(Sulle strade del vialone nano
Nel 1996 fu il primo riso Igp)
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Passando in treno tra Verona e Mantova si vedono solo campagne piatte, con qualche campanile che svetta e nulla più. Sembra un paesaggio insignificante e non ti verrebbe mai l’idea di trascorrere, almeno, un fine settimana da quelle parti. Invece quanta storia che hanno da raccontare quelle terre. Quante battaglie, quanti signori, quanti fantasmi, quanta cultura, quante chiese, quanti castelli, quante acqua, quante colture.
Le risaie allagate tra Lombardia e Veneto
E iniziamo proprio dalla fine, dalle colture. Quella principale è dedicata a sua maestà il
riso. La presenza dell’uomo nella pianura veronese è testimoniata a partire dal Neolitico antico (circa 4.500-4.000 a.C.). Colonizzata dai Romani nel I sec. a.C., in epoca imperiale essa vide una profonda trasformazione: lo scavo di fossati e canali condusse alla regolamentazione delle acque, mentre la costruzione di arterie stradali, quali la Via Claudia Augusta Padana e la strada che collegava Mantova ad Este, la posero al centro di traffici commerciali di livello interregionale. Il dissesto idrografico che si ebbe in seguito alla caduta dell’Impero Romano, favorì nell’Alto Medioevo, durante il periodo longobardo e franco, lo sviluppo di boschi e la nascita di aree paludose.
Grazie all’opera svolta dai monaci benedettini queste aree vennero bonificate e pian piano sorsero delle “ville”, centri abitati che iniziarono ad essere documentati a partire dal IX sec. d.C. Dopo il periodo di dominazione scaligera, alle soglie del XV sec., Venezia favorì l’investimento fondiario dei cittadini veronesi e veneziani; essi crearono ben presto delle aziende agricole dove si concentrarono i mezzi di produzione e le abitazioni dei lavoratori furono le “corti rurali”. All’interno di esse, le vecchie case da patron, dovendo essere consone allo status sociale e all’importanza raggiunta dalle famiglie che avevano investito nella terra, si trasformarono in case da villeggiatura: nacquero così le “ville”.
Davide Botta
Nei primi anni del ‘600 vennero costruite le prime pile da riso che pilavano (toglievano la pila, o buccia, al riso prima di essere commercializzato) due piccole partite di riso al giorno, una al mattino e una al pomeriggio. Erano composte da un edificio, di solito nelle vicinanze della villa, vicino a un corso d’acqua al cui interno alloggiava un complesso marchingegno di legno, mosso da una ruota ad acqua, composto da pistoni mossi da un grosso albero a camme che ricadevano sul risone vestito della sua buccia e costretto in una buca ellissoidica di marmo levigatissima, il pistone cadendo determinava la separazione della buccia e successivamente dell’epidermide. Contemporaneamente nasce la professione del pilotto, colui che presiedeva le varie operazioni della lavorazione del riso. È del 1612 la pila di Corte Boschi a Isola della Scala, oggi restaurata con il macchinario perfettamente integro, ovviamente non utilizzato.
È la casa del ristorante con locanda l’Artigliere di Davide Botta. «Il riso è un foglio bianco su cui puoi disegnare qualunque cosa», dice Davide, e lo dimostra con la sua carta dei risotti. Almeno 15 sono i risotti proposti. Qualche esempio? Con il vialone nano Igp di Isola della Scala: Risotto alle carote, capasanta cruda, polvere di radicchio e finferli, oppure Risotto al mango con ombrina affumicata sesamo nero e limone. Deviando il precorso e arrivando al Carnaroli… Carnaroli al taleggio, tartara di manzo e olive in polvere, oppure Carnaroli con le ostriche, shiso, lamponi e lavanda. Un tripudio di consistenze, sapori, profumi armonicamente proposte da uno chef dagli occhi dolci e dai gesti gentili, che sembra abbia un unico scopo nella vita… far star bene i suoi ospiti. E ci riesce benissimo specialmente quelli che decidono di fermarsi a dormire nelle sue adorabili stanze.
Tutto è elegante, tutto è curato, avvolgente. La sensazione è quella di sentirsi racchiusi in un bozzolo protettivo. Per non parlare delle coccole che accolgono l’ospite alla colazione. Tutto è semplice, tutto è naturale, tutto è fatto in casa, tutto è fatto da quella splendida persona che è
Davide Botta, già stella Michelin e da poco insignito del premio come ristorante dell’anno dalla guida WeFood Venezia a Tavola. La locanda L’Artigliere è il posto ideale per partire alla scoperta della strada del riso Vialone Nano Igp che conta 60 soci tra produttori, operatori economici e dell’accoglienza, associazioni e istituzioni ed è presieduta da Luciano Mirandola.
Il Vialone nano veronese è stato il primo riso in Europa ad ottenere nel 1996 l’Indicazione Geografica Protetta (Igp), riservata ai semi selezionati del cereale della specie Oryza saliva L, sottospecie Japonica. Percorrendo la Strada, che si snoda per una cinquantina di chilometri lungo la zona Igp, che comprende 24 comuni, si può conoscere un prodotto unico e genuino, coltivato su terreni sabbiosi, derivati dalle antiche alluvioni del fiume Adige, irrigati con acqua di risorgiva e che, preparato con le carni, il pesce, le verdure, si offre ai buongustai come il re dei risi da risotto. Ma oltre a vedere pile, ville, chiese e campi c’è anche la possibilità di imparare i fare i risotti. Alla pila Vecia Ferron non si può non partecipare al corso di cucina per comprendere la differenza della preparazione del riso alla Pilota e all’Isolana. Prima c'era il riso alla pilota, preparato dal pilotto, che scioglieva del grasso di maiale, su un paiolo di rame, con la cipolla, ci aggiungeva conserva di pomodoro e rosmarino, aggiungeva acqua, portava ad ebollizione, aggiungeva il riso fino a formare una montagnetta il cui culmine usciva appena dall’acqua e portava a cottura.
Il riso non doveva essere mantecato ma sgranato. Si mangiava caldo oppure messo sul “panaro”, tagliere di legno rotondo dove si serviva anche la polenta, lasciato raffreddare e poi il giorno dopo tagliato a fette e grigliato. Per centinaia di anni è stato il pasto dei lavoratori di quelle zone. Poi una rivoluzione. 51 anni fa nasce la fiera del Riso a Isola della Scala e inventano un risotto “che identifichi la fiera”. Nasce il Risotto all’Isolana. È un risotto moderno dove si tosta il riso e si bagna con un brodo vegetale con aggiunta di ali di pollo. A metà cottura si aggiunge un ragout preparato in precedenza facendo sciogliere del burro, aromatizzando con un rametto di rosmarino, con della pancetta, incorporando poi il macinato di vitello e per ultimo il maiale, con sale, pepe e vino bianco e cannella in abbondanza. Si manteca a fine cottura con parmigiano. Un tripudio per i golosi.