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La strana estate dei ristoranti italiani I clienti preferiscono comprare cellulari

Con la crisi, la gente spende molto meno. Ma se non ci sono soldi e al ristorante i clienti fanno le scene se spendono 30-40 euro, come mai poi non possono rinunciare ad acquistare i cellulari di ultima generazione? Per il bene della nostra economia si devono rivedere al più presto le norme del settore ristorazione

di Matteo Scibilia
Responsabile scientifico
14 agosto 2013 | 11:11
La strana estate dei ristoranti italiani
I clienti preferiscono comprare cellulari
La strana estate dei ristoranti italiani
I clienti preferiscono comprare cellulari

La strana estate dei ristoranti italiani I clienti preferiscono comprare cellulari

Con la crisi, la gente spende molto meno. Ma se non ci sono soldi e al ristorante i clienti fanno le scene se spendono 30-40 euro, come mai poi non possono rinunciare ad acquistare i cellulari di ultima generazione? Per il bene della nostra economia si devono rivedere al più presto le norme del settore ristorazione

di Matteo Scibilia
Responsabile scientifico
14 agosto 2013 | 11:11
 

Più negozi, bar e ristoranti aperti. La crisi è complice, ma la gente spende meno anche nei ristoranti aperti. Sono già diversi anni che in agosto resto aperto con la mia Osteria della Buona Condotta, convinto (e lo sono tuttora) di dare un servizio ai miei clienti tradizionali ma anche speranzoso dell’idea di conquistare qualche cliente nuovo. E in parte anche quest’anno, almeno fino ad oggi, 14 agosto, l’obiettivo sembra raggiunto. Ma questa è un’estate strana...

È vero, la gente spende molto meno. Nel vino per esempio è tornato di prepotenza quello sfuso. Oggi sono andato a comprare il giornale in un grande negozio Mondadori a Vimercate (ci vado anche per osservare cosa fa la gente che non va in vacanza) e mentre noto che in tanti sfogliano riviste e quotidiani senza poi comprarli, il banco, l’unico con un po’ di gente in coda, guarda caso è quello dei telefonini. Cattiva considerazione, ma se non ci sono soldi e al ristorante poi fanno le scene se spendono 30-40 euro, come mai alla fine si comprano i cellulari ultimo modello? Ma questo è un lungo dilemma.



Dobbiamo prepararci all’Expo, dobbiamo imparare almeno l’inglese, dobbiamo stare aperti di più con orari internazionali, per favorire gli usi e i costumi tipici delle grandi metropoli, dobbiamo assumere i giovani, dobbiamo abbassare i prezzi dei nostri servizi e via dicendo. Strano il nostro Paese: mentre l’industria per non soccombere dinanzi alle tasse altissime e dinanzi ad un costo del lavoro spaventoso “delocalizza”, noi piccole imprese (sopratutto bar e ristoranti) che non possiamo trasferirci all’estero dobbiamo sottostare a tutto quello che appunto l’industria evita del nostro Paese.

E infatti i ristoranti stanno chiudendo. Ma noi, quasi eroi in questo nostro Paese, subiamo in maniera “urlata” controlli, retate fiscali, quasi che, nonostante gli studi di settore, la non emissione dello scontrino sia il problema della nostra economia. L’industria che ha le sedi sociali per esempio a Belgrado o a Dublino è fatta tutta di brave persone?

Strano il nostro Paese, ed io dopo trent’anni di lavoro non l’ho ancora capito. “Settore dalle uova d’oro”, “si fa il nero dalla mattina alla sera”... Strano, chissà perché la maggior parte delle attività sono in vendita. E chissà come mai i cinesi acquistano a man bassa ovunque. Stupidi i miei colleghi: perché vendere un’attività così redditizia? Anche io spero nel cinese di turno.

