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Banchetto e banqueting La storia inizia nel Rinascimento

di Toni Sarcina
presidente Commanderie des Cordons Bleus Italia
 
15 ottobre 2017 | 09:31

Banchetto e banqueting La storia inizia nel Rinascimento

di Toni Sarcina
presidente Commanderie des Cordons Bleus Italia
15 ottobre 2017 | 09:31
 

Banchetto” è una parola complessa e ricca di storia. Purtroppo, in molti casi, specialmente per alcune società di banqueting poco qualificate, il banchetto viene spesso accomunato ad una occasione conviviale “minore”. Questa considerazione fa degradare l’intero evento verso il basso.

Dall’allestimento al livello della cucina e, di conseguenza, al servizio di sala, tutto diventa a dir poco approssimativo. L’argomento merita di essere trattato in maniera circostanziata. Ho quindi pensato di suddividere i miei pensieri in due puntate. In questo primo “capitolo” vorrei prima di tutto riaffermare l’importanza del banchetto e le sue origini aristocratiche, con alcune note storiche riferite al nostro passato remoto. Il testo che segue è tratto da “La Buona Cucina”, enciclopedia del 1986 pubblicata in 120 dispense settimanali, ognuna delle quali contenente un capitolo dal titolo “Un tuffo nella storia”, firmato dal sottoscritto.

(Banchetto e banqueting La storia inizia nel Rinascimento)

«In pieno Rinascimento, in particolare nel periodo intorno alla fine del XV secolo, Signore di Milano era Ludovico il Moro e suo grande cerimoniere nientemeno che Leonardo da Vinci. Al Castello sforzesco si svolgevano grandiosi banchetti di corte e, in molte occasioni, come avviene oggi, nelle grandi cucine si alternavano i più famosi cuochi di quel tempo. Proprio a Milano, iniziava a farsi strada una prima idea di “convivio organizzato”».

«La selezione degli invitati era molto rigida e riservata quasi esclusivamente a persone che potessero vantare quattro quarti di nobiltà antica. In genere, gli eventi si svolgevano tra due corti, quella ospitante e quella ospite, per accordi commerciali o alleanze militari e, quindi, gli altri ospiti erano selezionati tra nobili di assoluta fiducia e privi di qualsiasi tipo di ostilità nei confronti delle due parti principali. Certo, con i mezzi di trasporto del tempo il viaggio per raggiungere Milano era molto lungo e faticoso per cui, oltre al banchetto ufficiale, bisognava provvedere all’alloggio degli ospiti, a tutte le necessità relative e al loro sostentamento per tutto il periodo del soggiorno. Tutto veniva ovviamente ricambiato nelle diverse corti di provenienza. I costi di allestimento erano altissimi, ma i regali portati dagli invitati compensavano adeguatamente gli sforzi finanziari dei padroni di casa».

«Il servizio di sala, diretto dal “Maestro di casa” in modo impeccabile, provato e riprovato per alcuni giorni, era affidato a valletti e cavalieri, i primi per il servizio più semplice di portatori di vivande e di “sbarazzatori” delle grandi tavolate, i secondi invece, più colti e titolati, per descrivere agli ospiti, con dovizia di particolari, le vivande stesse, la provenienza delle materie prime e la procedura di esecuzione dei piatti. La sequenza delle portate era regolata da un rigido cerimoniale, così come la liturgia delle precedenze nel servizio».

Nei secoli successivi, il sistema rimase quasi invariato mentre, progressivamente, si passava dalla nobiltà alla borghesia, dal servizio alla francese a quello alla russa. In definitiva, si era formato un galateo del banchetto consolidato che pareva inamovibile, pur con le variazioni che seguivano l’evoluzione della cucina e la formazione dei piatti.

Poi tutto cambiò, nel secondo dopoguerra, con il cosiddetto “boom economico”: la banchettistica si estendeva ai vari strati sociali e, purtroppo, in molti casi si cadeva nella trappola del “banchetto spettacolo” con allestimenti meno eleganti, ma più appariscenti, e con uno scadimento qualitativo, soprattutto nel servizio di sala, che perdura anche oggi. Ciò che in molti casi manca, a mio avviso, è il senso dell’organizzazione del servizio, con scarsa attenzione per la sceneggiatura dell’evento. Ma questa è un’altra storia, che tratterò nella prossima “puntata”.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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