Stiamo vivendo un momento di paradosso e incertezza che ogni giorno ci mette sempre più di fronte a realtà mai immaginate in passato e a fatti stravolgenti che non ci permettono di vedere un futuro accettabile. Continuiamo ad indignarci di fronte a regole imposte agli operatori del settore F&H (Foodservice & Hospitality), ritenute ininfluenti per contrastare la pandemia, come per esempio le chiusure serali, ma ci ostiniamo con invidiabile fermezza a renderci conto che se da domani arriverà la tanto attesa via libera alle aperture, tante saracinesche rimarranno ugualmente chiuse. Altri tanti esercizi sopravviveranno ancora per poco, alimentando in lenta e dolorosa agonia il cerchio preannunciato dei danni incalcolabili della pandemia.
Il settore Foodservice e Hospitality è pronto a voltare pagina
La pandemia sul mercato del Foodservice e dell'Hospitality
In un paese come l’Italia dove è presente oltre il 30% degli
esercizi ricettivi a livello europeo - la seconda nazione dopo il Regno Unito per presenze straniere e tra i primi 4 paesi Ue per presenze negli esercizi ricettivi - la battuta d’arresto sarà devastante, drammatica e assai improbabile da risanare.
I dati Ocse citano un calo del 60%-80% dei
flussi turistici globali e i dati Unwto
perdite di fatturato superiori a 1.100 miliardi di euro, indicando che per rialzarsi e recuperare ci vogliono ben altre misure che l’amaro boccone dei
sostegni insufficienti e tardivi. Diciamocelo chiaramente e senza fronzoli: non sarà facile e semplice, nè tanto meno indolore,
ripartire.
Riportare a regime le attività F&H, che solo nel 2020 hanno subito 160 giorni di chiusure forzate, con 22mila imprese già scomparse e
243mila posti di lavoro persi (dati Fipe), sarà una vera impresa (sfida) non alla portata di tutti.
Le discutibili decisioni del Governo
Lavorare a singhiozzo tra “
Stop and Go” o con “Orari Strampalati” a seconda del
colore delle zone, non è comprensibile, neppure all’insegna della
prevenzione e del controllo della pandemia. Come se dicessimo al virus di dormire di giorno e infettare di notte. Certo è che certi
comportamenti rilassati, anche incoscienti, di gruppi di persone giovani e non solo, non aiutano a migliorare il contenimento della pandemia.
La domanda che tutti i ristoratori dovrebbero porsiAprire e poi chiudere senza sapere quando riaprire, impedisce qualsiasi tipo di programmazione e
non aiuta le imprese. Significa perdere passione, clienti, incassi e non sostenere i propri collaboratori, soprattutto fa perdere la voglia di rimanere in campo. Gli operatori vogliono
lavorare, non hanno bisogno del sostegno al reddito, il
reddito lo vogliono portare a casa con il lavoro di ogni giorno, servendo i propri clienti.
Sembra un gioco sostenuto da mancanza di visione, regole miopi, zone colorate e sfumature politiche che però hanno avuto la forza di intervenire con il DL 19/03/21 per annullare d’urgenza, a pochi giorni dall’entrata in vigore del nuovo DL 27/21 previsto per il 24/03/21, l’abrogazione dei
reati alimentari di cui all’art. 5 della legge 283/1962. Si stava eliminando un caposaldo con cui il nostro legislatore vietava l’impiego nella preparazione di alimenti o bevande, vendita, detenzione per la vendita o somministrazione anche ai dipendenti, o comunque la
distribuzione per il consumo, di sostanze alimentari “inadatte o dannose al consumo umano”, direbbe il Reg. CE 178/02.
Svista, ignoranza o paradosso? No comment. Progettare e controllare, così come prevenire e limitare la gestione dell’emergenza, è una regola ben conosciuta dagli operatori responsabili del
settore alimentare attraverso la predisposizione di un sistema di gestione della sicurezza alimentare basato sull’
analisi del rischio, al fine di tutelare la salute dei consumatori e proteggere la reputazione dell’impresa. I
sistemi di gestione ci insegnano che l’analisi Swot (punti di forza e debolezza, minacce e opportunità) è un metodo valido e duraturo per analizzare i processi gestionali e organizzativi di ogni Impresa, anche e soprattutto nei momenti di difficoltà.
Il cibo non passerà mai di moda, ma saranno richiesti un nuovo modello di business e più cultura alimentare
Ciò che devono iniziare gli imprenditori F&H è porsi le domande giuste al momento giusto e il momento giusto è arrivato, proprio oggi, perché bisogna reagire adesso e non dopo, per trovarsi pronti per il domani quando, ci auguriamo tutti, si ripartirà. È giunto il momento di renderci conto che il comparto F&H, proprio perché rappresenta la parte frontale della
filiera alimentare, quella che unisce prodotto con accoglienza e servizio, assumerà un volto e logiche di
business diversi e la fase attuale di transizione, con tutte le difficoltà e insidie quotidiane, esige con urgenza prima di tutto un cambiamento radicale a livello culturale che si deve materializzare in azioni concrete.
Servono nuovi modelli di business, servono strategieQuello che soprattutto conterà, da qui in avanti, sarà lo
sforzo che dobbiamo compiere a tutti i livelli per la diffusione a larga scala di una “
cultura della sicurezza alimentare”, a cui il nuovo Reg. UE 2021/382 dedica un capitolo specifico, intesa come l’impegno degli Osa e dei manager aziendali a informare-
formare-addestrare tutti i collaboratori per prevenire malattie trasmissibili con gli alimenti e stati di allerta sanitaria.
Superato il problema sanitario dovuto al Covid-19, per la maggioranza degli imprenditori rimarrà da sciogliere il complesso rebus economico-finanziario che continuerà ancora a lungo a paralizzare e limitare anche i consumi, pertanto è fondamentale in questo momento riuscire a studiare, individuare e anticipare le
tendenze di cambio del mercato e le
nuove abitudini dei consumatori.
Far ritornare nei locali i clienti, riacquisire la loro fiducia, comunicando e relazionandosi con loro, attivando strumenti di
marketing innovativi e digitali dovrebbero essere tra le priorità degli operatori, insieme all’innovazione a livello produttivo e di offerta di
servizi.
E se da domani si riapre, che facciamo? Guardiamo con fiducia il futuro, affrontiamo come sempre le sfide con vigore, consapevoli del fatto che il buon cibo non passerà mai di moda, ma alcune (se non tante) delle buone pratiche di business che abbiamo utilizzato fino a ieri, dovranno necessariamente rimanere nel passato, sepolti con il Covid.
Thomas Edison, l'imprenditore americano che nel 1879 brevettò la lampadina a incandescenza ci aiuta a riflettere con un acuto aforisma: «Il dottore del futuro non darà medicine, ma invece motiverà i suoi pazienti ad avere cura del proprio corpo, alla dieta, ed alla causa e prevenzione della malattia».
Per informazioni:
www.giubilesiassociati.com