “Contrade”, con tutto quello che ne consegue, dovrebbe essere razionalizzato e reso più ancorato a riferimenti scientifici, per poter discutere con più cognizione delle differenze di partenza nella produzione del vino dell’Etna. Qualcuno afferma che sarebbe necessario individuare le UGA su base geopedologica, che interessa i versanti dell’Etna e, dai primi studi, sembra che l’applicazione di tale criterio porterebbe alla riduzione del numero delle Contrade a circa sei.

Il vino dell’Etna si è evoluto, sia a livello tecnico che commerciale
Tuttavia, Andrea Franchetti aveva in mente una configurazione si può dire (e lo diceva sempre) opposta a quella della Doc, in quanto la principale caratteristica dell’Etna è quella di essere un esempio di diversità anche culturale nei modi di realizzare il processo di vinificazione. Attualmente sono presenti circa 500 cantine che imbottigliano (per commercializzarlo) il proprio vino e migliaia di piccoli palmenti di produzione padronale ancora attivi, che annualmente cambiano qualcosa nel produrre il loro vino. E questa è la “facies” rurale su cui riflettere e lavorare per una determinazione dello stile dell’Etna e per una sua evoluzione, trattandola come un patrimonio dell’umanità. Peraltro, il 21 giugno 2013, il Comitato del Patrimonio Mondiale ha iscritto il sito naturale “Mount Etna” nella lista del patrimonio naturale mondiale UNESCO.
Vino dell’Etna: una sfida per i sommelier
Per questo motivo, fare il sommelier dei vini dell’Etna risulterebbe ancora più difficile e stimolante. L’identità territoriale, nel caso dell’Etna, storicamente non è stata costruita su una varietà colturale uvaggio, come nel caso del nerello mascalese (che risulta “importato” dalla contigua Valle Alcantara). Sull’Etna venivano impiantati tutta una serie di vitigni ora ritenuti non autoctoni, che facevano parte degli uvaggi dei nostri bisnonni.
Il caso storico del Castello di Solicchiata
Senz’altro da menzionare è il fenomeno del Castello di Solicchiata del barone Spitaleri, che nel 1855 produsse il primo taglio bordolese d’Italia vinificato col metodo francese. Il vino ricevette numerosi riconoscimenti internazionali: Londra 1888, Palermo 1889, Vienna 1890, Berlino 1892, Bruxelles 1893, Milano 1894, e fu la prima fornitura ufficiale della Real Casa d’Italia. Fu anche tra i primi produttori di Pinot Nero e di metodo classico in Italia, nonché il primo produttore di cognac italiano.

Il Castello di Solicchiata
Etna, valorizzare la cultura degli uvaggi
Nella identificazione di un territorio vinicolo, la tipicità degli uvaggi dovrebbe essere meglio considerata della tipicità dei vitigni. La corsa alla vinificazione separata di vigneti monocultivar, seppure migliorando la concezione tecnica del vino, ha fatto quasi perdere la percezione delle condizioni originali identificative territoriali. Sull’Etna si è ancora in tempo per difendere questa cultura in via di estinzione. E molti piccoli produttori ancora lo fanno. Orgogliosamente.
Quindi un’identità generale, che va oltre il varietale, oltre la tipologia, ma che vede nelle Contrade un valore aggiunto in termini di specificità e peculiarità. Bere un vino di una Contrada dovrebbe significare percepire la produzione di eccellenza che ne sta alla base della propria identità. Identificare una Contrada, attraverso l’assaggio di un vino, potrebbe rappresentare la sfida per i futuri sommelier dell’Etna.
L’incontro di Solicchiata e il progetto Etnadetox
Di tutti questi argomenti si è discusso in un incontro avvenuto lo scorso 10 maggio a Solicchiata, in contrada Rampante del Comune di Castiglione di Sicilia, organizzato dalla nuovissima Cantina Etnadetox. Durante l’incontro, oltre alla presentazione della produzione, sono state affrontate tematiche utili a riconnettersi con gli elementi originari, che definiscono l’essere umano nella sua forma più autentica e ancestrale: il contatto con la natura.

Etnadetox, un nuovo progetto di accoglienza, experience turistica e enogastronomico
Come dice Cinzia Bisicchia, titolare di Etnadetox: ‹‹In un luogo così potente, sacro, meraviglioso, come l’Etna, è possibile prendersi cura di sé, del proprio benessere mentale e del proprio tempo, immergendosi nella natura e nel suo territorio: basta osservare, respirare, godersi la bellezza inutile di curve e linee che si intrecciano. E lasciarsi ispirare››.
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