Poi dall’altro lato, leggendo il nostro “Italia a Tavola” ed anche le cronache dei quotidiani, si apprende appunto delle continue frodi, sequestri e controlli che Nas e Asl stanno facendo nel settore. Operazione “Ferie in sicurezza”: 540 tonnellate di cibo sequestrato, 27 ristoranti chiusi, ecc. Quasi che di professionisti di cucina non ne esistano più, quasi che l’improvvisazione stia regnando nel settore più importante del Made in Italy, cioè l’enogastronomia. Perché?

Ho usato la parola improvvisazione coscientemente. Sostengo da tempo che nel nostro Paese si mangi male, che la nostra clientela è solo alla ricerca di luoghi dove si spenda poco, senza badare o meglio senza saper più riconoscere la qualità. E infatti non per nulla (e per fortuna) ci sono i controlli. La qualità degli alimenti è direttamente proporzionale ai prezzi offerti. È chiaro che a prezzi bassi corrispondono una cattiva qualità degli alimenti, una cattiva qualità della sicurezza alimentare e sicuramente una gestione del personale molto “allegra”.

Forse dobbiamo fare anche noi come in tanti Paesi, Usa in testa, dove è d’obbligo esporre il risultato dei controlli sanitari. Il cliente deve essere informato di tutto questo e sicuramente dopo l’effetto delle liberalizzazioni dei decreti Bersani, bisogna tornare ad una selettività di chi vuol entrare nel settore della somministrazione. Perché un elettricista o un idraulico, per fare un esempio, debbono avere patentini e simili per poter esercitare, mentre chi dà da mangiare alla gente in fondo ha meno obblighi? In Italia ci sono il doppio dei ristoranti che in Francia o in Germania: non è il caso che nel bene del Paese e della nostra enogastronomia si ricominci a rivedere le norme del nostro settore?

Dove sono i nostri grandi Cuochi? Non potrebbero per qualche minuto interrompere la superludica presenza mediatica e aiutare tutto il comparto? Una strana estate, quella del 2013. Chissà che autunno ci aspetta...

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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14/08/2013 16:48:30
1) Matteo, cosa vuoi fare da grande?
Caro Matteo,
questo tuo intervento, così diretto e lineare, in realtà tocca un incredibile numero di temi e  problemi, che mi viene difficile una sintesi. Ci provo comunque.

La ristorazione è un business storicamente di nicchia, per pochi ricchi. Non confondiamolo con le locande dei poveri, dei pellegrini e dei mercanti che percorrevano ad esempio la 'Via del Vino e del Sale' che ho risalito in parte ieri, ad oltre 2000 mt di quota. Il ristoratore, che si dava la briga di vivere in mezzo alle montagne tra l'attuale Italia, la Svizzera e l'Austria godeva di due importanti privilegi: ero l'unico autorizzato a vendere il vino ai viandanti e non pagava le tasse (purché vivesse, anche in inverno in quel luogo ameno).
In caso contrario, senza quei privilegi, sarebbe fallito!

Poi, pochi decenni fa è arrivato il "consumismo", uno stile di vita basato sul godere dei beni e non sul risparmio. Questo cambiamento ha generato dei comportamenti 'nuovi' come il fatto di consumare normalmente i pasti fuori casa (come i viandanti di una volta). L'impatto di questa trasformazione è stato di massa, cioè ha coinvolto enormi quantità di popolazione.

Questo è alla base del successo di molti imprenditori che in Italia, negli anni ‘50 e ‘60 erano convinti di essere pure 'bravi' ma in realtà godevano di una domanda interna (ed estera) eccezionale. Non erano consapevoli del perché del loro successo (la domanda crescente) e per quanto fossero sprovveduti da un punto di vista manageriale o professionale, guadagnavano un sacco di soldi (evasione fiscale compresa).

Negli anni ‘70, il giocattolo è andato in crisi. È bastato l'aumento di una materia prima (il petrolio) ed il Re è rimasto nudo. Panico sociale, sconcerto, opinione pubblica e classe politica impreparata, terrorismo, ecc. Gli Stati, cosa hanno fatto? Hanno iniziato a indebitarsi e/o a svalutare. L'Italia, tutti e due! È nata l'economia del debito facile (il contrario del risparmio). Questo fenomeno negli anni ‘80 e ‘90 ha coinvolto anche le aziende private e i singoli cittadini (boom del prestito al consumo).

