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In sala con Annalisa Linguerri «Rispetto e sensibilità verso il cliente»

Educazione e rispetto sono gli elementi più importanti per chi ha il compito di accompagnare il cliente attraverso l’esperienza sensoriale della cucina e del vino. Bisogna saper instaurare un rapporto anche “emozionale”

di Gabriele Ancona
vicedirettore
 
30 settembre 2017 | 13:16

In sala con Annalisa Linguerri «Rispetto e sensibilità verso il cliente»

Educazione e rispetto sono gli elementi più importanti per chi ha il compito di accompagnare il cliente attraverso l’esperienza sensoriale della cucina e del vino. Bisogna saper instaurare un rapporto anche “emozionale”

di Gabriele Ancona
vicedirettore
30 settembre 2017 | 13:16
 

Promuovere i valori della sala e del servizio è il concetto alla base dell’associazione Noi di Sala, che dal 2012 valorizza il ruolo del cameriere, del sommelier e del maître come pilastri su cui poggia la ristorazione. Padroneggiare l’arte dell’accoglienza significa infatti predisporre favorevolmente la clientela nei confronti del servizio e della cucina e può fungere da benevolo ammortizzatore nel caso di imperfezioni. Ma accoglienza significa anche spiegare con semplicità e chiarezza che mondo complesso si cela dietro una bottiglia di vino. In questo caso un professionista di sala si trova a interpretare un doppio ruolo, elevando a livello esponenziale il grado di responsabilità.

In sala con Annalisa Linguerri «Rispetto e sensibilità verso il cliente»

Italia a Tavola, nel viaggio che ha deciso di intraprende per conoscere e valorizzare chi affronta in presa diretta i mille volti della clientela di un ristorante, ha incontrato Annalisa Linguerri, sommelier Ais dal 2008 e delegata Noi di Sala per l’Emilia Romagna. Una professionista a tutto tondo, più volte candidata nel sondaggio “Personaggio dell’anno-Premio Italia a Tavola” (quinta classificata nell’edizione 2014). Dal settembre 2016 è sommelier presso l’Osteria Da Noi-Villa Magenta a Lugo di Romagna (Ra), attività di famiglia che propone una cucina del territorio romagnolo che investe su materie prime di produttori locali.

Anche per la cantina ha deciso di seguire questa impostazione?
Certo. Il territorio è un punto di riferimento importante, direi dovuto con una linea di cucina così impostata sul tipico. La carta propone circa 200 etichette: sono rappresentate tutte le sottozone del Sangiovese e diverse versioni di Albana, secco, da anfora, da vendemmia tardiva. Sono comunque presenti alcune bottiglie di livello da altre regioni. Pur mantenendo l’impronta di base, qualche strappo al purismo me lo sono imposto.

Come si articola il rapporto con la clientela?
Educazione e rispetto sono i punti cardine. E il sorriso è di rigore. In sala va in scena una rappresentazione teatrale, nel senso più nobile del termine, ma senza finzioni. Devi cercare di capire in pochi minuti chi hai di fronte e metterlo subito a suo agio con naturalezza. Per essere efficaci e credibili sono indispensabili una buona dose di sensibilità e tanto allenamento.

E quando si parla di vino? Non tutti sono esperti e magari qualcuno è un po’ arrogante...
Rapportarsi agli altri fa parte della nostra professione. Con chi non è preparato, ma crede di sapere tutto, si segue la strada “emozionale” per suggerire un orientamento che renda l’esperienza enogastronomica davvero appagante. Per questo ho deciso di adottare la formula del vino a bicchiere anche stappando bottiglie importanti. In questo modo, se un cliente ha fatto una scelta che lo ha deluso può sempre cambiare e, nel caso, optare per la bottiglia, anche se la scelta di diversi calici rende più completo e stimolante l’abbinamento alle singole portate. Con chi se ne intende si parla in maniera tecnica e si affrontano percorsi più creativi nell’accostare il cibo al vino. Farsi portavoce del proprio territorio narrandone l’enologia è un’emozione forte. Raccontare il vino permette di educare la clientela e di fidelizzarla. Per un sommelier è fonte di orgoglio e di costante stimolo a migliorarsi.

In sala con Annalisa Linguerri «Rispetto e sensibilità verso il cliente»

Qual è il momento clou del servizio, quello più impegnativo?
Mi piace molto quando si stappa la bottiglia. Minuti di adrenalina pura. Guardi negli occhi il cliente e leggi le sue aspettative. Non lo vuoi deludere. A monte c’è il racconto di un vino, di un territorio, di un’emozione e di un abbinamento. Attimi di grande intensità.

E lo strumento professionale a cui è più affezionata?
Senza dubbio il cavatappi. Mi piacciono quelli semplici, con l’impugnatura lineare. Ho le mani piccole e la comodità nell’impugnarlo risulta fondamentale, anche perché conferisce eleganza al servizio. Essere in difficoltà con una bottiglia rende goffi e trasforma un professionista in un dilettante allo sbaraglio. Controllo comunque sempre che il coltellino sia in ordine e soprattutto che il “verme” sia perfetto per estrarre il tappo integro e con naturalezza.

Un consiglio per chi muove i primi passi nella professione.
Tanta umiltà e studio. Non si finisce mai di imparare. Cucina, vino e sala, bisogna ricordarlo, sono collegati, un tutt’uno che deve muoversi in sincronia. Elementi distinti che si alimentano a vicenda. Tessere di un mosaico, quello dell’ospitalità.

PER APPROFONDIRE...
Il cavatappi
Sul mercato è disponibile una grande scelta di cavatappi professionali realizzati con i più diversi materiali. La robustezza è una delle principali caratteristiche richieste a questo strumento di lavoro, che deve essere in grado di aprire con grande facilità le bottiglie senza usurarsi e senza rovinare il tappo. La struttura si avvale di due elementi importanti: il coltellino per tagliare la capsula che copre il tappo e la leva, che presenta due punti con cui fissarsi al collo della bottiglia in base all’altezza che ha raggiunto il tappo man mano che viene estratto. Il verme (la spirale) deve essere di un metallo inossidabile che garantisca potenza e resistenza. Impugnatura ergonomica e leggerezza sono altri due elementi che devono caratterizzare un cavatappi professionale.

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