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Montelio guarda al passato e rivisita il suo vecchio "Champagne"

Stefano Calvi
di Stefano Calvi
15 dicembre 2020 | 13:00

L’emergenza Coronavirus ha bruscamente rallentato il mercato. Ma non ha fermato gli obiettivi aziendali della storica Tenuta Montelio di Codevilla (Pv). Una storia di famiglia lunga più di 200 anni, un’azienda insediata sulle vestigia di un ex monastero benedettino che già nel 1200 coltivava la vite, una realtà diventata nel tempo punto di riferimento di un territorio ad altissima vocazione vinicola.

La famiglia di Tenuta Montelio - Oltrepò, Montelio guarda indietro Rivisita il suo vecchio Champagne

La famiglia di Tenuta Montelio

Il ritorno dello "champagne" Montelio
Con il nuovo anno, il 2021, si concretizzerà una bollicina firmata Montelio. Un ritorno al passato quando la stessa cantina è stata, a fine '800, una delle realtà più attente a questa lavorazione, tanto che Domenico Mazza, il trisnonno delle attuali titolari, Giovanna e Caterina Brazzola, produceva il cosiddetto Champagne Montelio. Ne esistevano due etichette, la carta verde e quella bianca, lo esportava addirittura in America.

A spiegarci questo gradito ritorno, un segnale importante per l’Oltrepò Pavese che vuole guardare oltre la crisi, è Giovanna Brazzola: «Sarà un 36 mesi sui lieviti, vendemmia 2017 e tiraggio l’anno successivo. Un prodotto nobile, nato in cantina grazie alla caparbietà di mio figlio Edoardo, 26 anni, con esperienze passate in Franciacorta. L’obiettivo sarà quello di far rivivere la nostra storia e il nostro passato glorioso che si basava, ad inizio '900, anche su questa tipologia di prodotto, poi abbandonata dalla nostra famiglia dopo la Prima Guerra Mondiale. Un progetto ambizioso che riporta in produzione il nostro metodo Classico, quello che quando ancora era concesso l’utilizzo del nome poi vietato dalla Francia, era lo Champagne Montelio. Conserviamo ancora oggi copie di etichette. Ci stiamo già lavorando, anche se dovremo aspettare l’anno prossimo per le prime bottiglie perché il Pinot Nero in purezza ha bisogno di molto affinamento. Il bello del vino è anche questo ed è un messaggio per le nuove generazioni: in un mondo che corre alla velocità della luce e spesso brucia tutto subito, questo lavoro ci ricorda che tempi lunghi e pazienza ripagano con risultati importanti e duraturi».

Tenute Montelio ha alle spalle 175 anni di attività - Oltrepò, Montelio guarda indietro Rivisita il suo vecchio Champagne
Tenute Montelio ha alle spalle 175 anni di attività

Anche D'Annunzio lo beveva...
Si dice addirittura che nel 1917, nella centralissima via Emilia a Voghera, “capitale” dell’Oltrepò Pavese, le guardie fermarono Gabriele D’Annunzio mentre sfrecciava a tutta velocità con la sua auto. Una volta riconosciuto, il Vate fu risparmiato dal pagamento della multa ma soprattutto fu invitato a sorseggiare un apprezzato champagnino Montelio al Bar Teatro. Questa è solo una delle tante testimonianze legate ad un prodotto storico che grazie all’impegno dell’azienda tornerà sui mercati a partire dall’anno prossimo.

Le nuove generazioni in tenuta
Tenuta Montelio, che nel 2018 ha festeggiato 215 anni di proprietà e 170 di attività, è una delle più antiche aziende vinicole dell’Oltrepò Pavese. Tramandata nella stessa famiglia per 8 generazioni, vede oggi alla guida le sorelle Caterina e Giovanna affiancate dai rispettivi giovani figli Roberto (si occupa della vigna) e Arianna (addetta alla comunicazione), Edoardo (l’uomo della cantina) e Irene (chef ed esperta di enogastronomia): quattro affiatati cugini che al termine dei loro percorsi di formazione hanno scelto di dedicarsi a tempo pieno all’azienda di famiglia assumendosi ciascuno un ruolo ben preciso, dalla campagna al marketing, dalla cantina all’accoglienza.