Un bel giorno, è arrivata la resa dei conti. Qualcuno ha iniziato a voler indietro i soldi (le istituzioni a cui erano stati rifilati i famosi mutui sub-prime). Negli anni 2000, il giochino del debito facile si è rotto, ed il tuo ristorante si è svuotato! Chi è arrivato a cavallo tra gli anni ‘90 e 2000, come te ed il sottoscritto, si è illuso di avere il successo dei padri con il lavoro, la professionalità, le idee. Cazzate da manuali di economia aziendale per studenti del primo anno.

Il successo sorride solo a chi ha la capacità e la fortuna di essere al 'posto giusto al momento giusto'.
La qualità del successo dipende dalla professionalità e managerialità che si riescono ad esprimere nel momento "giusto". Parafrasando Alberoni, bisogna saper vivere "lo stato nascente del fenomeno economico" del momento. Chi arriva dopo, spesso  versa solo lacrime e sangue, si illude e muore o vive in modo marginale, anche se esprime professionalità. In Italia chiudono un sacco di ristoranti di qualità e molti ristoratori sono allo stremo delle loro forze ma Mc Donald's continua ad aprire nuove location e grazie alla crisi sta lavorando benissimo!

Matteo, tu hai un grosso problema: tu ami il tuo lavoro in sé! Tu non sei un imprenditore sei un CUOCO DI QUALITÀ! Un imprenditore, se non guadagna, cambia business. Tu no!

Matteo, il modello di business basato sulla qualità, causa crisi economica, è ridimensionato di molto e sopravvivono coloro che i muri del ristorante li hanno pagati negli anni ‘50 e ‘60, che hanno già ammortizzato anche i portacenere, che hanno logiche da conduzione famigliare per cui padre, madre, figli e nipoti mangiano nello stesso piatto, ecc.

Matteo, tu devi trovare il modo di esaltare/risaltare/dare valore alla tua professionalità. Ma devi iniziare a porti domande del tipo: posso dare valore al mio lavoro ad Ornago con una locanda? posso farlo in Italia o sarebbe meglio all'estero in Paesi emergenti dove l'Italian Style è ricercato e ambito? devo imparare l'inglese oppure imparare a vivere in un Paese anglosassone?

Per dimostrarti questa tesi ti porto l'esempio di un IMPRENDITORE DI SUCCESSO che conosciamo bene entrambi: Giuseppe Meregalli. Giuseppe vende vino. Vino buono, che metterebbe sulla sua tavola di casa. Ma Giuseppe di quello che dicono le Guide Tre Bicchieri o certi guru del vino NON GLIENE FREGA NIENTE! Recentemente Giuseppe ha incontrato dei buyer asiatici. Vogliono del vino leggero, poco alcolico, non troppo strutturato per i palati orientali a cui del Sassicaia o del Barolo non interessa nulla! Ebbene, Giuseppe adesso darà loro dell'ottimo vino da tavola, fregandosene che alcuni sommelier considereranno quel vino modesto. Giuseppe pensa ai clienti, non agli esperti! Giuseppe fa l'imprenditore della distribuzione del vino e non la distribuzione del vino che secondo certi autorevoli palati è di qualità (anche se il cliente finale con gli occhi a mandorla non riesce ad ingerirlo!).

Matteo, non risolvi il problema dando il "patentino di cuoco". I truffatori e gli avvelenatori ci saranno sempre. È il tuo concetto di "qualità" che devi decidere come declinarlo rispetto al mercato! Ti voglio un sacco di bene, Matteo. Fossi ricco, ti chiuderei nelle cucine della mia magione a sperimentare piatti di altissima qualità ma senza usare sale e zucchero, per poi organizzare delle feste dove divertirmi ad assaporare i tuoi piatti con gli amici (senza ingrassare).

Ma adesso, decidi cosa fare da grande. Ciao.
Gianluca Brambilla



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