A Natale succede una cosa curiosa: ci si ritrova insieme come ogni anno, ma con l’illusione che “tanto ci conosciamo” basti a far funzionare tutto. In realtà è proprio lì che iniziano i problemi. Tavole affollate, ruoli confusi, confidenze fuori tempo massimo, telefoni che non tacciono mai. Il pranzo o la cena del 25 dicembre non si inceppano per i piatti, ma per i dettagli. E no, non è sfortuna: è mancanza di metodo.
L’invito: il primo gesto che fa la differenza
Per provare a rimettere ordine senza trasformare il pranzo o la cena in un corso accelerato di buone maniere, abbiamo chiesto una bussola ad Alberto Presutti, formatore specializzato in procedure e codici comportamentali nell’ospitalità e consulente di bon ton e galateo nell’accoglienza. Il suo è un approccio che parte da un’idea molto concreta: «Quando un Natale riesce, raramente è merito del caso». In sostanza, «una sequenza di scelte fatte bene prima, una dopo l’altra, dalla prima telefonata fino ai saluti finali sulla porta». Il punto di partenza, appunto, è l’invito.

L'invito per il pranzo o la cena di Natale va fatto via telefono
E sì, anche quando si parla di famiglia: «A Natale l’invito non andrebbe mai fatto con un messaggio frettoloso. Una telefonata, fatta con il giusto anticipo, crea subito un altro clima». È una questione di attenzione, non di forma. Perché sì, chiamare significa prendersi tempo e, già in quel momento, chiarire aspetti pratici che poi evitano imbarazzi: come ad esempio, intolleranze, scelte alimentari, abitudini che nel tempo possono essere cambiate. Dare per scontato che “tanto mangia tutto” è uno degli errori più comuni.
Ospiti sì, improvvisazioni no
Dopo l’invito entra in gioco il comportamento degli ospiti. Qui uno degli inciampi più frequenti nasce dalle migliori intenzioni: presentarsi con del cibo senza aver avvisato. «A Natale la cucina è già organizzata, i frigoriferi sono pieni e i tempi sono calcolati - dice Presutti. Arrivare con una teglia a sorpresa rischia infatti «di creare più problemi che piacere. Meglio quindi accordarsi prima con i padroni di casa o scegliere un pensiero che non interferisca con il servizio».
Accogliere davvero: la casa e chi la vive
Quando arriva il giorno della cena o del pranzo, la casa diventa il primo spazio di accoglienza. Non serve trasformarla in una vetrina. Ordine e pulizia sono la base, ma c’è qualcosa che conta di più: la presenza di chi ospita. «All’orario di arrivo degli invitati, i padroni di casa dovrebbero essere già disponibili ad accogliere, non ancora immersi fra pentole e fornelli o alle prese con le pulizie tardive, quelle dell’ultimo minuto che fanno fare brutta figura». Sentirsi ricevuti, salutati con calma, fa partire il pranzo o la cena nel modo giusto.

I padroni di casa devono farsi trovare pronti al momento dell'arrivo degli ospiti
Ma il clima, sottolinea Presutti, «passa anche dalle conversazioni». Natale è infatti un momento di condivisione, e non è l’occasione ideale per tirare fuori vecchie ruggini o temi divisivi. Allo stesso tempo, da parte degli ospiti, commentare l’allestimento della casa, l’albero o il presepe secondo il proprio gusto personale è una caduta di stile piuttosto diffusa. «I gusti dei padroni di casa vanno sempre rispettati». La casa racconta chi la abita, e non chiede giudizi. E questo deve essere un aspetto molto chiaro a chi viene ospitato.
La tavola: ordine, equilibrio, misura
Poi c’è la tavola, che a Natale è ancor di più il centro di tutto. E qui il galateo serve soprattutto a dare ordine. Una tovaglia in tessuto, colori legati alla festa (come il verde bosco oppure il rosso scuro), piatti coordinati con un sottopiatto che eviti l’effetto tovaglia scoperta. «I bicchieri dovrebbero essere almeno tre: vino rosso, vino bianco e acqua». Il flûte può arrivare al momento del brindisi. Il centrotavola, se presente, meglio basso e non profumato, per non ostacolare sguardi e conversazioni. Pane già al posto, acqua in caraffa, candele accese prima di sedersi: dettagli semplici che tengono insieme l’insieme.

