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Birra artigianale, la nuova rivoluzione è l'equilibrio. E l'Horeca fa la differenza

Addio agli eccessi: nella birra artigianale vince l'equilibrio. Tra stili leggeri, fermentazioni spontanee e nuove abitudini di consumo, l'Horeca guida la svolta. Crescono le etichette a bassa gradazione e l'uso di materie prime locali, mentre la birra si avvicina sempre più alla tavola e trova spazio nella ristorazione

Giambattista Marchetto
di Giambattista Marchetto
09 agosto 2025 | 05:00
Birra artigianale, la nuova rivoluzione è l'equilibrio. E l'Horeca fa la differenza

Sembrano lontani gli anni delle sperimentazioni estreme e dei manifesti rivoluzionari nel movimento dei birrifici artigianali. Oggi sembra infatti che la parola d'ordine sia “equilibrio”, per una beva più semplice e senza esperienze “estreme”, ma soprattutto orientata all'offerta gastronomica. Ecco che il fuori casa guarda sempre più alle tendenze della produzione brassicola per farne un valore da raccontare ai clienti - e l'Horeca genera circa il 65% del valore nel mercato della birra. Accade così che emergano decisamente stili come session Ipa e lager leggere, ma anche tendenze la bassa gradazione o la carbonazione nitro, ingredienti aromatici (scorze agrumate, cereali alternativi) e valorizzazione di materie prime locali - come si è visto in occasione di Beer & Food Attraction.

Tutto questo concorre a far diventare le birre artigianali un veicolo di esperienza e differenziazione, anziché mera proposta del beverage. In questo senso - come già evidenziato in più occasioni su Italia a Tavola - il mondo della ristorazione italiana sta riconoscendo sempre più la birra come protagonista del food pairing, ben oltre il vecchio abbinamento con la pizza. Vista sempre più spesso come un complemento al vino, si fa strada tra gli chef e - per dirla con Andrea Berton «la birra sta entrando sempre di più nel mondo della ristorazione con la sua importanza, viene impiegata anche in preparazioni, o come tocco finale sul piatto».

La nuova parola d'ordine è equilibrio

Quali sono allora i nuovi stili di birra in fase di evoluzione? Negli ultimi anni il panorama della birra artigianale italiana ha dunque continuato a evolversi, «ma con una maturità diversa rispetto alle fasi più “sperimentali” del passato - rileva Vittorio Ferraris, direttore generale Unionbirrai . Oggi, più che nella corsa verso stili esotici o estremi, l'attenzione dei birrai si concentra sull'affinamento e sulla caratterizzazione di stili anche tradizionali, ma con un utilizzo sapiente e misurato di materie prime, in particolare del luppolo. L'obiettivo è ottenere birre equilibrate ma distintive, in cui l'amaro o l'aromaticità non siano mai eccessivi o invadenti, ma ben dosati. In questo senso, la sperimentazione su luppoli freschi o su varietà autoctone - come nel caso di alcune harvest beer - continua a rappresentare un'area molto attiva, con un legame forte con il territorio e con la stagionalità».

Birra artigianale, la nuova rivoluzione è l'equilibrio. E l'Horeca fa la differenza

Vittorio Ferraris, direttore generale Unionbirrai

Intanto, il mondo Horeca sta orientando la domanda in modo sempre più deciso verso birre a basso tenore alcolico, birre gluten free e, più in generale, birre che rispondano a una crescente attenzione verso il benessere e la salute. «Questo trend si riflette sia nelle scelte degli operatori più attenti, sia nella risposta dei birrifici artigianali - aggiunge Ferraris - che propongono birre leggere, beverine, ma comunque ricche di personalità. Anche le birre analcoliche o quasi analcoliche stanno vivendo una fase di forte espansione e curiosità: si tratta di un ambito che richiede capacità tecniche elevate per mantenere gusto e corpo, ma che offre interessanti possibilità sia sul piano commerciale sia su quello della fidelizzazione di un pubblico nuovo o più ampio». In sintesi, la vera frontiera oggi non è tanto nellanovità estrema”, quanto «nell'equilibrio tra innovazione responsabile e beverinità quotidiana - specifica il direttore di Unionbirrai - birre che sappiano sorprendere, ma anche accompagnare».

Horeca e ristorazione, un binomio sempre più forte

Interessante la visione del mastro birraio Lorenzo Dabove Kuaska”, che ha partecipato alla fase rivoluzionaria della craft e ha formato generazioni di beer-maker, secondo cui il cambiamento parte dalle nuove generazioni. «C'è una crisi che riguarda molti paesi - osserva - con chiusure di birrifici anche importanti negli Usa. In Germania i consumi sono calati del 7%. È un momento difficile, ma ci sono persone in gamba che stanno reagendo. E i giovani si stanno orientando verso altre bevande: nell'ultimo viaggio negli Stati Uniti ho visto birrifici storici fare incassi maggiori non grazie alla birra, ma a nuove proposte come gli hard seltzer o il kombucha. E questo succede anche se sono famosi per le loro birre».