Grande attenzione anche all'accoglienza e alle degustazioni in cantina - Oltrepò, Montelio guarda indietro Rivisita il suo vecchio Champagne
Grande attenzione anche all'accoglienza e alle degustazioni in cantina

La proprietà prende il nome dal piccolo e suggestivo edificio esagonale della seconda metà dell’800 posto alla sommità della collina del vigneto, così battezzato perché costantemente esposto al sole. Una suggestiva cafè house, un belvedere che in passato è stata la sede di ricevimenti di caccia e di nobili feste e che, secondo i progetti dell’azienda, nei prossimi anni, potrebbe ritornare a rivivere con un progetto di recupero strutturale.

«Ci chiamano le “sorelle del vino” - spiega Caterina Brazzola - e questa cosa ci fa piacere. In effetti tra noi c’è molta sintonia che insieme all’attaccamento che condividiamo per Montelio è sicuramente la nostra forza: è un legame che significa anche rispetto per la nostra storia, la nostra famiglia, i progetti e l’impegno di chi ci ha preceduto. Per questo l’entusiasmo con cui tutti i nostri figli uno dopo l’altro hanno scelto di dedicarsi a tempo pieno all’azienda è stata la soddisfazione più grande e ci ha davvero riempite di gioia».

I terreni di proprietà si estendono su 78 ettari - Oltrepò, Montelio guarda indietro Rivisita il suo vecchio Champagne
I terreni di proprietà si estendono su 78 ettari

78 ettari in Oltrepò
I terreni di proprietà si estendono su una superficie di 78 ettari che comprendono coltivazioni di grano, erba medica, legumi e piante officinali. I 30 ettari con le caratteristiche pedoclimatiche migliori sono coltivati a vigneto specializzato. Si trovano in un unico appezzamento adiacente alla cantina. «In ogni scelta agricola e produttiva Montelio è sempre rimasta fedele al motto aziendale Natura Docens (La Natura Insegna ndr) scelto dal fondatore nell’800 e scolpito nello stemma ligneo tuttora visibile nell’antica tinaia, oggi sala degustazione - spiega Giovanna - Grazie anche al microclima favorevole e scarsamente piovoso, i vigneti sono condotti in regime di viticoltura integrata. I filari, disposti in parte a ritocchino, in parte a giropoggio, vanno da un’altitudine di 140 fino a 280 metri sopra il livello del mare e sono esposti da est a ovest. I vitigni coltivati sono principalmente autoctoni o ad alta vocazione: a bacca bianca Cortese, Riesling Italico e Renano, Moscato e Malvasia, a bacca nera Pinot Nero, Barbera, Uva Rara e Croatina. Sono infine tuttora presenti piccole coltivazioni di Muller Thurgau e Merlot risalenti al 1951, a testimonianza delle innovative e appassionate sperimentazioni praticate nell’immediato dopoguerra dall’ingegner Mazza. Lo Chardonnay è stato invece introdotto nel 1982».

Anche la vinificazione segue i canoni della qualità. In quest’ambito la ricerca è sempre volta al massimo rispetto della naturalità e integrità della materia prima e al minore impatto ambientale. Così spiega Giovanna Brazzola: «Il 100% delle uve utilizzate è prodotto nei vigneti di proprietà. La raccolta è svolta interamente a mano, sempre nelle ore più fresche della giornata, con una attenta selezione dei singoli grappoli, della loro sanità e dello stato di effettiva maturazione polifenolica. Vengono utilizzate cassette da 15-20 kg per tutte le uve a bacca bianca, per il Pinot Nero e per tutte le uve nere destinate ai vini riserva. Il trasporto in cantina è immediato grazie alla configurazione a corpo unico degli stabilimenti produttivi e alla loro adiacenza al vigneto».

I grandi rossi destinati all'invecchiamento sono quelli di maggior pregio per Montelio - Oltrepò, Montelio guarda indietro Rivisita il suo vecchio Champagne
I grandi rossi destinati all'invecchiamento sono quelli di maggior pregio per Montelio

Spiccano tra i vini Le Riserve, i prodotti iconici di Montelio
Nella Tenuta Montelio i prodotti più iconici sono le Riserve, vini strutturati, curati nel dettaglio sinonimo di finezza e qualità. Sono l’emblema di una produzione rappresentativa di vigneti come il Pinot Nero, il Merlot e di altri vitigni simbolo del territorio che danno vita ad un corposo blend. Sono lavorati in cantina solo quanto la qualità dell’uva è all’altezza e promette bene.

