Nel 2020, complice il lockdown, i consumi alimentari degli italiani si sono dovuti orientare sul domestico con l’Horeca sigillato per mesi. Per quanto riguarda la carne, hanno interessato le carni avicole, con pollo e tacchino che hanno fatto un balzo del 10,7% in valore, e quelle suine che sono schizzate al +15%. Crescita invece a una cifra per i bovini, che si sono attestati al 6,4%.
Attraverso il marchio si certifica lo stretto legame tra la razza e il territorio, la tradizione e le modalità di allevamento
D’altro canto, una carne di pregio come la
scottona ha continuato a crescere con un
incremento del 24% in valore. Le tendenze di consumo si sono divaricate favorendo per un verso i prodotti a prezzo più conveniente e per l’altro l’alto di gamma, sempre più correlato al territorio e al
benessere dell’animale.
A dicembre 2019 erano censiti
2,4 milioni di bovini da carne, in
100mila allevamenti in prevalenza tra Piemonte, Veneto e Lombardia. Ma la produzione nazionale è in grado di
coprire solo il 55% della domanda e le
importazioni sono quindi necessarie. Prima del Covid la ristorazione, anche per diversificare l’offerta, si rivolgeva ai
prodotti premium di importazione in parallelo alla ricerca tra le nostre numerose
razze di pregio. Razze che rappresentano una
filiera virtuosa certificata dal marchio Igp.
Vitellone bianco dell’Appennino centrale di razza Chianina
Dove ci sono gli allevamenti c’è una presenza umana che si prende cura del territorio «Il marchio
Igp - ha dichiarato
Andrea Petrini, direttore del Consorzio del Vitellone bianco dell’Appennino centrale - tutela la carne di bovini di
razza Chianina, Marchigiana o Romagnola nati e allevati nell’area tipica di produzione, in allevamenti aderenti al sistema di certificazione, svezzati a latte materno e allevati secondo specifiche condizioni stabilite dal disciplinare. Si tratta prevalentemente di animali allevati per diversi
mesi al pascolo, in piccole aziende distribuite in un territorio marginale come quello dell’Appennino centrale. Il disciplinare norma ogni fase della filiera, dalle caratteristiche dei
foraggi, esclusivamente di produzione locale, alle modalità di lavorazione e alla vendita della carne. Il marchio è riconosciuto dal 1998 ed è stato richiesto dai produttori per tutelare un
prodotto tradizionale del territorio. Questo tipo di allevamento, prevalentemente
estensivo, è molto più costoso dell’allevamento intensivo basato su grandi numeri, ma garantisce una
diversa qualità delle carni che dipende per il 50% circa dalla razza dell’animale e per il restante 50% dalle condizioni di allevamento e lavorazione. Quando si parla di Chianina, per esempio, si indica solo una razza, ma può anche essere importata da qualsiasi parte del mondo. È solo attraverso il
marchio Igp Vitellone bianco dell’Appennino centrale che si certifica lo stretto legame tra la
razza e il
territorio, la tradizione e le modalità tipiche di
allevamento e di
alimentazione. Non dimentichiamo poi anche l’aspetto sociale svolto dagli allevamenti estensivi legati soprattutto alle zone marginali: dove ci sono gli allevamenti, c’è una presenza umana che si prende cura del territorio e c
ontrasta i problemi legati all’abbandono, come il dissesto idrogeologico».
La carne di pregio ha continuato a crescere in valore
Vitellone bianco dell’Appennino centrale: una nicchia consolidata«Oggi
la ristorazione e le mense scolastiche assorbono una fetta significativa della produzione - aggiunge Petrini - possiamo dire che si tratta di una nicchia consolidata, molto importante per il territorio: la carne a
marchio Vitellone bianco dell’Appennino centrale rappresenta
poco più dell’1% delle macellazioni di bovini che hanno luogo in Italia ogni anno, ma raccoglie quasi il 90% dei bovini delle tre razze tipiche, allevati nel Centro-Sud Italia».
Al
supermercato, di contro, il
ventaglio di scelta e di prezzo è molto ampio. Al consumatore vengono date
mille informazioni, ma non tutte quelle necessarie a fornire il quadro completo. L’
etichetta deve riportare quelle relative al luogo di nascita, all’allevamento e alla macellazione, ma non sono sempre presenti indicazioni chiare sulle
modalità di allevamento (estensivo o intensivo).
Per informazioni:
www.vitellonebianco.it