Il vino italiano è al centro di un dibattito che va oltre il calcolo dei numeri: parliamo di dignità, valore culturale e responsabilità imprenditoriale. Analizzando le previsioni della vendemmia 2025, Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi, parlando con Italia a Tavola, mette in guardia contro prezzi troppo bassi, eccesso di produzione e un mercato che rischia di allontanare il consumatore dal vero significato del vino. Tra cifre record e sfide storiche, emerge la necessità di raccontare il vino per quello che è: un patrimonio agricolo, culturale e identitario.
Prezzi troppo bassi e il rischio di allontanare i consumatori
Per Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi, la questione non è soltanto economica: il vino va riportato al centro come prodotto culturale e agricolo. «Serve più che valore, restituire dignità al vino. Per quello che è, per quello che rappresenta. Per l’immagine che ha nel mondo e nel nostro Paese».

Il presidente di Assoenologi Riccardo Cotarella
Un concetto che si lega al confronto tra prezzi del vino e di altri beni, come l’acqua con cui a volte c’è circa 1 euro di differenza appena: «Non dico che l’acqua costa troppo, ma pensando a quanto costa una bottiglia di vino rispetto a una bottiglia d’acqua, trovo ingiustificata questa differenza così misera».
Il ruolo di enologi e sommelier nel racconto del vino
Cotarella ha chiamato in causa direttamente le due categorie più vicine alla produzione e alla comunicazione del vino: enologi e sommelier. «Sono le due categorie che devono raccontare il vino, il suo valore storico, tradizionale e agricolo. Se raccontiamo i sacrifici per produrlo, i costi, i rischi legati al clima, allora chi si avvicina al vino potrà comprenderne meglio il significato». Per Cotarella, il vino non va però trasformato in un prodotto esoterico o patinato: «Il vino è cresciuto insieme all’evoluzione del genere umano. Va raccontato come compagno di vita, non come privilegio di caste».
Sovrapproduzione e “entry-vergogna”: i due estremi da evitare
Il tema del valore economico resta centrale. Cotarella parla di «entry-vergogna» per descrivere certi prezzi di mercato: «Ogni bene ha una fascia entry-level, ma qui non parliamo di entry-level, parliamo di entry-vergogna. Tutto ha un limite». Allo stesso tempo, Cotarella critica l’altro estremo: «Non vanno giustificati nemmeno i vini troppo cari, con proposte commerciali incomprensibili». Alla base dei prezzi bassi c’è anche l’eccesso di offerta: «Quando c’è sproporzione tra produzione e domanda, i prezzi unitari scendono». Ma secondo Cotarella non è solo un fatto di quantità, bensì di cultura vitivinicola: «Manca consapevolezza di cosa rappresenta il vino per l’Italia».
Dati della vendemmia 2025: produzione in crescita, ma cantine piene
In questo senso, il quadro che uscito dalla previsioni vendemmiali parla chiaro. Presentato a Roma, presso il Masaf, il rapporto Assoenologi-UIV-Ismea stima che la produzione italiana salirà a 47,4 milioni di ettolitri (+8% rispetto al 2024), con il Sud in forte ripresa (+19%) grazie alla Puglia (+17%). Crescono anche Nord-Ovest e Nord-Est, mentre il Centro segna un -3% per il calo toscano (-13%). La qualità delle uve è giudicata buona, ma il problema resta l’eccesso di offerta: ai volumi di vendemmia si aggiungono circa 37 milioni di ettolitri già in cantina, con rischi di svalutazione del prodotto. Sul fronte export, l’Italia resiste a dazi e rallentamenti, con 3,2 miliardi di euro nei primi cinque mesi del 2025, ma i mercati esteri restano volatili.

La produzione italiana è cresciuta dell'8% rispetto al 2024
«Quando parliamo di eccesso di produzione - spiega Cotarella - dobbiamo fare una distinzione. Le diminuzioni di origine possono essere regolamentate dai consorzi europei, che stabiliscono quando una produzione è eccessiva. Per quanto riguarda i vini generici, purtroppo esiste una disuguaglianza tra regioni: quelle che consumano meno hanno difficoltà di mercato, mentre quelle che consumano di più non incontrano problemi. In questo contesto, entra in gioco l’imprenditorialità di alcuni produttori, che prima di piantare nuovi vigneti sanno come, dove e a che prezzo collocare il proprio prodotto, correndo così meno rischi di produrre senza conoscere il mercato di sbocco. È quindi una questione di imprenditorialità, non di nazionalità nella produzione dell’uva. Concedo anche un po’ di solidarietà alle zone che incontrano problemi di mercato: nel limite del possibile, dovrebbero cercare di contenere leggermente le produzioni e armonizzarle con la domanda».
Fare squadra per salvare il vino italiano
La soluzione non passa da imposizioni, ma da scelte condivise. «Non credo servano leggi che impongano riduzioni: è più una questione di ragionare insieme. Serve fare squadra, mettersi tutti intorno a un tavolo con lo stesso obiettivo: salvare il comparto vino». Per Cotarella, il futuro si gioca su equilibrio e responsabilità imprenditoriale: «Chi pianta vigne deve sapere come, dove e a che prezzo venderà. È una questione di imprenditorialità, non solo di viticoltura». Se il vino resta un prodotto in svendita, l’Italia perde non solo fatturato ma identità. Cotarella lancia un avvertimento chiaro: o si ridà valore e dignità a ogni bottiglia, o il rischio è trasformare la nostra eccellenza agricola in semplice commodity da supermercato. È il momento di scegliere: salvare il vino oggi, o vederlo scomparire domani.