«Costarsa, Solarolo, Mirosa: sono i tre vini Montelio di maggior pregio, un Pinot Nero e altri due grandi rossi da invecchiamento prodotti in edizioni limitate frutto di un’attenta selezione delle uve, cure certosine in cantina, lunghi affinamenti - spiega Giovanna - Le Riserve sono proposte nella bottiglia storica progettata a metà del 1800 dal nostro trisnonno. L’affinamento in legno è destinato a questi prodotti, nati con le uve che provengono dai vigneti più antichi e vocati. Prima della fermentazione alcolica viene fatta una macerazione a freddo a circa 5-8°C per 3-5 giorni. Verso la fine della fermentazione i vini sono spostati nei legni dove terminano la fermentazione e svolgono la fermentazione malolattica naturalmente. Durante l’affinamento vengono rimesse in sospensione le fecce nobili e sono eseguiti periodici batonnage. Le barrique in uso sono di 225 litri a media tostatura in rovere francese per la maggior parte e in rovere austriaco in minima parte».

Anche la lavorazione in cantina delle riserve segue precisi canoni. «Proprio così – ci spiega, invece, il giovane enologo Edoardo Scanavino, figlio di Giovanna - La massa totale di ogni vino (Pinot Nero, Merlot, Barbera e Croatina) viene solitamente suddivisa in 4 porzioni del 25% ciascuna tra barrique nuove, barrique di secondo passaggio (che sono state utilizzate già una volta), barrique di terzo passaggio, barrique di quarto passaggio. I vini vengono assaggiati periodicamente da ogni barrique per individuare il momento giusto per l’assemblaggio delle diverse tipologie di barrique, selezionando le migliori e scartando le meno vocate. Mediamente il Pinot Nero affina 12-14 mesi, Barbera e Croatina per 16-18 mesi, il Merlot fino a 24 mesi».

Il Pinot Nero ad esempio affina per 12-14 mesi -. Oltrepò, Montelio guarda indietro Rivisita il suo vecchio Champagne
Il Pinot Nero ad esempio affina per 12-14 mesi

Una produzione notevole, rallentata dal Covid-19
Ampia la gamma dei vini tra i quali oltre a bianchi, rossi e rosati fermi, ci sono 3 frizzanti, 2 spumanti, un passito. Tutti i nomi scelti per i vini hanno un preciso riferimento al mondo Montelio, che sia legato ai vigneti (Stroppa, Solarolo, Comprino); alla storia (La Grangia, 17 Fiorile 1803); alla passione dei ragazzi per la fauna locale (Balestruccio, Nadòt). Un posto particolare ha il Merlot Riserva Mirosa, così chiamato in omaggio a Mirosa Sesia, mamma di Caterina e Giovanna, che ha condotto l’azienda fino al 1999. Oggi la produzione conta circa 100mila bottiglie cosi commercializzate: per l’80% in Italia ed il restante 20% all’estero (principalmente in Canada, Usa, Giappone, Inghilterra e Germania).

«Oggi la situazione legata alle vendite – spiega senza giri di parole Giovanna Brazzola – è particolarmente complicata a causa della pandemia Covid-19. Il mese peggiore è stato quello appena passato, novembre ha rimesso in ginocchio tutta la filiera legata al mondo dell’Horeca, dove principalmente orientiamo il nostro mercato. Fortunatamente ci sono rimasti vicini i nostri clienti privati, davvero tanti, che non hanno perso le loro abitudini di sorseggiare vini di qualità. Abbiamo quindi attuato strategie rivolte al dettaglio, cercando di andare incontro alle richieste di consegna dei singoli. Confidiamo in un 2021 diverso, che ci permetta di ridare impulso al settore dell’accoglienza su cui noi siamo particolarmente attivi. Crediamo fortemente nell’esperienza in cantina perché riusciamo a trasmettere tutta la nostra passione e la nostra storicità che trapela dai vigneti fino all’infernot e alla tinaia, dove riceviamo i nostri clienti».

Bianchi, Rosé e Rossi in degustazione
La degustazione parte dal Cortese 2019: gradevole all’occhio il giallo paglierino. Il naso è pulito e aromatico, aperto da note floreali poi ricco di sentori fruttati, che richiamano la pesca matura in particolare. L’assaggio è fresco ma di buon equilibrio allo stesso tempo. Buona la lunghezza. Si abbina ad antipasti principalmente di mare, a formaggi freschi ma anche a primi piatti, sempre di mare.

Abbiamo poi degustato il Nadòt, un Riesling renano in purezza che regala piacevoli sentori. Giallo paglierino intenso, al naso esprime belle e profonde note floreali affiancate da sentori fruttati di pesca gialla e di ananas. Una traccia minerale arriva al palato, ha una spalla acida ben definita. Ideale da accompagnare insalate di mare, risotti con verdure oppure come aperitivo.

