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La cucina di Massimiliano Catizzone Tra semplicità e tradizione mediterranea

Chef del Florian di Firenze, è convinto che fare squadra sia la strada giusta per la cucina italiana. Membro Fic ed Euro-Toques, ama riproporre sapori e piatti della tradizione giocando con ingredienti sempre di qualità

di Marco Di Giovanni
 
23 aprile 2016 | 10:06

La cucina di Massimiliano Catizzone Tra semplicità e tradizione mediterranea

Chef del Florian di Firenze, è convinto che fare squadra sia la strada giusta per la cucina italiana. Membro Fic ed Euro-Toques, ama riproporre sapori e piatti della tradizione giocando con ingredienti sempre di qualità

di Marco Di Giovanni
23 aprile 2016 | 10:06
 

Quando sono i sapori dell’infanzia, quelli tipici calabresi che inebriavano le pareti di casa, ad appassionarti, la tua strada allora è già scritta. È stato così per Massimiliano Catizzone (nella foto), chef del Florian di Firenze, nonché membro della Federazione italiana cuochi e di Euro-Toques. L'abbiamo incontrato e abbiamo deciso di scambiare due parole sulla vita e la cucina di un giovane cuoco, pieno di passione per l'enogastronomia italiana e per il suo mestiere, convinto che saper fare squadra sia una delle colonne portanti della professione di cuoco.

Massimiliano CatizzoneMassimiliano Catizzone

Massimiliano, raccontaci come tu e la cucina italiana avete camminato a braccetto dall’infanzia fino ad oggi.
La mia passione per la cucina è sbocciata subito, fin da bambino. Ho frequentato l’istituto alberghiero, iniziando a muovere i primi passi nel mondo del lavoro grazie a stage e stagioni estive. Durante i miei studi ho deciso di specializzarmi in pasticceria e gelateria, senza mai smettere di formarmi negli anni, frequentando corsi d’aggiornamento ogni qualvolta potessi, così da migliorare sempre più il mio stile tra i fornelli. Dopo la scuola ho deciso di trasferirmi in Umbria, dove sono rimasto 12 anni, di cui 8 anni al Golf Club di Perugia. Nel frattempo mi ero unito sia ad Euro-Toques che a Fic: grazie alla federazione ho anche cominciato a partecipare a competizioni e concorsi.

Se dovessi parlarci della tua cucina ad oggi e consigliarci un piatto che meglio di tutti la rappresenta?
La mia cucina è prettamente mediterranea. Se dovessi scegliere tra tante mie creazioni, quella che meglio riassume il mio stile, indicherei un piatto che ho ora in carta al Florian, il Cilindro di sgombro e Gambero rosso di Sicilia con pesto di Salicornia e caponata di melanzane. In questa proposta ho voluto imprimere il mio amore per il Mediterraneo in tutte le sue sfaccettature: esiste infatti una parte povera, quella dello sgombro, arricchita dalla nobiltà del gambero rosso. È bello accostare questi diversi aspetti di uno stesso territorio, riuscire a combinarne i sapori così da creare abbinamenti ben riusciti. Molto spesso potrebbe sembrare che questa minuziosa ricerca appartenga ad una cucina molto innovativa, la verità è che prima di tutto io amo il gusto intatto di ciò che cucino, della materia prima: con questi abbinamenti il mio interesse primo è esaltare questo gusto, creando una composizione che sia squisita ed equilibrata sia per il palato, sia giustamente anche per gli occhi.

Avrai sentito dell’iniziativa del comune di Firenze di valorizzare il territorio vincolando i ristoranti ad utilizzare al 70% prodotti tipici toscani, proposta poi modificata in almeno 30-40 prodotti certificati per esercizio alimentare. A questo proposito, come consideri i criteri del chilometro zero e della tracciabilità nella tua cucina?
Il chilometro zero è fondamentale nella valorizzazione del territorio, ma può diventare anche un limite quando crei un piatto, ad esempio lo chef di un ristoratore lombardo non potrebbe utilizzare nei suoi abbinamenti prodotti come il bergamotto. Un criterio più funzionale per scegliere ingredienti e garantire un ottimo piatto è la tracciabilità: utilizzando prodotti tracciati e certificati, hai la sicurezza della loro qualità intrinseca. Poi sta allo chef valorizzare il territorio dove lavora.

