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Alfio Ghezzi dalla Locanda Margon: «Le due stelle? Merito di tutta la squadra»

Il riconoscimento attribuito dalla Guida Michelin è per lo chef trentino un risultato del lavoro di un team affiatato. Importante anche il ruolo della famiglia Lunelli: «Mi ha dato molta fiducia», racconta Ghezzi

di Andrea Radic
 
04 febbraio 2017 | 15:41

Alfio Ghezzi dalla Locanda Margon: «Le due stelle? Merito di tutta la squadra»

Il riconoscimento attribuito dalla Guida Michelin è per lo chef trentino un risultato del lavoro di un team affiatato. Importante anche il ruolo della famiglia Lunelli: «Mi ha dato molta fiducia», racconta Ghezzi

di Andrea Radic
04 febbraio 2017 | 15:41
 

Quando al termine dell’intervista chiedo ad Alfio Ghezzi, chef della Locanda Margon di Trento, se vuole aggiungere qualcosa, lui tiene a sottolineare: «Le due stelle Michelin sono frutto del lavoro di squadra, dove ciascuno ha messo impegno quanto me, senza tutti i miei ragazzi non sarebbero arrivate. Loro hanno bisogno di una guida, io ho bisogno di loro per raggiungere obiettivi come questo».

Alfio Ghezzi dalla Locanda Margon:  «Le due stelle? Merito di tutta la squadra»

Alfio Ghezzi

Ecco la sintesi del carattere di Alfio Ghezzi, trentino classe 1970, cresciuto con due maestri del calibro di Gualtiero Marchesi e Andrea Berton. Nel suo curriculum spiccano gli esami superati alla Facoltà di Lettere ed il ruolo di docente per la formazione professionale alberghiera, ma soprattutto l’esperienza fatta in alcuni monumenti dell’ospitalità italiana quali il Grand Hotel Villa d’Este e il Grand Hotel Villa Serbelloni. Ghezzi nel 2010 è al Trussardi Alla Scala con Andrea Berton quando la famiglia Lunelli lo chiama a Trento per guidare la Locanda Margon, il ristorante delle Cantine Ferrari.

Come è iniziato e come si è sviluppato il tuo percorso professionale?
Il mio è stato un percorso piuttosto frammentato dalla scuola professionale ai grandi alberghi, una formazione nell’hotellerie, un po’ diversa rispetto a quella della ristorazione attuale. Poi un periodo in cui sono tornato a scuola e mi sono diplomato, cui è seguita l’università e poi l’insegnamento in cucina e laboratorio. Lasciato l’insegnamento nel 2002 mi sono dedicato anima e corpo alla cucina iniziando con Ettore Bocchia, poi diversi anni con Marchesi e successivamente con Andrea Berton.

Alfio Ghezzi dalla Locanda Margon:  «Le due stelle? Merito di tutta la squadra»

La formazione non solo è importante ma deve essere completa.
È così, noi cuochi dobbiamo entrare nelle scuole alberghiere per formare al meglio i ragazzi, per dare loro il corretto e completo insegnamento. Percorso formativo e momenti di alta formazione devono convivere nel bagaglio di esperienza. Ancora attualmente il martedì, giorno di chiusura del ristorante, insegno alla scuola professionale a Tione di Trento, dove tengo il corso di alta formazione che ha proprio l’obiettivo di dare una formazione “più alta” rispetto a quella di base. Inoltre collaboro con Alma.

La cucina è rigore o fantasia?
Direi più rigore, ma non inteso in senso chiuso, bensì ampio, caratterizzato da un grande impegno e dal credere fortemente nelle procedure che consentono di mantenere un livello qualitativo costante. Credere nell’organizzazione. Poi c’è una parte di creatività, fondamentale per un cuoco. Noi italiani qualche volta crediamo che questa sia sufficiente e lasciamo perdere gli alti aspetti. Alla fantasia, invece, deve aggiungersi il rigore, soprattutto nella gestione della brigata delle persone, dei fornitori. Lo chef è sempre di più una sorta di direttore generale, la figura moderna dello chef è più complessa rispetto ad un tempo. Non basta più solo cucinare ma si richiedono aspetti di gestione, comunicazione, marketing.

Quindi?
Creatività in cucina e rigore nella gestione.