Birra artigianale, la nuova rivoluzione è l'equilibrio. E l'Horeca fa la differenza

Il nuovo corso passa da equilibrio, bevibilità e attenzione alla salute

«C'è una tendenza forte verso la mixology, l'attenzione all'alcol e alla salute - prosegue. Le bevande non alcoliche stanno spopolando. Ma parliamo di birre analcoliche fatte bene, artigianali, con una bella dose di luppolo e carattere, non di prodotti industriali senz'anima. Sono importanti per chi non può bere, per motivi di salute o di patente». Accanto a queste, crescono le birre a basso tenore alcolico, dato che «molti birrifici stanno lavorando su birre al 2,5% o al 3,3%. Se sei bravo, riesci a creare prodotti molto gradevoli». Non per nulla, nel primo semestre del 2025, il 16% delle nuove referenze artigianali lanciate sul mercato ha una gradazione alcolica inferiore ai 4 gradi. Anche per Kuaska il nuovo macro-trend è però l'equilibrio. «Negli Stati Uniti si era arrivati a un certo estremismo autoreferenziale - spiega - con birre troppo amare. Una volta l'industria evitava l'amaro, poi si è sbilanciata. Ora molti stanno capendo che la chiave è l'equilibrio. Parliamo di una bella dose di amaro e carattere, ma senza esagerare. Il consumatore oggi è più istruito ed esigente».

La riscoperta di sour e fermentazioni spontanee

Equilibrioè diventata quasi una parola magica, anche per le birre più particolari, come le lambic e le spontanee. E proprio in questo ambito si vedono evoluzioni interessanti. «Per quanto riguarda le fermentazioni spontanee e il mondo sour (in cui possiamo aggiungere anche le Italian Grape Ale), si registra oggi una fase di consolidamento - riferisce Ferraris di Unionbirrai - dopo anni di grande fermento creativo. È un segmento che ha trovato una sua nicchia appassionata e consapevole, ma che sembra aver raggiunto un punto di saturazione: difficile, oggi, allargarne il pubblico in maniera significativa. Questo non significa che manchi la qualità o l'interesse, ma che le energie dei produttori tendono ora a orientarsi verso prodotti più accessibili, anche sotto il profilo organolettico».

Birra artigianale, la nuova rivoluzione è l'equilibrio. E l'Horeca fa la differenza

Lorenzo Dabove “Kuaska”, presidente del comitato tecnico-scientifico della sezione birre dell‘Accademia delle professioni

D'altro canto, lo stesso Kuaska - ovvero il “papà” di questi stili in Italia - conferma l'evoluzione. «Dopo un boom, c'è stata una flessione - ammette - ma chi si avvicina alle fermentazioni spontanee o naturali (come succede con i vini) di solito non torna indietro. È un modo di gustare la naturalità». E cita l'esempio del Belgio, dove fino a qualche anno fa «i birrai di lambic erano pochi, mentre ora c'è una ventina di produttori e assemblatori in quella zona. È una rinascita che affascina anche i paesi scandinavi e gli americani». Resta però una sfida, perché «non puoi vivere solo di spontanee - avverte. A Vicenza, ad esempio, Sieman produce ottime birre e vini naturali, ma ha dovuto affiancare anche linee più canoniche per sopravvivere. Invece un'icona come Loverbeer, vicino Torino, ha chiuso perché non aveva una base produttiva ampia».

Kuaska: «La chiave è la formazione»

Kuaska assicura peraltro che la forza della birra artigianale italiana è proprio nella qualità e abbinabilità. «Quando è nato il nostro movimento negli anni Novanta - ricorda - le nostre bottiglie erano considerate tra le più belle al mondo: formato da 75 cl, perfette per la ristorazione. Da Barley a Baladin, erano pensate per stare sulla tavola, per essere stappate davanti a un piatto importante. Chef e ristoratori avevano in mano tre armi micidiali: qualità, packaging e possibilità di abbinamenti straordinari». Eppure, c'è ancora strada da fare, perché il vino resta predominante.

Birra artigianale, la nuova rivoluzione è l'equilibrio. E l'Horeca fa la differenza

La forza della birra artigianale italiana è nella qualità e abbinabilità

Eppure gli abbinamenti gastronomici possono essere sfiziosi. «Noi facciamo serate birra contro vino con amici sommelier, il tutto in abbinamento all'alta cucina e anche alla cucina casalinga. Le birre hanno non solo gusto, ma anche proprietà fisiche: per esempio, alcune sour sono perfette con i fritti perché puliscono la bocca e sgrassano il palato». Come valorizzare allora questo patrimonio? Una risposta guarda alla formazione. «È fondamentale per cuochi, sommelier, camerieri che devono conoscere questi prodotti» rimarca Kuaska, che è presidente del comitato tecnico-scientifico della sezione birre dell'Accademia delle professioni a Padova e dedica molto tempo alle lezioni sugli abbinamenti. E aggiunge un consiglio ai giovani: «Dico sempre ai ragazzi di starmi vicino, di imparare più possibile sulle birre naturali. I locali chiudono anche per mancanza di personale preparato. Chi conosce i produttori, gli stili, chi sa raccontare le birre innovative, viene assunto subito».

Un futuro fatto di misura, cultura e persone preparate

Il mondo della birra artigianale italiana è entrato in una fase di maturità: meno fuochi d'artificio, più sostanza. Il vero punto di svolta non è la corsa alla novità, ma la capacità di coniugare bevibilità, identità e coerenza con il proprio territorio. In questo contesto, diventa strategico l'investimento in formazione e competenze: cuochi, sommelier e camerieri devono imparare a raccontare la birra, a valorizzarla negli abbinamenti e a inserirla nel percorso gastronomico come fanno con il vino. Non si tratta solo di saper spillare bene una pinta, ma di capire cosa c'è dietro: un lievito, un malto, una storia. Come sottolinea Kuaska, la differenza oggi la fa chi conosce davvero il prodotto. È anche da qui che passa la sopravvivenza dei locali e la capacità del settore di fidelizzare nuove generazioni di consumatori, più attente alla salute e più curiose. In un mercato in continua evoluzione, l'artigianalità consapevole è l'arma vincente. E se l'epoca degli eccessi sembra tramontata, resta viva la sfida più autentica: stupire con equilibrio, raccontare con passione e crescere con competenza.

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