«Lavoro come passione, passione e responsabilità, passione che è vita». A bassa voce, con umiltà, misurando le parole, i tre giovani cugini: Marco, Matteo e Andrea Turina (due sono enologici) raccontano, tenendo ben saldi i piedi per terra, la loro avventura nel mondo del vino gardesano, sponda bresciana. Un'avventura secolare con i vini simbolo del territorio: il Chiaretto della Valtènesi e il gran bianco della Lugana. Con due prestigiosi premi sulle etichette e i progetti futuri (l'ambizione è di raggiungere il traguardo di una bolla di qualità) si augurano: «Cento di questi giorni, meglio: cento di queste vendemmie».

Il Chiaretto della cantina Turina
Le radici della cantina Turina tra Garda e Chiaretto
A Moniga del Garda, fra un mese, l'azienda festeggerà infatti la centesima vendemmia (e soprattutto la centesima vinificazione) della sua storia, a corredo di un'annata memorabile che in questi mesi si è concretizzata con due tra i più importanti riconoscimenti territoriali: il Trofeo Molmenti e il Gran Priorato del Lugana. Non da meno, nel bilancio di una stagione da ricordare, il traguardo dei Tre Bicchieri Gambero Rosso per il Fontanamora 2023, il Valtènesi Chiaretto prodotto da uve groppello, marzemino, sangiovese e barbera.

Il vigneto della cantina Turina a Moniga del Garda (Bs)
La famiglia Turina lavora il vino da 4 generazioni: oggi l'azienda è guidata dai cugini Matteo, Andrea e Marco. Ma gli albori delle cantine risalgono addirittura alla fine dell'Ottocento: nel 1896 il trisnonno Angelo Turina da Salò giunse a Moniga per lavorare come mezzadro alla corte del senatore Molmenti, colui che codificò il moderno Chiaretto. Negli anni Venti Luigi Turina già coltivava in proprio dei vigneti di proprietà. Fino al secondo dopoguerra buona parte della produzione di vino veniva affidata a grandi cantine del territorio, a cui i piccoli coltivatori - tra cui i Turina - conferivano le proprie uve per la vinificazione.
Dal 1946 a oggi: cento vinificazioni, una sola visione
Nel 1946, annata di grande quantità, le uve dei fratelli Turina non vennero ritirate: Gaudenzio e Angelo, appena ventenni, furono allora costretti ad affittare dei nuovi serbatoi in cemento dai contadini della zona, iniziando a vinificare tutte le proprie uve. L'avvio di una grande avventura come vignaioli indipendenti: da lì a poco venne aperta la prima vera cantina della famiglia, in via Magenta a Moniga. Il vino lo si vendeva sfuso. A metà degli anni Settanta, altra svolta: la sede dell'azienda viene trasferita dal centro storico di Moniga all'entroterra. Alla fine degli anni Ottanta i figli Luigi, Paolo e Dario entrano in azienda portando con sé alcune grandi innovazioni enologiche: nel 1996, alla terza edizione del concorso, le cantine Turina vincono il loro primo Trofeo Molmenti.
Il futuro del Chiaretto secondo la quarta generazione
Ora è tempo della quarta generazione: «Quando si parla di valorizzazione di un territorio si parla innanzitutto di storie di persone - spiegano i cugini Matteo, Andrea e Marco Turina -: vecchie generazioni che hanno tramandato ai giovani della Valtènesi la sapienza nel custodire una cultivar di vite tanto delicata quanto preziosa come il groppello, unico vitigno autoctono del nostro territorio che dà vita da più di 100 anni al nostro vino rosa. Siamo orgogliosi di aver accompagnato l'azienda al simbolico traguardo delle cento vendemmie e delle cento vinificazioni». L'azienda si estende per circa 23 ettari, suddivisi tra Valtènesi (13) e Lugana (10): la moderna cantina è stata ristrutturata nel 2020. La produzione si attesta intorno alle 150mila bottiglie l'anno, tutte vendute sul mercato interno. Costo di una bottiglia in cantina: 10,50 euro.

Una bottiglia di Lugana della cantina Turina
Nel tempo in cui il vino rosa della Valtènesi è solo "Valtènesi", i Turina etichettano Chiaretto fin dai primi anni '50: l'azienda di Moniga è una delle poche, pochissime, a proporre 3 versioni del rosé Valtènesi, a partire dal tradizionale Chiaretto di Moniga, proseguendo con il premiato Valtènesi Fontanamora, fino a giungere al Setamora, una sorta di rosé "riserva" a cui spetta anche un passaggio in barrique. L'uvaggio è condiviso, ma cambiano metodo, tecnica e proporzioni: groppello, barbera, sangiovese e marzemino. «Siamo "chiarettisti" da generazioni e da sempre il Chiaretto è il nostro cavallo di battaglia: da più di 70 anni ormai stiamo dedicando le migliori uve alla produzione del nostro vino rosé - raccontano i cugini - ed è per questo che ci siamo specializzati nelle diverse sfumature del rosa. Tutto comincia dalla viticoltura dedicata, ci sono tanti modi per enfatizzare il profilo aromatico di un vino: le cimature in questo o in un altro periodo, la defogliazione in determinati momenti. Possiamo così indirizzare la vite dove vogliamo arrivare: la nostra è una moderna viticoltura di precisione».
I Turina, come detto, coltivano 10 ettari anche in Lugana: «È stato un importante investimento dei nostri genitori, con vigneti di proprietà che gestiamo direttamente in prima persona». Nel carnet Turina il vino Lugana è presente in due versioni: al Lugana "classico" segue il Fenil Boi, dal nome del vigneto, vino prodotto dalle cime di una delle colline più alte della Doc Lugana. Acquistato nei primi anni 2000, il vigneto si compone di un terreno morenico con una piccola presenza di argilla, in cui l'uva turbiana esprime le sue più grandi manifestazioni di freschezza e acidità saline. Cento vendemmie e un'incetta di premi: garanzia di qualità, all'insegna dell'eleganza, freschezza e identità.
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