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Roero
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Roero

La difesa dell’enogastronomia non può prescindere dalla libertà dei cuochi

di Alberto Lupini
direttore
 
16 febbraio 2015 | 09:45

La difesa dell’enogastronomia non può prescindere dalla libertà dei cuochi

di Alberto Lupini
direttore
16 febbraio 2015 | 09:45
 

Il cibo e l’enogastronomia in generale stanno finalmente diventando quel “bene” nazionale per il quale da tempo sollecitiamo più attenzione e tutela? A parte l’Expo che sta forse creando attese eccessive (soprattutto da parte di quei produttori che si illudono di andare ad una fiera commerciale), non c’è discussione, confronto o intervento pubblico in cui non ci sia un richiamo al tema della tavola.

Bene, diranno in molti, chiedendosi magari di cosa ci potremmo lamentare a questo punto. Eppure, come sempre succede in Italia, quando scatta una moda (e la Cucina lo è diventata, complici le troppe comparsate in tv...), c’è chi esagera. E fra chi non perde mai occasione di volere essere davanti a tutti ci sono ovviamente politici e rappresentanti di associazioni che improvvisamente si ergono a supremi garanti di ricette, tradizioni o qualità dei prodotti.

Questa sorta di gara a chi è più “gastronomicamente corretto” ha portato a contestare nel giro di poche ore l’uno dall’altro 3 noti cuochi italiani per aver espresso in tv o sui giornali opinioni sull’opportunità di usare o meno alcuni ingredienti, o per aver variato gli ingredienti di qualche ricetta canonica. Si tratta di casi assai diversi, che accomuniamo solo perché stavolta hanno richiamato l’attenzione dei media (fra cui anche Italia a Tavola), mentre fino a pochi giorni fa sarebbero stati tranquillamente ignorati dai più.

Al di là dei casi specifici, ed escludendo di voler fare i difensori d’ufficio di cuochi stellati che sanno benissimo come rispondere a contestazioni ridicole, vorremmo invitare i politici ad occuparsi meglio della promozione della filiera agroalimentare italiana, evitando di cercare notorietà contestando proprio gli unici professionisti (i cuochi) che da sempre sono in prima fila per difendere la qualità e la Cucina italiana.

E senza equivoci vogliamo dire all’assessore regionale della Puglia, Fabrizio Nardoni, e a tutti quelli che lo volessero imitare che Ilario Vinciguerra, e qualunque altro cuoco, non solo ha il diritto, ma ha anzi il dovere di indicare che tipologia di olio secondo lui è meglio usare in una ricetta. Se non fosse così, vista la ricchezza delle varietà di olio italiane, avremmo solo un’omologazione o gusti standard come la maggior parte degli oli spagnoli. Certo un cuoco non deve denigrare un prodotto, ma può e deve spiegarne l’utilizzo migliore.

Ugualmente si può dire della ricetta, nemmeno poi tanto personale, che Davide Oldani propone per un pesto nel 2015 e non nel 1915. Aggiungere un po’ di burro è un’eresia se si parla della ricetta “storica” e codificata. Ma se non si potesse fare pesto in altri modi dovrebbero essere messe all’indice tutte le confezioni di pesto in barattolo o censurati 98 menu su 100. La bellezza della Cucina italiana, e la bravura di tanti nostri cuochi, sta anche nella capacità di innovare senza stravolgere.

L’ultimo caso è quello di Carlo Cracco. Qui lo stellato milanese paga un po’ il prezzo della sua immagine televisiva di giudice inflessibile e arrogante. E a qualcuno non è parso vero di bacchettarlo per l’indicazione di usare aglio in camicia nell’Amatriciana. Il cuoco, dopo la durissima contestazione del Comune di Amatrice, ha poi parlato di uno scherzo ed ha chiesto scusa. Ma in fondo sarebbe bastato dire che si trattava di un suo segreto per la riuscita del piatto...

La Cucina italiana è ritenuta oggi la più ricca e interessante al mondo per la sua varietà e la capacità dei nostri cuochi di valorizzare i mille prodotti tipici che variano di valle in valle, sostenuti da mille varianti delle stesse ricette. Se dovessimo ancorarci solo a schemi canonici saremmo ingessati e senza futuro. Un po’ come troppi nostri politici.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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23/03/2015 10:23:36
1) messaggio errato
Gent.mo Direttore,
 
sono Sabino Leone, titolare dell'omonima azienda agricola, da voi menzionata in relazione al premio "Best of the word 2015" vinto da uno degli oli da me prodotti. In merito all'articolo "La difesa dell'enograstronomia non può prescindere dalla libertà dei cuochi", concordo con lei, che un cuoco abbia il sacrosanto diritto di usare qualsiasi prodotto da lui scelto per le sue creazioni in cucina.

Ma, lo chef Ilario Vinciguerra non deve lanciare un messaggio errato, in quanto non risponde a verità affermare che l'olio del Sud è troppo carico di acidità e quindi troppo pesante nella digestione. Questa è una bufala!!!!!!!! Lo chef avrebbe potuto semplicemente dire che usa solo oli eccellenti per il suo tipo di cucina, siano essi prodotti al Nord, al centro o Sud Italia. L'acidità si misura solo in laboratorio chimico e non al gusto e che gli "oliacci pesanti", che possono guastare la sua deliziosa cucina, possono essere prodotti in qualsiasi regione italiana.

Sicuramente, anche l'assessore regionale della Puglia Nardoni, non voleva intromettersi in "cucina", ma voleva solo DIFENDERE il suo territorio da un messaggio errato. Ogni uomo deve essere libero di svolgere al meglio la sua professione correttamente senza incompetenza e falsità!!!!! Così, come ogni giorno, nella mia azienda, io mi impegno a fare degli oli che rendono felici chi li assaggia e chi li consuma. Sono certo che capirà la mia opinione.

Cordiali Saluti
 
Sabino Leone
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Imprenditore
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