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Agromafia, da produzione a commercio i prezzi dell'ortofrutta lievitano del 300%

I tentacoli della mafia sull’agroalimentare si estendono dalla produzione al commercio al dettaglio, come risulta dall’ultima operazione condotta dalla Dia: dal campo alla tavola, la mafia fa lievitare i prezzi del 300%

 
20 luglio 2015 | 14:53

Agromafia, da produzione a commercio i prezzi dell'ortofrutta lievitano del 300%

I tentacoli della mafia sull’agroalimentare si estendono dalla produzione al commercio al dettaglio, come risulta dall’ultima operazione condotta dalla Dia: dal campo alla tavola, la mafia fa lievitare i prezzi del 300%

20 luglio 2015 | 14:53
 

L'ortofrutta è sottopagata agli agricoltori su valori che non coprono neanche i costi di produzione, ma i prezzi moltiplicano fino al 300% dal campo alla tavola anche per effetto del controllo monopolistico dei mercati operato dalla malavita in certe realtà territoriali. È quanto risulta dall’operazione condotta dalla Dia in Campania, Lazio e Sicilia contro la gestione monopolistica di alcuni mercati ortofrutticoli operata dai clan Casalesi e Mallardo con quelli appartenenti a Cosa Nostra catanese, che ha portato al sequestro di beni per un valore di 100 milioni di euro. Il business delle agromafie genera un volume di affari di 15,4 miliardi nel 2014 secondo il rapporto Coldiretti/Eurispes.



I punti più sensibili per le infiltrazioni malavitose sono costituiti dai servizi di trasporto su gomma dell’ortofrutta da e per i mercati; dalle imprese dell’indotto (estorsioni indirette quali ad esempio l’imposizione di cassette per imballaggio); dalla falsificazione delle tracce di provenienza dell’ortofrutta (come la falsificazione di etichettature: così, prodotti del Nord-Africa vengono spacciati per comunitari); dal livello anomalo di lievitazione dei prezzi per effetto di intermediazioni svolte dai commissionari mediante forme miste di produzione, stoccaggio e commercializzazione, secondo la Direzione nazionale antimafia. Mettendo le mani sul comparto alimentare le mafie hanno infatti la possibilità di affermare il proprio controllo sul territorio. Potendo contare costantemente su una larghissima e immediata disponibilità di capitale e sulla possibilità di condizionare parte degli organi preposti alle autorizzazioni e ai controlli, si muovono con maggiore facilità rispetto all’imprenditoria legale. 

Per raggiungere l’obiettivo i clan ricorrono a tutte le tipologie di reato tradizionali: usura, racket estorsivo e abusivismo edilizio, ma anche a furti di attrezzature e mezzi agricoli, abigeato, macellazioni clandestine o danneggiamento delle colture con il taglio di intere piantagioni. Con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione impongono la vendita di determinate marche e determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della crisi economica, arrivano a rilevare direttamente. Non solo si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza ed il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani ed il valore del marchio made in Italy.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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