Produttori di vino si nasce o si diventa? Per Roberto Giannelli la risposta giusta è la seconda. Trascorsi (e successi) nel settore immobiliare, poi la tentazione di misurarsi con uno dei territori più prestigiosi e competitivi dell’enoico stivale, ovvero Montalcino. C’è un’occasione da cogliere, un borgo di 22 ettari (di cui 11 a vigneto - oggi anche suggestivo wine resort) ubicato nella zona est delle Cerbaie, famosa per la longevità e l’eleganza dei suoi vini (do you know Cerbaiola and Cerbaiona?).
La relazione di Patrizio Gasparinetti, agronomo dalle illustri committenze (Anselmi, Farinetti, Lunelli, giusto per fare qualche nome) scioglie ogni possibile riserva. Per caratteristiche dei suoli, mediamente argillosi con buona presenza di galestro e alberese, microclima (mai eccessivo nelle punte di calore e con buona ventilazione), varietà delle esposizioni (da pieno nord a nord-est con un appezzamento a sud-ovest) la zona rappresenta un unicum invidiabile (“la posizione di quest’azienda è tutto” sintetizza il proprietario).
D’altro canto, sulla base delle ricerche svolte, a San Filippo (tenuta ufficialmente fondata nel 1972) pare si facesse vino sino dal tardo 1700. Questi 12 anni trascorsi dall’insediamento sono davvero volati. Forse soltanto adesso Roberto Giannelli può iniziare a vedere la sua storia “da fuori”. La frenesia degli inizi ha lasciato spazio alla focalizzazione del dettaglio. La mappatura delle vigne è stata progressiva (quattro le parcelle - La Storta, Le Raffiche, Le Lucére e La Smarrita con 5 ettari e mezzo complessivi a Brunello, 2 ettari a Rosso e 2 ettari a Sant’Antimo), le densità d’impianto mai esasperate (dai 3mila ai 5mila ceppi per ettaro).
L’individuazione, assieme al consulente enologo Paolo Caciorgna (tra i più seri e preparati della “nouvelle vague”) di un cru costantemente superiore nella risposta qualitativa (Le Lucére), dal quale prende vita un Brunello “selezione” e un Brunello Riserva. La cantina, moderna e funzionale, vede applicati principi consolidati (macerazione in acciaio e cemento, malolattica in botte grande e successivi travasi con parziale ricorso per l’affinamento anche a legni piccoli). Pratiche tese al rispetto della materia prima, senza particolari forzature sia in termini di maturazione che di estrazione, con una cernita sempre più accurata delle uve a costo di sacrificare una produzione che si assesta, mediamente, attorno alle 70mila bottiglie annue. Posizionamento alto della gamma con presenza sui mercati che contano (dal vecchio al nuovo mondo, dai maturi agli emergenti).
A una critica nazionale non fredda ma neanche così prodiga di riconoscimenti fanno riscontro rating internazionali di assoluto rilievo che proiettano San Filippo tra le referenze di spicco nel distretto cinese. 2004, 2006 e 2007 fanno incetta di punteggi oltre i 90/100 ma è con la cosiddetta “annata delle meraviglie” (2010) che il vero salto di qualità si delinea in tutta la sua portata. Il Brunello di Montalcino Le Lucére mette d’accordo Wine Spectator, Robert Parker e James Suckling con scores, rispettivamente, di 95, 96 e 98 punti. Suckling bollina il “semplice” Brunello annata con 97/100. Roberto Giannelli non si scompone, sapendo bene che il difficile (ma anche il bello) vengono adesso. “Questo rende il tutto emozionante e stimolante”.
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