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Dalla fusione tra Kraft e Heinz nasce il 5° colosso alimentare del mondo

La fusione tra Kraft e Heinz segna la nascita del quinto maggiore gruppo alimentare al mondo. La nuova società si chiamerà Kraft Heinz Company in una operazione pilotata dal fondo di private equity brasiliano 3G Capital

 
26 marzo 2015 | 09:38

Dalla fusione tra Kraft e Heinz nasce il 5° colosso alimentare del mondo

La fusione tra Kraft e Heinz segna la nascita del quinto maggiore gruppo alimentare al mondo. La nuova società si chiamerà Kraft Heinz Company in una operazione pilotata dal fondo di private equity brasiliano 3G Capital

26 marzo 2015 | 09:38
 

La Kraft annuncia la sua intenzione di fondersi con Heinz, creando il terzo colosso alimentare del Nord America. Il controllo del nuovo gruppo sarà della società brasialiana di private equity 3G Capital e di Berkshire Hathaway, la finanziaria di Warren Buffett. Il valore di capitalizzazione di Kraft è di 36 miliardi di dollari. Due anni fa la brasiliana 3G Capital, insieme alla statunitense Berkshire Hathaway, hanno acquistato il colosso alimentare Heinz per 23 miliardi di dollari. Nel nuovo gigante alimentare che nascerà dalla fusione dei due gruppo gli azionisti di Kraft controlleranno il 49% e quelli di Heinz il 51%.



Gli azionisti di Kraft riceveranno anche un dividendo speciale cash di 16,50 dollari ad azione, finanziato da 3G Capital e Berkshire Capital. L'investimento dei brasiliani e della finanziaria di Warren Buffett per avere il 51% del nuovo colosso alimentare che nascerà dalla fusione di Kraft e Heinz, sarà intorno ai 10 miliardi di dollari. Nel prelistino di Wall Street il titolo di Kraft vola a +26%, dopo l'annuncio dell'accordo. A capo della nuova società che nascerà dalla fusione sarà l'amministratore delegato di Heinz, Bernardo Hees.

Alex Behring, chairman di Heinz e managing partner di 3G Capital, sarà il presidente del nuovo gruppo e l'amministratore delegato di Kraft, John Cahill sarà vice presidente. Il nuovo colosso alimentare avrà un fatturato complessivo di 26 miliardi di dollari. Dalla fusione ci aspetta un risparmio di 1,5 miliardi di dollari l'anno fino alla fine del 2017. Il gruppo controllerà 8 marchi da un miliardo di dollari l'uno e 5 marchi di un valore oscillante tra un miliardo e 500 milioni di dollari.

La brasiliana 3G Capital ha uffici a New York e a Rio de Jaineiro, oltre ad Heinz, detiene partecipazioni di controllo nel colosso della birra nato dalla fusione del 2008 tra Anheuser-Busch e InBev, in Lajos Americanas, la principale società di vendite online dell'America Latina e in America Latina Logistica, numero uno della regione nelle ferrovie e nella logistica. Inoltre 3G Capital controlla il 51% di Restaurant Brands International, l'ex catena canadese di ristoranti Tim Hortons, acquistata per 12m5 miliardi di dollari nel 2014. Nel 2010 3G ha comprato per 3,8 miliardi di dollari Burger King

Da Plasmon a sottilette i cibi “cult”
Dai biscotti Plasmon nati in Italia nel 1902 alle Sottilette sono alcuni dei prodotti “cult” coinvolti nella fusione con i quali si sono nutrite generazioni di Italiani. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti sull’impatto in Italia della storica fusione tra Kraft e Heinz che segna la nascita del quinto maggiore gruppo alimentare al mondo. I due grandi marchi sono diffusi in Italia con i loro prodotti globali dal ketchup alla maionese, ma anche con specialità tipicamente nazionali immancabili sulle tavole delle famiglie. Se le sottilette sono forse i prodotti più conosciuti della Kraft in Italia ci sono anche i biscotti Plasmon che fanno capo alla Heinz che è presente anche con importanti novità di mercato.

Un esempio è dato dalla linea di alimenti rigorosamente senza glutine venduti con il marchio BiAglut che dal 1964 vende prodotti senza glutine o quelli venduti con il marchio Aproten per l’alimentazione ipoproteica che fanno capo al Gruppo Heinz. L’operazione di concentrazione dei marchi dell’industria alimentare in atto a livello negli ultimi anni è stata accompagnata dalla progressiva cessioni di marchi storici del made in italy all’estero. L’ultima è stata la vendita alla fine del 2014 della maggioranza del Gruppo oleario toscano Salov, proprietario dei marchi Sagra e Filippo Berio al Gruppo cinese Yimin, una sussidiaria del Gruppo Bright Food ma nel 2014 l'antico Pastificio Lucio Garofalo ha siglato un accordo preliminare per l'ingresso nella propria compagine azionaria, con il 52% del capitale sociale, di Ebro Foods, gruppo multinazionale spagnolo che opera nei settori del riso, della pasta e dei condimenti, quotato alla Borsa di Madrid.