I colori delle decorazioni devono essere legati alla festa
Anche la disposizione dei posti ha il suo peso, soprattutto quando a tavola si ritrovano parenti che magari non si vedono tutto l’anno. Via libera ai segnaposto (meglio semplici, decorativi), ma attenzione: le coppie sposate non siedono accanto, mentre i fidanzati sì. I ragazzi sopra i 14 anni possono stare con gli adulti; per i più piccoli, invece, se lo spazio lo consente, un tavolo dedicato permette a tutti di vivere meglio il momento. Gli anziani meritano un posto d’onore, mentre i padroni di casa siedono a capotavola, diventando il punto di riferimento naturale.
Il servizio e i piccoli gesti che tengono il clima
Il servizio segue poi una logica lineare. «Si parte dalle persone più anziane, prima le signore e poi i signori - puntualizza Presutti - e chi ospita si serve per ultimo». Le posate (due/tre per portata, senza riempire il coperto “per scena”) si usano dall’esterno verso l’interno; il coltello da pesce serve a togliere la pelle, non a tagliare. Il tono di voce può essere allegro, senza diventare invadente. È una festa, ma resta una tavola condivisa».
Ci sono poi quei piccoli gesti che spesso passano inosservati: per esempio, una forchetta che cade non si raccoglie a mani nude (ma con un tovagliolo) e il cellulare resta lontano dalla tavola. «È un oggetto poco igienico e soprattutto distrae» osserva Presutti. A tal proposito, foto e video possono aspettare: abusarne rischia di far sentire qualcuno messo da parte, soprattutto quando ci si rivede dopo tanto tempo. Attenzione: se poi la conversazione rallenta o qualcuno resta in silenzio (anche a causa degli schermi accesi), il compito di rimettere in circolo le parole spetta ovviamente a chi ospita. Coinvolgere, fare una domanda, evitare che qualcuno resti ai margini è parte dell’accoglienza. Allo stesso modo, eventuali battibecchi non vanno alimentati. «Nessuno dovrebbe schierarsi» sottolinea Presutti.

Durante il pranzo o la cena non bisogna abusare con foto e video
Terminato il pasto, arriva il momento più atteso, il brindisi, con spumante o champagne, che arriva quando la tavola comincia a rilassarsi e si fa guardandosi negli occhi, senza fretta. Subito dopo entrano in scena i dolci, magari qualche proposta di pasticceria secca, e se lo spazio lo consente il consiglio è di alzarsi e cambiare ambiente. Spostarsi in salotto per il caffè aiuta a chiudere la parte “ufficiale” della cena e ad accompagnare la serata verso un tono più informale. «Berlo a tavola è sempre un po’ triste» osserva Presutti, perché segna una fine brusca, mentre il movimento permette alla conversazione di continuare con naturalezza. È anche il momento in cui, senza forzature, possono arrivare i giochi natalizi: tombola, carte, piccoli passatempi. Chi ha voglia partecipa, chi preferisce restare a chiacchierare non dovrebbe sentirsi fuori posto.
Gli errori che rovinano il Natale (più di un arrosto secco)
Ecco alcuni piccoli gesti che possono diventare grandi disastri relazionali:
- Invitare all’ultimo minuto dando tutto per scontato
- Presentarsi con cibo non concordato “per fare cosa gradita”
- Arrivare mentre chi ospita è ancora in affanno
- Essere in ritardo nei preparativi mentre gli ospiti arrivano all'orario concordato
- Commentare casa, tavola o presepe come fosse un concorso
- Parlare di temi divisivi perché “tanto siamo in famiglia”
- Tenere il telefono sul tavolo (e usarlo)
- Non capire quando è il momento di andare via
Regali e saluti: come chiudere senza inciampi
Dentro questa fase più rilassata si inserisce anche lo scambio dei regali, forse il passaggio più delicato dell’intera giornata. Il regalo può non piacere, succede, ed è proprio qui che entra in gioco il controllo delle reazioni. «In questi casi si ringrazia sempre, evitando di far trapelare delusione» ricorda Presutti, perché il gesto conta più dell’oggetto. Meglio evitare commenti infelici e, soprattutto, ricicli frettolosi: a Natale le figuracce hanno memoria lunga. Un eventuale pensiero dei padroni di casa, se previsto, segue un’altra strada. Può essere lasciato sul posto a inizio cena o consegnato come segno di benvenuto, senza sovrapporsi allo scambio dei regali e senza rubargli la scena.

I regali devono sempre essere apprezzati
A quel punto, senza bisogno di annunci ufficiali, si arriva naturalmente ai saluti. Quando la stanchezza comincia a farsi sentire, non serve dichiararla. «Gli ospiti dovrebbero cogliere il momento e congedarsi» conclude Presutti, comprendendo che per chi ha ospitato la serata non è ancora finita e che ci sono tavole da sparecchiare e cucine da rimettere in ordine (nonché la pulizia dei pavimenti e dei servizi igienici). Anche saper andare via al momento giusto, in fondo, è parte di quella buona educazione che rende il Natale più leggero per tutti.
L’equilibrio che rende il Natale possibile
In fondo, il galateo natalizio non è un esercizio di forma, ma di rispetto. Serve a rendere la convivenza più fluida, a proteggere l’atmosfera, a evitare che una giornata pensata per stare bene insieme si trasformi in una prova di resistenza. Saper invitare, accogliere, conversare e anche congedarsi al momento giusto è una forma di attenzione verso gli altri - e verso se stessi. Perché il Natale riesce davvero solo quando nessuno ha l’impressione di doverlo “sopportare”.