Giornalista, scrittrice, narratrice digitale, sommelier, enogastronoma e imprenditrice, Adua Villa è una curiosa globetrotter del vino e si è data una missione: comunicare questo mondo senza le sovrastrutture che lo allontanano dal pubblico, soprattutto dei più giovani. In questo senso, la sommelier che bucò il video dagli studi de "La Prova del Cuoco" e che gioca intorno al calice dai microfoni di Radio Deejay, oltre ad aver ricevuto il Premio di Italia a Tavola nel 2012 come personaggio dell'anno, parlando di vino in maniera pop, cerca nuove strade per far capire la complessità dell’esperienza culturale del bere con consapevolezza.

Adua Villa è giornalista, scrittrice, narratrice digitale, sommelier, enogastronoma e imprenditrice
Racconta i suoi viaggi nel mondo del food & wine attraverso social media e magazine (F e Natural Style del gruppo Cairo), è autrice e voce con Francesco Quarna del podcast Deejay Wine Club - La Cantina di Radio Deejay e in questo fine settimana - dal 17 al 19 maggio al Palazzo del Ghiaccio di Milano - è al timone dell’area degustazioni del Best Wine Stars, coinvolgendo e divertendo il pubblico per tre giorni tra assaggi e ironia. Ecco perché con l’istrionica Villa abbiamo cercato di capire quali siano i codici di comunicazione da adottare per abbattere la barriera di rigidità che troppo spesso circonda il vino come esperienza.
Adua Villa, il vino è inascoltato
Adua, sembra che da qualche tempo il vino soffra di una sindrome da inadeguatezza (al mercato, ai giovani, alla salute). Qual è il percorso comunicativo che può funzionare per uscire da questa sindrome?
Il vino non è inadeguato, è inascoltato. È il linguaggio attorno al vino che spesso si è fatto autoreferenziale, elitario, distante. Uscire da questa “sindrome” significa umanizzare la comunicazione, renderla empatica, aperta, multidimensionale. Il vino non è solo un prodotto, è un racconto che parla di territori, persone, scelte etiche e ambientali. Serve un cambio di paradigma: parlare con i codici del presente senza perdere l’identità. Valorizzare il contenuto culturale ed esperienziale del vino con strumenti contemporanei come i social, i podcast, i video brevi, l’infotainment. Il percorso giusto è quello che mette il consumatore al centro, non più solo il produttore.

Best Wine Stars è una manifestazione nata 6 anni fa
Con Best Wine Stars proponete un approccio immediato per i consumatori. Come si articola? Funziona?
Best Wine Stars è una manifestazione che nasce 6 anni fa con un’intenzione molto chiara: creare un punto di contatto diretto tra produttori e consumatori, rendendo il vino un’esperienza da vivere, non solo da assaggiare. Degustazioni accessibili, storytelling semplice e coinvolgente, uno spazio dove anche chi non è un tecnico si sente accolto. Funziona perché apre il mondo del vino, e ora anche degli spirits a un pubblico vasto ed eterogeneo, che vuole capire senza sentirsi giudicato. E soprattutto perché dà voce a piccole e medie realtà che hanno storie vere da raccontare. Ne è la prova che arriviamo sempre con sold-out per le masterclass e una lista d’attesa che doppia la capienza delle sale.
Adua Villa: i giovani sono consumatori consapevoli
In questo contesto, come si muovono i giovani? E chi sono i giovani per il mercato del vino e alcolici?
I giovani oggi sono consumatori più consapevoli, trasversali, digitalizzati. Ma soprattutto sono individui che chiedono senso. Non comprano più solo per status, ma per identità. Vogliono prodotti coerenti con i loro valori: sostenibilità, trasparenza, inclusività. Ma vorrei sfatare, in questa risposta, il contesto generazionale: Per il mercato non sono solo “Gen Z” o “Millennials”, sono tutti coloro che, a prescindere dall’età, hanno uno spirito giovane nel modo di scegliere e di raccontarsi. Il target si è sfumato. È giovane chi è curioso, chi vuole esplorare.