Cilindro di sgombro e Gambero rosso di Sicilia con pesto di Salicornia e caponata di melanzane
Cilindro di sgombro e Gambero rosso di Sicilia con pesto di Salicornia e caponata di melanzane

Qual è invece il tuo punto di vista sulla sinergia in cucina fra tradizione e creatività?
Io sono uno molto fedele alla tradizione, ma per non essere banale, devo comunque aggiungere al piatto un mio tocco personale, per distinguermi, a volte anche per dare a quella ricetta qualcosa di nuovo, che la renda più invitante, più stuzzicante agli occhi dei miei clienti. L’importante è mantenere il gusto originale, la creatività non deve stravolgere il gusto. Ecco perché amo giocare con le consistenze degli ingredienti, abbinare ad esempio morbido a croccante, giocando con i prodotti senza che la loro identità ne risenta.

Le tradizioni e i prodotti di cui parliamo sono sempre più “in pericolo”: mi riferisco all’italian sounding. Come pensi sia possibile affrontare questa situazione, capace di minare all’autenticità della nostra cucina?
Il modo migliore è fare squadra. Non mi riferisco soltanto ad una squadra di cuochi, parlo di qualcosa di più ampio, che parta dal produttore, passi per il ristoratore e arrivi fino alle istituzioni. Uniti, possiamo trasmettere il valore di un prodotto Dop o Igp nel mondo, facendo sì che tutti anche solo dal gusto siano capaci di riconoscerlo, e di distinguerlo da eventuali imitazioni. Sto parlando del vino, del Parmigiano, di quei prodotti che ci distinguono da tutti gli altri Paesi al mondo.

Hai detto di partecipare da anni ormai a concorsi e competizioni, dove è facile incontrare stili completamente diversi dai nostri. Hai mai considerato di prenderne spunto, creando piatti fusion?
Mi capita a volte di utilizzare ingredienti non tipici delle nostre tradizioni, di aggiungerli ai miei piatti per creare abbinamenti originali, fa parte della creatività di uno chef. Ma amo che il mio piatto, nei suoi sapori, rimanga legato ad un contesto mediterraneo. La cucina fusion è una moda, come lo era quella molecolare anni fa, l’importante è garantire alla gente il gusto, il buono.



Torniamo ad un presente più concreto: tu fai parte della Federazione italiana cuochi. Che conclusioni hai tratto dall’appena trascorsa Assemblea nazionale svoltasi a Treviso?
Partecipo a molti incontri organizzati dalla Fic, penso che fare squadra con loro non sia solo importante, quanto anche un onore. Il nostro presidente, Rocco Pozzulo, sta facendo un lavoro davvero incredibile: lui e i suoi collaboratori, e tutti noi soci, stiamo riportando la federazione sotto i riflettori della cucina italiana. Mi riferisco ad esempio ai Campionati di Montichiari, dove anche io ho partecipato in qualità di pasticcere, vincendo un bronzo nella categoria “Dessert al piatto”. Ma più in generale parlo dell’entusiasmo che trapela in questi momenti d’incontro: non siamo solo un’associazione, siamo una grande famiglia, e il nostro presidente non perde occasione per ricordarcelo.

Se dovessi scegliere uno chef che più di tutti ti ha influenzato, ti ha regalato emozioni e spunti durante la tua carriera?
Da tanti maestri ho preso ispirazione, ma se dovessi scegliere solo un nome, allora indicherei Enrico Derflingher. Lui non è solo un grande cuoco, ma anche un amico. Facendo io parte anche di Euro-Toques, ho avuto occasione di collaborare spesso con lui. Dalla sua arte ai fornelli ho imparato quanto sia importante creare piatti semplici ma ricchi d’amore. È una persona solare, e riesce in ogni occasione a trasmetterti la passione del mestiere.

Con Enrico hai collaborato fianco a fianco anche al premio Personaggio dell’anno 2015 di Italia a Tavola a Firenze, vero?
Esatto. È stato un piacere cucinare con lui il suo storico Risotto Regina Vittoria, un onore amplificato dall’essere stato invitato ad un’occasione così importante come il Premio IaT, uno dei momenti di più alta valorizzazione dell’enogastronomia e dello stile italiani nel nostro Paese.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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