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Roséxpo mette al centro vino e territorio Gaetano Messuti: «Un binomio vincente»

La terza edizione di Roséxpo ha registrato un grande successo, con oltre 2mila presenze. Interessanti gli spunti emersi dalle tavole rotonde: la Puglia del vino deve puntare su formazione e comunicazione

 
07 giugno 2016 | 16:13

Roséxpo mette al centro vino e territorio Gaetano Messuti: «Un binomio vincente»

La terza edizione di Roséxpo ha registrato un grande successo, con oltre 2mila presenze. Interessanti gli spunti emersi dalle tavole rotonde: la Puglia del vino deve puntare su formazione e comunicazione

07 giugno 2016 | 16:13
 

Più di 2.500 i bicchieri che si sono riempiti di rosati salentini, ma anche italiani e stranieri, nella kermesse che per due giorni ha trasformato Lecce e il Castello Carlo V nel centro del mondo del vino. Soddisfatti gli organizzatori e pienamente convinti i giornalisti e i referenti delle guide nazionali intervenuti in un press tour che ha voluto raccontare i vini del Salento attraverso l’emozione di vivere il territorio nella sua offerta più completa e accattivante.



«La presenza di buyer italiani e stranieri nel nostro territorio è motivo di orgoglio», commenta il vice-sindaco di Lecce, Gaetano Messuti (nella foto). «È una terza edizione, quindi significa che stiamo riuscendo a coniugare bene le eccellenze del nostro prodotto enogastronomico con la bellezza dei nostri monumenti. Si tratta di un binomio che speriamo diventi vincente, e che quindi la nostra città diventi una location per lanciare verso i territori italiani e stranieri un prodotto di eccellenza, un prodotto che all'interno del nostro comprensorio rappresenta effettivamente la punta di diamante della produzione vinicola e che vede lo sforzo di tanti imprenditori che su questo prodotto stanno scommettendo insieme a noi come amministrazione comunale. Quale miglior modo di dare un'ospitalità se non attraverso le tante bellezze culturali del nostro territorio, che stiamo svelando in questi anni per offrire soprattutto un gioco di squadra per portare avanti questo discorso di conoscenza del nostro prodotto ma soprattutto della nostra terra».

Gaetano Messuti
Gaetano Messuti

«Negli anni le presenze sono aumentate, significa che le presenze dei produttori che vengono dall'Italia, da fuori Regione, che vengono dall'estero riconosce a questa manifestazione un luogo di eccellenza, riconosce una vetrina significativa, quindi anche con un punto di orgoglio, riconosce al nostro territorio la primigenia di questa iniziativa di promozione del rosato. Sono tutti aspetti che qualificano la produzione appunto del vino rosato e che qualificano noi come amministrazione nell'esportare la conoscenza del nostro territorio».

Interessanti gli spunti giunti dalle tavole rotonde e dalle degustazioni guidate che hanno messo a confronto vini e produttori di diversi territori. «Bisognerebbe ispirarsi al modello produttivo dell’Abruzzo e a quello di marketing della Provenza dove territorio e immagini emozionali accompagnano il racconto del vino e ne diventano valore aggiunto» ha detto Aldo Fiordelli, tra i curatori della Guida de L’Espresso.



E bisognerebbe ripartire da una considerazione oggettiva, come suggerisce Barbara Toschi di Kippis, «la Puglia, tranne sporadici casi, è quasi completamente assente dalle carte vini italiane». E l’invito ai produttori a credere più in loro stessi e alla necessità di sentire e credere in una propria identità e vocazione è arrivato da Mattia Vezzola di Costaripa tra gli enologi più rappresentativi in Italia quando si parla di bollicine. Ed è ritornato più volte il riuscitissimo modello provenzale.

E se in Provenza si investono risorse ingenti, in Italia, come sottolineato da Andrea Terraneo, presidente di Vinarius, non ci sono dati di riferimento quando si parla di vini rosati. «Le enoteche - ha detto Terraneo - non hanno più di 4-6 etichette e tutto è lasciato alla passione personale dell’enotecario, mancano, invece, un sistema di formazione e di comunicazione adeguati».

L’Italia oggi produce 1,5 milioni di ettolitri (fonte élaboration Oiv-Civp, 2015) su una produzione mondiale di 24 milioni di ettolitri e registra un consumo di vini rosati pari al 6% che sfiora punte del 22% negli Stati Uniti e in Francia. Come fare allora? «Vendere il territorio con il vino. Per vendere il rosato borbonico bisogna giocare di sponda vendendo i pomodori» commenta provocatoriamente Luigi Cataldi Madonna, uno dei pilastri della viticoltura abruzzese e italiana, ma di provocazione c’è ben poco come confermato da Fabio Giavedoni, curatore della guida nazionale di Slow Wine, convinto che «storia e territorio sono i due pilastri su cui si forma l’identità ed è qui che deve inserirsi la comunicazione del vino».



«Tanti gli spunti frutto di un confronto ambizioso che per tre giorni ha messo intorno agli stessi banchi d’assaggio produttori, degustatori, giornalisti e appassionati. Oggi - commenta Ilaria Donateo, presidente di deGusto Salento - dobbiamo mettere a frutto le considerazioni giunte dalle discussioni e magari, con l’aiuto dei produttori e delle istituzioni, provare a incidere profondamente sul rilancio dei rosati salentini nel panorama nazionale e internazionale».

Intanto la macchina organizzativa dell’associazione dei produttori del Negroamaro si è già messa al lavoro per la prossima edizione di Roséxpo. Appuntamento nel 2017 a Lecce dal 9 all’11 giugno.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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