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Comunicare l'Italia al turista? È tempo di investire nella formazione

Con una buona crescita turistica e un'offerta come la nostra, tra materie prime, cucine regionali e città d'arte, dobbiamo investire ora sulla formazione: la Facoltà dell'accoglienza è un buon punto di partenza

di Matteo Scibilia
Responsabile scientifico
 
22 settembre 2017 | 14:52

Comunicare l'Italia al turista? È tempo di investire nella formazione

Con una buona crescita turistica e un'offerta come la nostra, tra materie prime, cucine regionali e città d'arte, dobbiamo investire ora sulla formazione: la Facoltà dell'accoglienza è un buon punto di partenza

di Matteo Scibilia
Responsabile scientifico
22 settembre 2017 | 14:52
 

Da molto tempo, la categoria dei cuochi si interroga sul bisogno di creare o comunque di dare alla figura dello stesso un ruolo professionale riconosciuto dallo Stato, magari attraverso la creazione di un “albo dei cuochi”. Proprio in questi giorni, in seguito all’episodio accaduto in un ristorante di Asti, con l’intossicazione di decine di clienti e di un decesso probabilmente associato alla causa, in rete c’è stata una manifestazione forte di molti cuochi che hanno denunciato a gran voce che «tutto questo succede perché, spesso, molti cuochi non sono preparati professionalmente», che spesso gli stessi imprenditori non conoscono regole di cucina ed affidano le stesse a persone incompetenti, anche e soprattutto per risparmiare in stipendi. E a dire il vero in questo c’è un fondo di una verità.

(Comunicare l'Italia al turista? È tempo di investire nella formazione)

In tutto questo vociare, in alcuni casi con sfumature ai limiti della correttezza di linguaggio, c’è sicuramente un aspetto che anche noi di Italia a Tavola in diverse occasioni abbiamo sottolineato: un Paese come il nostro, in cui il cibo e soprattutto la biodiversità dei territori è quasi unica al mondo, probabilmente necessita di un passo in avanti.

Il nostro turismo, la nostra ristorazione, i nostri cuochi, le nostre materie prime, la nostra agricoltura, i nostri formaggi, i nostri vini, il nostro olio, la nostra cultura, la nostra arte, i nostri borghi, valli, colline, montagne, laghi, mari: necessitano di qualcosa in più.

Qualcosa si muove: quest’ultima estate ha segnato una buona crescita turistica, ma dobbiamo rinforzare la nostra offerta, in termini qualitativi di ospitalità. La nostra Cucina anche all’estero registra un grande consenso di gusto, grazie ai molti cuochi italiani, e, laddove “originali”, anche per merito dei nostri grandi ingredienti. Tutto questo sembra - anzi lo è - una cartolina felice, una cartolina potenzialmente capace di dare una “spinta” al nostro Pil, che faticosamente stenta a stare al passo di altri Paesi europei.

Ma, purtroppo non possiamo invece che rilevare come il nostro sistema turistico-gastronomico fa acqua da molte parti: ha ragione chi denuncia che, per esempio, la categoria dei cuochi necessita di una migliore e più sicura formazione? Ha ragione chi denuncia che siamo cari? Ha ragione chi afferma che il nostro sistema viario e stradale non è all’altezza di un Paese come il nostro? Ha ragione chi denuncia che le nostre scuole professionali-turistiche non formano in maniera sufficiente i futuri cuochi o gli addetti di sala? Ha ragione chi chiede a gran voce l’istituzione di un albo dei cuochi?

Qualità della filiera, sembra essere invece la sola richiesta a gran voce di tutti gli operatori. Eppure in Italia le scuole professionali sono strapiene di candidati a diventare cuochi. Le migliori scuole hanno liste di attesa molto lunghe, scuole private tra cui Alma, Rossano Boscolo ecc. sono anch’esse sold out.

Ma ad un sistema come il nostro in cui il Turismo incorniciato da una storia ed una cultura unica al mondo, questo non basta. Spesso siamo talmente abituati alla nostra bellezza, che non ci facciamo più caso. I giovani in modo particolare non sembrano cogliere appieno le potenzialità di un lavoro altamente remunerativo, stimolante ma che richiede impegno e passione.

In questi giorni, proprio il nostro network, Italia a Tavola, raccogliendo gli umori del settore, ha lanciato l’idea di istituire anche in Italia una Facoltà di gastronomia e ospitalità. Paesi come la Francia, la Spagna, gli Stati Uniti, hanno corsi di studio universitari dedicati al cibo e all’hotellerie. In Italia no. E questo è incredibile proprio in un tempo in cui lo stesso è ricercato e acclamato in tutto il mondo.

Manca una vera cultura di geografia gastronomica: è un fatto normale che in molti menu ci siano indicazioni della provenienza geografica o del singolo produttore di un formaggio, di una pasta, di un olio, quasi a ribadire con forza che la stessa provenienza sia di fatto una certificazione qualitativa, dimenticando che dietro una denominazione c’è stato e c’è il lavoro di fantastici artigiani e contadini.

La richiesta mediatica di Italia a Tavola, sulla necessità di una Facoltà di gastronomia e di ospitalità è stata immediatamente recepita dal ministro delle Politiche alimentari Maurizio Martina, dal ministro dell'Istruzione Valeria Fedeli ed anche da altri esponenti politici quali il presidente della regione Lombardia Roberto Maroni ed anche dal Maestro Gualtiero Marchesi. Tutti hanno concordato che si tratti di un vuoto “formativo” assolutamente da colmare, sottolineando, come ha detto il Ministro Fedeli, che «tutto ciò si deve accompagnare ad un percorso culturale», e noi di Italia a Tavola ne siamo perfettamente consapevoli, tant'è che sottolineiamo che l’obbiettivo non sia formare cuochi laureati, che in ogni caso non guasterebbero, ma nuove figure professionali, per esempio per l’insegnamento, manager per tutto il turismo e per l’ospitalità, uomini e donne capaci di “ridare” valore ad un settore che può molto per la crescita del nostro Paese. Si può fare!

Hashtag: #laureaccoglienza

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