Alfio Ghezzi dalla Locanda Margon:  «Le due stelle? Merito di tutta la squadra»

Le materie prime in Trentino sono cosa seria e vera espressione del territorio.
La materia prima rappresenta il territorio e viceversa. Tutte le terre di montagna faticano di più per produrre grandi prodotti. Dalle nostre parti non è scontato, come avviene in una terra fertile e pianeggiante che offre prodotti straordinari praticamente senza far nulla. In montagna è diverso, la particolare morfologia crea difficoltà così come il clima. Tutto ciò porta a curare molto la relazione con il territorio dove l’uomo deve curare l’ambiente. Quando sono arrivato qui nel 2010, una delle prime cose fatte è stata creare relazioni privilegiate con alcuni produttori, per creare una cucina in grado di raccontare il territorio attraverso prodotti e produttori. Nei nostri piatti ci sono protagonisti come i broccoli di Santa Massenzia e Torbole o l’olio del Garda Trentino Doc.

Da Marchesi a Berton, cosa hai portato con te da quelle esperienze?
Da Marchesi ho preso questa particolare relazione con la cucina. Ci diceva sempre: «Sono i prodotti a dirci cosa dobbiamo fare per creare una ricetta». Da Berton la precisione e la cura dei dettagli, l’attenzione. Ho di lui uno straordinario ricordo dei quattro anni di lavoro insieme. È giusto e importante essere riconoscenti verso i propri maestri, per me figure importanti.

Alfio Ghezzi dalla Locanda Margon:  «Le due stelle? Merito di tutta la squadra»

La seconda stella Michelin è il riconoscimento di tutto questo?
Se insieme allo staff e alla famiglia Lunelli abbiamo raggiunto questo risultato è merito di tutti noi. Da parte mia riconosco il merito anche ai miei maestri. Alla Locanda Margon abbiamo creato un nuovo tipo di ristorante, con più attenzione a molti aspetti, in questo c’è molto di quanto mi ha trasmesso Andrea nei quattro anni a Milano.

La famiglia Lunelli ti ha dato fiducia e libertà?
Mi ha dato molta fiducia. Locanda Margon è un ingranaggio di una grande macchina di eccellenza come il Gruppo Lunelli, in un clima di grande rispetto, di grande positività, per noi l’obiettivo è far stare bene gli ospiti, far passare loro due ore felici, quindi prenderci cura di loro a partire dall’accoglienza. Il concetto di coerenza generale dell’eccellenza è ciò che ho appreso dalla famiglia Lunelli.

Quale è il carattere del tuo menu, dei tuoi piatti? Cosa vuoi far scoprire alla tua tavola?
Dico sempre una cucina semplice e riconoscibile. La complicazione sembrava essere un aspetto importante, ma non è così. Preferisco un approccio semplice al piatto. Voglio che i sapori siano riconoscibili, e la gente apprezza. Non amo cambiare la consistenza dei prodotti. Secondo il “magistero marchesiano”, un uovo è un uovo. Le forme devono essere rispettate e preservate, in questo modo la percezione del gusto migliora.

Alfio Ghezzi dalla Locanda Margon:  «Le due stelle? Merito di tutta la squadra»
Insolito Trentino

Il tuo “signature dish”?
Ne abbiamo diversi, io sono particolarmente affezionato a due primi, che per me sono il segno distintivo della cucina italiana. Uno è una pasta chiamata “Insolito Trentino” perché sono spaghetti Felicetti, un grande produttore trentino, uniti ad altre eccellenze: il Ferrari Trentodoc, il Trentingrana e l’olio del Garda. Presentati in bianco, ma molto emozionanti per la cottura nel liquido aromatico fatto con il Ferrari Perlé e legato dal Grana. L’altro piatto che voglio citare è “Patate, patate e patate”, pensato per esaltare il gusto e il prodotto della montagna. Gnocchi di patate con una salsa a base di patate e salmerino affumicato e piccole chips di pancetta su cui spolveriamo polvere di patate. Usiamo te diversi tipi di patata: la Cicero, la Vitelotte e la Kennebec per gli gnocchi.

Quindi cucina a due stelle ma anche ingredienti poveri.
Sono quelli della montagna, più che poveri direi particolari, provenienti da un territorio forte, minerale. Da un certo punto di vista possiamo dire di essere poveri di ingredienti, ma non poveri di sapore. Inoltre anche in Trentino abbiamo il nostro piccolo angolo di mediterraneo, il microclima della nostra parte del Garda dove crescono olive e anche alcuni agrumi.

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Patate, patate e patate

Chef in tv: sì o no?
La televisione è uno strumento straordinario perché veicola, fa conoscere, informa ed educa. Sta un po’ al cuoco capire come usarlo. Credo sia interessante ma non bisogna abusarne o sminuire la nostra professione trasformandola in spettacolo. Non ho mai visto MasterChef, ma ho comunque grande rispetto per chi conduce la trasmissione. Cracco, ad esempio, è un traghettatore che ha portato la cucina “marchesiana” nella nostra epoca, lo stimo molto.

Per informazioni: www.locandamargon.it

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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