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Dal Cinquecento ai giorni nostri, il successo inarrestabile della birra

A metà del millennio scorso birra e birrai sono ormai ovunque. Nel ‘600 sbarca in America con i Padri Pellegrini. Nel ‘700 le scoperte scientifiche cambiano la produzione. Con il XX secolo arriva l’industrializzazione

di Enrico Rota
Quattroerre Group di Torre dè Roveri
 
30 aprile 2016 | 14:21

Dal Cinquecento ai giorni nostri, il successo inarrestabile della birra

A metà del millennio scorso birra e birrai sono ormai ovunque. Nel ‘600 sbarca in America con i Padri Pellegrini. Nel ‘700 le scoperte scientifiche cambiano la produzione. Con il XX secolo arriva l’industrializzazione

di Enrico Rota
Quattroerre Group di Torre dè Roveri
30 aprile 2016 | 14:21
 

Il fatto che birra e birrai si diffondano con propulsione inarrestabile nella metà del millennio scorso, non mette certo fine, però, all’epopea delle birre conventuali. Ancora nel XVI secolo in Francia la birra destinata ai frati viene chiamata “birra dei Padri” mentre quella per le suore, più leggera ma sempre abbondante, è la birra “di convento”. In Germania la birra attraversa tutti gli strati sociali. E la penetrazione è talmente forte che è qui che nascono le “scuole” di maestri birrai, con tanto di “stages” per i produttori. Tra le migliori quella di Monaco, tuttora in attività.

Gli Inglesi si distinguono invece - è il loro “sport” - per due caratteristiche: la velocissima diffusione delle birrerie, i pub, già migliaia nel 1300, e la strenua resistenza al luppolo, durata a lungo. E a questo punto la popolarità della birra in Europa è così alta e... redditizia che, a poco a poco, autorità e case regnanti iniziano a tassarla.



La birra varca l’Oceano nel 1620, insieme ai Padri Pellegrini. Destinazione: America. Questo è solo il primo episodio che vede la birra diventare bevanda alla quale non si può rinunciare. Il caso forse più eclatante rimane di stampo inglese: per non lasciare sprovvisti i propri coloni nelle Indie, arrivarono a produrre una birra assai luppolata (in modo tale da preservarsi più a lungo), che prende appunto il nome di IPA, India Pale Ale.

A partire dal 1700, poi, una serie mirabolante di scoperte inizia a cambiarne la sintassi produttiva. In ordine di apparizione citiamo il termometro di Fahrenheit (1714); l’idrometro di Marin (1768); la macchina a vapore di James Watt (1785); la macchina per tostare il malto di Daniel Wheeler (1817); il “raffreddatore del mosto” di Jean-Louis Baudelot (1856). E poi la macchina per il ghiaccio artificiale di Carré & Linde (1859), importante soprattutto per la possibilità di produrre birra tutto l’anno e per la nuova lavorazione detta a bassa fermentazione.

Nasce così la attuale Lager. E nasce allora (dalle scoperte di Pasteur) la possibilità di “pastorizzare” - volendo - ad alta temperatura la birra. Un ulteriore impulso alla preferenza verso birre sempre più chiare viene dalla diffusione delle bottiglie di vetro, iniziata a fine Ottocento, che le fanno apparire più invitanti in trasparenza. Ed eccoci quasi ai giorni nostri. Con il XX secolo la produzione industriale vede cambiare radicalmente i volumi di produzione e le regole: i birrifici tendono a concentrarsi, a unire le forze. Come le industrie di altri campi.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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