Nello stesso anno Bertolli, Carapelli e Sasso sono entrate a far parte del fondo statunitense CVC Capital Partners, che lo ha “strappato” al gruppo spagnolo SOS. Nel 2013 c’è stata la cessione da parte della società Averna dell’intero capitale dell’azienda piemontese Pernigotti al gruppo turco Toksoz, ma si è anche verificato il passaggio di mano del 25% della proprietà del riso Scotti ceduto dalla famiglia pavese al colosso industriale spagnolo Ebro Foods. Nel 2012 la Princes Limited (Princes), una controllata dalla Giapponese Mitsubishi, ha siglato un contratto con AR Industrie Alimentari SpA (Aria), leader italiana nella produzione di pelati, per creare una nuova società denominata "Princes Industrie Alimentari SrL" (Pia), controllata al 51% dalla Princes, mentre il marchio Star passa definitivamente in mano spagnola con il gruppo Agrolimen che ha aumentato la propria partecipazione in Gallina Blanca Star al 75%. Infine, è volata in Inghilterra la Eskigel che produce gelati in vaschetta per la grande distribuzione (Panorama, Pam, Carrefour, Auchan, Conad, Coop).

Nel 2011 la società Gancia, casa storica per la produzione di spumante, è divenuta di proprietà per il 70% dell'oligarca Rustam Tariko, proprietario della banca e della vodka Russki Standard; la francese Lactalis è stata, invece protagonista dell’operazione che ha portato la Parmalat a finire sotto controllo transalpino; il 49% di Eridania Italia Spa operante nello zucchero è stato acquisito dalla francese Cristalalco Sas e la Fiorucci salumi è passata alla spagnola Campofrio Food Group, la quale ha ora in corso una ristrutturazione degli impianti di lavorazione a Pomezia che sta mettendo a rischio numerosi posti di lavoro.

Nel 2010 il 27% del gruppo lattiero caseario Ferrari Giovanni Industria Casearia Spa fondata nel 1823 che vende tra l’altro Parmigiano Reggiano e Grana Padano è stato acquisito dalla francese Bongrain Europe Sas e la Boschetti Alimentare Spa, che produce confetture dal 1981, è diventata di proprietà della francese Financière Lubersac che ne detiene il 95%. L’anno precedente, nel 2009 è iniziata la cessione di quote della Del Verde industrie alimentari spa che è divenuta di proprietà della spagnola Molinos Delplata Sl, la quale fa parte del gruppo argentino Molinos Rio de la Plata. Nel 2008 è iniziata la cessione di Rigamonti salumificio spa, divenuta di proprietà dei brasiliani attraverso la società olandese Hitaholb International, mentre la Orzo Bimbo è stata acquisita dalla francese Nutrition&Santè S.A. del gruppo Novartis.

Con l’inizio della crisi si è dunque verificata una accelerazione nel processo di cessione dei marchi storici del Made in Italy che nell’agroalimentare era già in fase avanzata. Nel 2006 la Galbani era entrata in orbita Lactalis, ma lo stesso anno gli spagnoli hanno messo le mani pure sulla Carapelli, dopo aver incamerato anche la Sasso appena dodici mesi prima. Nel 2005 la francese Andros aveva acquisito le Fattorie Scaldasole, che in realtà parlavano straniero già dal 1985, con la vendita alla Heinz. Nel 2003 hanno cambiato bandiera anche la birra Peroni, passata all'azienda sudafricana SABMiller, e Invernizzi, di proprietà dal 1985 della Kraft e ora finita alla Lactalis.

Negli anni Novanta erano state Locatelli e San Pellegrino ad entrare nel gruppo Nestlè, anche se poi la prima era stata “girata” alla solita Lactalis (1998). Nel 1995 la Stock, venduta alla tedesca Eckes A.G, è stata acquisita nel 2007 dagli americani della Oaktree Capital Management, che lo scorso anno hanno chiuso lo storico stabilimento di Trieste per trasferire la produzione in Repubblica Ceca. La stessa Nestlè possedeva già dal 1993 il marchio Antica gelateria del Corso e addirittura dal 1988 la Buitoni e la Perugina. I grandi gruppi multinazionali che fuggono dall’Italia della chimica e della meccanica investono invece nell’agroalimentare nazionale perché, nonostante il crollo storico dei consumi interni, fa segnare il record nelle esportazioni grazie all’immagine conquistata con i primati nella sicurezza, nella tipicità e nella qualità.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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