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Nuove forme di consumo del vino Scelte più oculate e maggiore soggettività

Viaggio nell'enologia francese (1) - Il clima di incertezza spinge a scegliere il vino attraverso un rapporto più sogettivo fra produttore, consumatore e luogo di consumo

di Giampietro Comolli
 
09 novembre 2013 | 13:41

Nuove forme di consumo del vino Scelte più oculate e maggiore soggettività

Viaggio nell'enologia francese (1) - Il clima di incertezza spinge a scegliere il vino attraverso un rapporto più sogettivo fra produttore, consumatore e luogo di consumo

di Giampietro Comolli
09 novembre 2013 | 13:41
 

La globalizzazione e un’economia di imitazione, di sfruttamento e di invasione evidentemente portano a trovare strade nuove, e anche a reclamare un diverso modo di organizzare e gestire la produzione e la produttività. La Cina è l’ultimo esempio. La diffusione trasversale commerciale, l’incertezza reddituale e l’obbligatorietà di privilegiare “beni di consumo necessari” spinge a scegliere e consumare il vino sempre più attraverso un rapporto soggettivo e privato fra produttore, consumatore e luogo di consumo. Ovvero la fedeltà di acquisto e di gusto è una questione individuale e non generalista dettata dai rapporti BtoC.

È l’ennesima dimostrazione che, indipendentemente dalla tipologia di vino o processo produttivo o etichetta Ue, si recupera un nuovo rapporto di consumo nei mercati dei Paesi produttori solo con un contatto continuo, assiduo, forte, diretto con il consumatore. In Francia, girando diverse cantine e anche ristoranti, non ho colto una crisi di consumi del vino in generale e di crisi dei consumi: ristoranti meno piene, scelte più oculate ma anche molta voglia di “andare incontro” da parte degli esercenti. È vero che 5 anni fa allo stesso tavolo o banco si spendeva di più, molto di più. Senza vergogna, stanno facendo un passo indietro tutti. Il cambiamento è epocale, siamo difronte a un momento globale estremamente difficile perché alcuni punti fermi sostanziali di rapporti e di mercato per i Paesi postindustriali sono mutati e muteranno a breve ancora di più.

Due premesse: il vino è storicamente legato ad andamenti ciclici, il vino sta entrando in mercati sconosciuti e diversificati. I consumi dei prodotti, compreso quelli strategici e indispensabili, nei Paesi cosiddetti ricchi (poi con i debiti sovrani si scopre che possono fallire da un momento all’altro) sono sempre più succubi di discontinuità, precarietà, resilienza, infedeltà, esternalità. Non si può assolutamente pensare di partire dai fenomeni a valle (mercato) per capire e programmare l’evoluzione mercantile e socio-economica degli atti di acquisto. Bisogna partire a monte.

Produzione e consumo sono i cardini della filiera che, difronte alla necessità di esporre un prezzo in linea con l’attualità, deve essere più corta possibile, rispettosa del valore aggiunto del vino al territorio e al sistema produttivo, ma anche attenta e misurata interprete di una domanda differenziata per diversi canali e parametri, mercati e paesi. L’offerta conta, ma meno, e in modo meno articolato, perché il consumatore ricerca immediatezza, semplificazione, personalità, accessibilità economica e commerciale.

I numeri del vino della Francia non sono poca cosa e la presenza, durante la vendemmia scorsa, proprio sulle piazze principali dei maggiori esponenti del governo a cominciare da Hollande e dal primo Ministro, ne è una testimonianza evidente: 44 milioni di ettolitri, circa il 40% esportato, circa il 75% imbottigliato, un valore medio all’origine della bottiglia sui 6 euro la bottiglia (è 8,90 il prezzo medio a bottiglia dei 480 milioni di bollicine, con 14,95 euro/medio in Champagne), circa 45 litri/procapite/annuo per il consumo nazionale, 10 miliardi euro il valore export contro, forse, il record italiano di 5 miliardi.

Il viaggio continua...

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