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A tavola con Syusy Blady, attrice e autrice «Ogni viaggio significa incontro col cibo»

Syusy Blady, poliedrica donna di spettacolo, rilegge la storia di Matilde di Canossa che valorizzò il prodotto tipico con straordinaria modernità. L'abbiamo incontrata a tavola per parlare del suo rapporto col cibo

di Andrea Radic
 
10 maggio 2017 | 14:46

A tavola con Syusy Blady, attrice e autrice «Ogni viaggio significa incontro col cibo»

Syusy Blady, poliedrica donna di spettacolo, rilegge la storia di Matilde di Canossa che valorizzò il prodotto tipico con straordinaria modernità. L'abbiamo incontrata a tavola per parlare del suo rapporto col cibo

di Andrea Radic
10 maggio 2017 | 14:46
 

A Tavola con Syusy Blady. La turista per caso che ci ha accompagnato in meravigliosi viaggi intorno al mondo al fianco di Patrizio Roversi, oggi è autrice e attrice di film e pieces teatrali che realizza con gusto e la consueta simpatica ironia.

In tournée con "La Signora Matilde. Gossip dal Medioevo" il brillante e ironico docufilm su Matilde di Canossa per la regia di Marco Melluso e Diego Schiavo e prodotto da PopCult. Un’occasione unica per conoscere le vicende di una delle donne più potenti e glamour della storia. Un'occasione altrettanto unica per assaporare alcuni tra i più gustosi prodotti legati alla storia della Grancontessa: la birra trappista prodotta dalla fonte di Orval in Belgio a cui la stessa Matilde ha dato il nome, l’aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia - legato storicamente alla famiglia Canossa - e salami e culatelli di Canossa che a queste terre e a Matilde devono molto più del nome.

Syusy Blady - A tavola con Susy Bladi, attrice e autrice «Ogni viaggio significa l'icontro col cibo»
Syusy Blady

Syusy cosa hai in comune con Matilde di Canossa?
Mi sono molto identificata con Matilde di Canossa, la cucina italiana, quella vera, fatta di prodotti del territorio e di tradizione. Vi avverto, mia mamma cucinava ogni giorno primo, secondo e contorno, quindi sono molto esigente.

E a chiacchierare con Syusy si parte dal Lambrusco
Quello che bevevano i nostri nonni in osteria, un sentimento che mi piace ritrovare, un vino popolare che diventa un vino nobile.

Dai "Turisti per caso" a...?
Il viaggio è sempre stato importante nella mia vita, in questo caso con Matilde di Canossa, un viaggio nella storia importantissimo. E poi il viaggio significa sempre l'incontro con il cibo.

Il tuo rapporto con il cibo è anche passionale?
Assolutamente sì, mia mamma cucinava tutti i giorni pranzo e cena e non parliamo di cosa preparava la domenica. Parliamo di casa mia a Casalecchio di Reno, sotto la Madonna di San Luca, nei pressi di Bologna. Una bella infanzia sfamata. La cucina è sempre stata scontata, poi, andando a vivere da sola da studente e ho vissuto un periodo di fame... le mense non mi piacevano.

E quindi dove mangiavi?
Mi rifugiavo a casa di sette studenti, sei dei quali incapaci, ma uno era Martino Ragusa che sapeva cucinare, tanto che ha fatto lo chef. Un siciliano che preparava piatti meravigliosi.

Il profumo della tua infanzia?
Il ragù della mamma. Quello che si mette su verso le nove e mezza di mattina. Lei mi diceva, oggi come lo vuoi da asciutto o da brodo? Me lo chiedeva prima di colazione. Mia mamma imparò a cucinare da mia nonna che era la cuoca del ristorante Pedretti di Casalecchio, famoso, dove venivano persone conosciute. La nonna era epigona della mamma.

Un risotto alla parmigiana con Aceto Balsamico dello chef Daniel Canzian, porta alla successiva domanda, unendo prodotti importanti come parmigiano e aceto, in onore di Matilde di Canossa.
«A proposito di Parmigiano mi viene in mente un aneddoto».

Prego.
Stavamo facendo il giro del mondo e ci trovavamo nelle Isole Fiji, una domenica non potevamo scendere dalla barca, ma i capi villaggio decidono di salire da noi. Volevamo offrire qualcosa e c'era in barca con noi Stefano Bicocchi in arte Vito, grande cuoco. Avevamo giusto fatto le tagliatelle, aggiungiamo Parmigiano e aceto Balsamico, i Figiani assaggiano, mangiano e poi... ne chiedono ancora, conquistati alla cucina emiliana ci hanno concesso di scendere.

Che carattere, come quello di Matilde di Canossa.
Lei è stata una manager dell'epoca, già connessa sui social network…

Ovvero?
I suoi castelli, posti sulle colline, comunicavano gli uni con gli altri attraverso segnali luminosi, una vera e propria rete, il Twitter dell'Appennino. Era illuminata e positiva, aveva gli emoticon. Un giorno deve far capire a Enrico IV, il suo nemico che ha sempre battuto, che il suo assedio non potrà avere successo. E cosa fa? Mette fuori dal portone del castello una vacca grassa. Un simbolo appunto, per far capire che chi stava all'interno non aveva problemi di sopravvivenza. Dal punto di vista del cibo, aveva lanciato la moda del maiale. Se abbiamo il maiale in Emilia Romagna lo dobbiamo a lei. La grande alimentazione popolare che ha sostituito la pecora, che dava, invece, poche possibilità. Ha importato le castagne, per dare nutrimento ai contadini delle montagne.

Una donna che ha valorizzato il prodotto tipico.
L'aceto Balsamico, il Parmigiano, la birra trappista che portò dal Belgio. La leggenda narra del suo anello caduto nella fonte e di una trota che lo riporta in superficie. E ancora sull'etichetta.

Nel film come narri la storia di Matilde e del cibo?
Nel ruolo di una professoressa di marketing. Anche se sono contraria agli inglesismi. Le donne o sono regine o feudatarie. E Matilde poteva decidere, era capo dell'esercito, gestiva la giustizia, ma è stata anche donna di pace. Si è messa lì a Canossa, dicendo all'imperatore di chiedere scusa al Papa in un momento in cui c'erano le "Guerre per le investiture" e ci è riuscita.

Al momento del dessert parliamo di leggerezza
I dolci leggeri e gustosi allo stesso tempo mi conquistano. In questo c'è anche il grano saraceno. Prodotto stupendo. Sto realizzando sul portale "Italia Slow Tour" una seria di filmati per gli stranieri, per raccontare loro l'Italia fatta di storia, cibo e tradizioni. Sottotitolati in inglese, russo e cinese. Un patrimonio da raccontare e valorizzare. Dovremmo chiudere l'Italia e renderla un meraviglioso parco culturale. Però mettiamo un biglietto di ingresso al Brennero.

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