Come ogni anno, anche se la destagionalizzazione avanza, con l’avvicinarsi delle festività natalizie si susseguono concorsi, classifiche, analisi di costume, sondaggi... Tutto dedicato ai grandi lievitati del periodo: panettone e pandoro. Prodotti, specie il primo, proposti in tante versioni, e con una forbice di prezzi che spazia da valori pressoché pari a quelli del normale pane, magari condito, a cifre, per le realizzazioni più esclusive, iperboliche. L’industria li ha fatti propri, inondando sempre più in anticipo gli scaffali della gdo, pasticceri e panificatori attenti li propongono curando ogni passaggio, non sono di fatto dolci di facile realizzazione, a partire dalla scelta, fondamentale, delle materie prime.

La Bossolà, dolce tipico bresciano delle feste
Dolci natalizi regionali e identità territoriali
Accanto a queste icone del Natale, del Capodanno, esistono però tutta una serie di dolci della tradizione locale, confinati entro precisi territori, la Gubana in Friuli, lo Zelten in Trentino Alto-Adige, il Pandolce Genovese nelle due versioni, alto e basso, e con un balzo il Buccellato in Sicilia, gli Struffoli in Campania, e l’elenco potrebbe continuare a lungo, da notare che anche gl’indiscussi vincitori, in termini di diffusione, hanno precisa origine geografica: Milano per il Panettone, Verona per il Pandoro.
Il Bossolà bresciano: origine, identità e artigianalità
Anche un territorio e una città che solitamente non si collegano a una preparazione celebrativa del Natale ne possiede uno, assolutamente degno di attenzione: è il Bossolà bresciano, dove l’aggettivo è quanto mai opportuno, perché questa ciambella lievitata, è strettamente legata al capoluogo, e basta allontanarsene, vuoi nella bassa, vuoi nelle sue valli, dove esistono varianti affatto diverse della stessa, per scoprire che in molti ne ignorano del tutto l’esistenza o, magari, non l’hanno mai assaggiato.

Il Bossolà, una ciambella lievitata tipica di Brescia
E la sua dimensione locale, di origine celtica secondo alcuni, origine che ne spiegherebbe il nome - da biscia, serpente “arrotolato” - mentre alla Serenissima si attribuirebbe la sua diffusione, ne ha preservato le attuali caratteristiche nonché l’essere rimasto prodotto artigianale, l’indiscusso maestro dei pasticceri bresciani, Iginio Massari, soleva dire «non avendo mai incontrato una realtà produttiva in grado di promuoverlo adeguatamente è stato surclassato dal Panettone». Ma anche ne ha assicurato una sua autenticità, la capacità di esprimere un territorio, la precisa identità.

Il maestro Iginio Massari
È di fatto sfuggito all’industrializzazione, alla produzione di massa, alla necessità di essere necessariamente standardizzato, al conoscere additivi in grado di prolungarne e mantenerne le caratteristiche organolettiche e di consistenza, resta dunque appannaggio di pasticcerie e forni locali, e non vede forbici apparentemente incomprensibili nel suo costo medio.
Caratteristiche, lavorazione e interpreti del Bossolà
Ma cosa contraddistingue questo lievitato da altri, in particolare dal suo più vicino prodotto, il Pandoro? I pareri sono pressoché unanimi, innanzitutto il profumo, caratterizzato dal burro, ne contiene davvero non poco, e dalla vaniglia, sullo sfondo i sentori di lievito, di fermentazione, assolutamente “puliti”, in alcune ricette compare la scorza di limone ma è nota, se presente, secondaria, segue il suo sapersi sciogliere al palato, quasi senza opporre resistenza, sorta di “nuvola” gastronomica. Tranne che in una personalissima interpretazione, l’assenza di canditi non interrompe l’alveolatura minuta e omogenea: difficile sottrarsi a un secondo assaggio.

Gli stampi particolari in cui si realizza il Bossolà
E in una preparazione complessa nell’esecuzione, da tre a cinque impasti, ma minimalista negli ingredienti, appare fondamentale la loro qualità. E come per gli altri grandi lievitati diventa essenziale ogni scelta, per quanto piccola possa apparire, l’altezza dello stampo, la tecnica di lavorazione... Dettagli che caratterizzano ogni produttore, sia pasticcere che fornaio: anche per il Bossolà queste le due categorie di artigiani che si cimentano nella sua preparazione, unite dalla dimestichezza con il lievito, che sia di birra, madre o un incontro di entrambi. Assaggiatelo in monacale solitudine, dopo, magari, provate ad abbinarlo a uno zabaglione appena fatto, a un gelato sempre di zabaglione o di classicissima crema e se volete immergervi nella brescianità con un raro “brodo di giuggiole”, ne troverete un esempio sempre a cura di Marino Marini nel suo La Cucina Bresciana.
La lista che segue, e che rispetta quanto appena detto, non è, non vuole certo essere né esaustiva, né classifica, quanto manciata di nomi in grado di regalare, nella propria versione, un Bossolà degno di nota, giustamente balzato, da circa tre anni, agli onori della cronaca bresciana, vuoi per il suo inserimento nelle De.Co. comunali - in questa ricetta sono previsti quattro impasti, l’uso del lievito di birra e della scorza di limone grattugiata -, per il bel libro a firma Marino Marini e Giovanni Brondi, una narrazione meticolosa di questa specialità e, forse, per il sottrarsi a un duopolio fin troppo sfruttato.

Il pasticcere Bruno Andreoletti con le sue Bossolà
Per le pasticcerie, Andreoletti di Bruno Andreoletti, Tacconi di Massimo Tacconi, Veneto di Iginio Massari, tutte nel capoluogo, El Pastiser di Marco Zuanelli a Salò, Roberto di Giovanni Cavalleri a Erbusco. Per le fornerie, tutte a Brescia e immediati dintorni, Fogazzi di Alberto Fogazzi, Il Pane di Maurizio Sarioli, Voglia di Pane di Armando Guerini.