Costarsa, Solarolo, Mirosa - Oltrepò, Montelio guarda indietro Rivisita il suo vecchio Champagne
Costarsa, Solarolo, Mirosa

Piacevole il Balestruccio, un rosé le cui uve base sono Barbera (20%), Pinot Nero (20%) e per il restante Uva rara. Di colore rosa chiaretto cristallino, al naso si esprime con sentori di delicati fiori rossi, principalmente la rosa canina, e note di frutti di bosco oltre ad una punta di melograno. Al palato si presenta di bella freschezza e sapidità. Equilibrato. Azzarderei un accostamento curioso con la pizza, la classica Margherita oppure una più complessa come la Quattro Stagioni.

Siamo passati ai rossi. Ci ha colpito la Gaìna 2019, ovvero un Rosso Igt nato dalla cosiddetta uva della cascina, vitigno autoctono. L’Uva della Cascina è uno dei vitigni autoctoni (pensate che verso la metà dell’800 erano presenti ben 225 varietà autoctone) recuperati grazie al lavoro svolto alla fine degli anni ’80 da Attilio Scienza dell’Università di Agraria di Milano, in collaborazione col Centro di viticoltura di Riccagioia. Venne piantato nell’azienda Montelio per la prima volta nel 1993 in un vigneto sperimentale assieme ad altre 13 varietà, tra cui Croà Rosso, Moradella, Moretto, Nibiò, Pignola, Uva di Mornico, Vermei e Vespolina. Al naso è intenso, si avverte immediatamente la frutta predominante, cigliegia soprattutto, seguita da una leggera aromaticità e uno speziato intrigante. Abbinamenti suggeriti, sicuramente piatti a base di carne della tradizione contadina: collo di oca o cappone ripieni, pollo alla cacciatora, spezzatino di manzo con piselli.

Corposa la Bonarda Grangia 2019, ovviamente Croatina in purezza che si esprime con un colore granata intenso; al naso emergono sentori che riportano alla classica marasca, ai piccoli frutti rossi e a fiori come la viola. Inevitabilmente al palato è ricca di tannini che si equilibrano con il residuo zuccherino tipico del vino. Ideale con salumi dell’Oltrepò Pavese.

Le grandi Riserve, dal Pinot Nero in purezza ai blend
Veniamo alle grandi riserve della Tenuta Montelio, quelle che hanno fatto la storia di questa realtà, imbottigliate nella bottiglia di famiglia, “anadima”, la cui forma è stata ripresa, per celebrare nel 1998 i 150 anni di attività dell’azienda, da vecchie bottiglie di fine ‘800 ritrovate nell’Infernot.

Partiamo dal Costarsa, Pinot Nero Riserva 2016, si presenta con un colore rosso rubino scarico alla vista, tipico del vitigno. Elegante il naso, dove diversi sentori di frutta a bacca rossa e nera si intrecciano a richiami terziari e speziati, tipici dell’affinamento in legno. Entra in bocca con un sorso di medio corpo, seducente e fasciante al palato, che scorre con la giusta linearità, appagando sempre il gusto. Piacevole la punta di cannella e pepe che si ammorbidisce con la vaniglia tipica del legno. Accompagna piatti impegnativi come tagliatelle al tartufo, cacciagione, agnello arrosto.

Proseguiamo con il Solarolo, un Rosso Riserva 2016, un blend di Barbera e Croatina in ugual misura. Nel bicchiere si presenta rosso rubino marcato, portandolo al naso emergono profumi complessi come frutta in confettura e ciliegie sottospirito. Al palato questi sentori sono maggiormente evidenti e si associano, grazie al passaggio in legno, a quelli di pepe nero, chiudi di garofano addolciti da cioccolato e caffè tostato. In questo caso l’accostamento è con carni brasate, lavorazioni corpose di cacciagione come la lepre in salmì.

Chiudiamo la degustazione con Mirosa, il Merlot 2013. Colore rosso rubino con riflessi granati. Al naso esprime un bouquet persistente con aromi fruttati e note vanigliate. Al palato è pieno, ampio, armonioso, con tannini morbidi e giusta freschezza. Nella lunghezza prevalgono note di cioccolato, caffè e pepe verde che garantiscono un accostamento impegnativo con primi piatti con sughi corposi di cacciagione o con formaggi stagionati.

Per informazioni: www.montelio.it


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