Per Adua Villa, il vino non è solo un prodotto, è un racconto che parla di territori
È vero che i giovani non amano più il vino? E qual è la lettura più sensata?
Non è vero che non lo amano. È vero che non lo riconoscono più. Il vino spesso parla con un linguaggio antico a persone che cercano significati nuovi. I giovani amano le storie vere, le esperienze condivisibili, l’accessibilità senza snobismi. Vogliono sapere perché un vino è così, chi lo fa e con quali scelte, ma ti dirò anche il contrario di tutto questo, nel senso: bevono un calice, passano un bel momento, e non si fanno molte domande… Eppure sembra che questo non lo accettiamo, o meglio, non lo concepiamo, ed è qui che sbagliamo. La lettura più sensata? Non sono i giovani ad essersi allontanati dal vino, è il vino che deve imparare a camminare al loro fianco.
Adua Villa: nel vino, l’AI può fare molto
Come si dialoga con i nuovi consumatori?
Con autenticità, empatia e strumenti evoluti. I nuovi consumatori si muovono tra canali digitali, community, micro-influencer. Amano le recensioni sincere più delle note di degustazione tecniche. Per dialogare con loro bisogna ascoltarli, non solo intercettarli.

I nuovi consumatori amano le recensioni sincere più delle note di degustazione tecniche
Lei ha scritto un libro con l’AI… come aiuta il vino l’AI?
L’Instant book “Tutto in una notte” nasce proprio da un dialogo: tra me e l’intelligenza artificiale, tra emozioni umane e potenzialità tecnologiche, quando l’AI era appena atterrata e ancora non sapevamo cosa fosse veramente. L’AI non sostituisce la sensibilità di chi scrive, ma può essere una leva straordinaria per accelerare idee, organizzare contenuti, stimolare nuove narrazioni. Nel vino, l’AI può fare molto: analizzare tendenze di consumo, personalizzare esperienze di degustazione, supportare la sostenibilità in vigna, migliorare la comunicazione delle aziende verso un pubblico sempre più diversificato. Ma il punto non è la tecnologia in sé: è l’uso che ne facciamo. L’AI ci aiuta se restiamo umani.
Perché il vino è un prodotto culturale?
Il vino è il risultato di un sapere che si tramanda, di una relazione millenaria tra uomo, terra e tempo. È cultura perché racconta la storia dei luoghi, le scelte agricole, le tradizioni familiari, le influenze artistiche e sociali di un territorio. In Italia, ogni vitigno autoctono è un dialetto della terra. Ogni bottiglia è un’opera collettiva: c’è dentro la geologia, il clima, ma anche la poesia, l’artigianalità, le sfide del presente. Il vino è cultura perché non si beve solo per sete, ma per significato. È un archivio liquido della nostra identità.

In Italia ogni vitigno autoctono è un dialetto della terra
Serve ancora la televisione per dare informazioni sulla cultura del vino?
La TV può ancora essere uno strumento strategico, ma deve dialogare con i nuovi media: crossmedialità, storytelling autentico, contaminazioni con il food, il design, il viaggio. Il vino, per essere raccontato bene, ha bisogno di contesto. E la televisione, se ben pensata, può offrirglielo, altrimenti rimane poco perforante per il prodotto vino.
Adua Villa: identità e autenticità alla base dello storytelling del vino
Dove si muovono le tendenze del consumatore, in target vino, di oggi?
Si muove su tre direttrici principali: valore, esperienza, identità. Non cerca solo un buon prodotto, ma una storia in cui riconoscersi. Vuole sapere chi c’è dietro una bottiglia, come viene fatta, perché dovrei sceglierla rispetto ad altre. La tracciabilità, l’impegno etico, la sostenibilità ambientale non sono più “plus”: sono premesse. Cresce l’interesse verso i vini artigianali, biologici, biodinamici, low intervention, low alcol. Ma cresce anche il desiderio di divertimento e semplicità, insomma vini più immediati. E poi c’è la componente digitale: si segue un produttore su Instagram, si ascolta un podcast mentre si cucina. Il vino entra nella quotidianità attraverso linguaggi nuovi.

Valore, esperienza, identità: le tre tendenze nel mondo del vino
Quali sono le sfide che il consumatore di vino vive oggi in rapporto al vino?
Oggi il consumatore si muove in un panorama vasto, frammentato e spesso disorientante. La prima grande sfida è la comprensione: parole di difficile interpretazione, tecnicismi, tante denominazioni, il vino parla un linguaggio che non tutti capiscono, e questo crea distanza. Poi c’è la fiducia: tra marketing, storytelling costruiti e realtà produttive poco trasparenti, il consumatore cerca autenticità. Vuole sapere cosa beve, da dove arriva, come è stato prodotto. C’è anche una sfida culturale: il tempo. Viviamo in un’epoca di consumo veloce, e il vino invece chiede lentezza, ascolto. Ma può essere anche questo il suo superpotere, se raccontato bene. Infine, la questione ambientale e salutistica: il consumatore è sempre più attento alla sostenibilità e agli effetti sulla salute. In sintesi: il vino deve diventare un alleato, non un enigma