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Poco tempo libero per i cuochi? Sì, ma si insegue un sogno

Il tempo libero dei cuochi è sempre ristretto, molti si lamentano senza però accorgersi che è più importante la qualità che la quantità del tempo e che se quello libero è poco è perché si insegue un sogno chiamato cucina

di Rocco Pozzulo
presidente FIC - Federazione italiana cuochi
 
29 luglio 2017 | 09:11

Poco tempo libero per i cuochi? Sì, ma si insegue un sogno

Il tempo libero dei cuochi è sempre ristretto, molti si lamentano senza però accorgersi che è più importante la qualità che la quantità del tempo e che se quello libero è poco è perché si insegue un sogno chiamato cucina

di Rocco Pozzulo
presidente FIC - Federazione italiana cuochi
29 luglio 2017 | 09:11
 

Quando sono stato eletto presidente della Federazione Italiana Cuochi ho voluto accanto a me una squadra di persone dedite e che avessero disponibilità di tempo per rilanciare il nostro ente, e di riflesso l’intera categoria in un concetto e contesto nuovo e più aggressivo.

Poco tempo libero per i cuochi? Si, ma si insegue un sogno
 
Progetto oramai necessario per il nostro comparto, e già iniziato con il mio predecessore, il presidente Caldana, il quale a suo tempo mi volle presso la sede di Roma in qualità di referente nazionale degli eventi Fic. Come insegnante di istituto alberghiero della mia cara Basilicata ne fui entusiasta ed orgoglioso: ebbi modo di dedicare ulteriore mio tempo libero all’Ente dopo quello rivolto alla mia stessa Unione Regionale Fic di provenienza.

Ma a cosa ci si riferisce esattamente quando si parla di tempo libero? Il tempo libero è il tempo che resta a disposizione dell’individuo dopo aver lavorato, soddisfatto ai bisogni essenziali e atteso ad altri obblighi quotidiani, personali o familiari, e che utilizza nella maniera che ritiene più opportuna. Si potrebbe definirsi anche come un’attività diversa dagli obblighi di lavoro e familiari.

L'idea, il concetto e la realtà del tempo cui dedichiamo ad una attività, o a una cosa, è strettamente legata comunque ai modelli, pensieri e modi concreti di realizzazione e nei quali esso si colloca. Il problema che abbiamo con il tempo dipende dal fatto che abbiamo, il più delle volte, un rapporto “quantitativo” con esso. Tante volte diciamo “Non ho tempo!”, come se fare o non fare certe cose giuste per noi e per la nostra vita, o la nostra società, dipendesse dalla scarsa quantità di tempo che abbiamo.

Questa è una scusa che ci diciamo per non cambiare quello che dovremmo cambiare. In realtà non si tratta di fare più cose e avere più tempo, quanto di fare quello che vorremmo e che dobbiamo veramente fare e farlo bene. Non ci serve più tempo: dobbiamo fare per noi quello che già facciamo, ma con più attenzione e dedizione, senza altri pensieri. Possiamo avere, quindi, un rapporto qualitativo con il tempo libero e quindi di riflesso anche con la nostra vita.

La maggior parte della nostra categoria è impegnata con un lavoro sottopagato e che prevede un numero imprevedibile di ore lavorative, dove a volte si deve sottostare ad un’ingiusta accettazione di condizioni ai limiti della sopportazione. Si trascurano così facendo la cura delle persone più vicine, degli affetti personali, ed anche di se stessi, facendo emergere tutta la durezza della questione dove il tempo, in base alle nostre coscienze, non basta mai.

Nonostante ciò e malgrado tutti i sensi di colpa, che potenzialmente possiamo avere dentro noi stessi, la nostra indole ci porta a rubare quel poco che ci rimane della giornata lavorativa, per donarla ad un sogno, ad una nuova idea di cuoco, il Cuoco 3.0, spinto da un supplemento di volontà, di coraggio, di speranza e di desiderio verso la Federcuochi, nella prospettiva di donare ai nostri giovani e future leve un Ente sempre più autorevole e rilevante di considerazione in un ampio contesto del tessuto sociale italiano.

Lode quindi a tutti coloro che hanno abbracciato questo “sogno” a discapito del personale poco tempo libero, rammentando loro che il “valore” non è definito dalla quantità, ma bensì dalla qualità e dalla propria competenza profusa. Un mio grazie, e della Federazione Italiana Cuochi, a loro che lontani dai riflettori e pubbliche platee si attivano nel silenzio del loro lavoro, con slancio e dedizione a beneficio del nostro Ente; congiuntamente ai collaboratori di Giunta, dei Dipartimenti e Compartimenti, ai presidenti e segretari delle circoscrizioni territoriali Fic e tutti coloro insigniti di cariche istituzionali, dando nuova linfa vitale ed un nuovo percorso ad una rinnovata Fic.

Un augurio di buon lavoro a tutti.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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02/08/2017 09:38:06
1) Va bene inseguire un sogno, ma come si può costruirsi una vita in questo modo?
Devo ammettere che sono in disaccordo con quanto letto, ok va bene inseguire un sogno, va bene spendere quel poco (pochissimo) tempo libero a disposizione in modo qualitativamente superiore. Ma non si può costruire una vita in questo modo. Tutti dicono: "si si, devi fare la gavetta e un giorno arriverai più in alto e probabilmente potrei anche riuscire a vivere un po' di più". Ma a che scopo? Arrivare magari a 30/35 anni ad essere capo chef, forse con più tempo libero, forse meno, ma con chi si può condividere tutto questo se intorno non ti è rimasto praticamente nessuno? Non staranno lì per sempre ad aspettarti, non puoi crearti una famiglia in questo modo, ed anche se ci riesci non te la godrai mai. Non parlo per esperienza personale, visto che comunque ho 20 anni e ho "appena" iniziato il mio percorso, ma lo vedo dai cuochi che mi circondano, padri di famiglia che non vedono il proprio figlio da settimane perché tornano a casa ad ore indecenti, stanchi morti. Ugualmente vale il discorso anche per noi giovani, questo è il periodo in cui si creano alcuni dei ricordi migliori, i ricordi della "giovinezza passata" i quali in un futuro saremmo felici di averlo fatto, ma se si lavora sempre quei ricordi quando si creano? Non si può chiamare vivere lavorare come minimo 15 ore al giorno , senza giorno di riposo e per uno stipendio che rapportato alle ore non ne vale la pena. Finché le cose non cambieranno questo non si può chiamare vivere.
Federico Girardi



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