Sarà per il nuovo modo di fare politica, o forse perché - come dicono in tanti - questa è l’ultima occasione per allontanarci dal baratro. Sta di fatto che il nuovo Presidente del consiglio sembra rappresentare forse come nessuno prima di lui quella volontà di svolta e cambiamento auspicata dalla stragrande maggioranza degli italiani. E le reazioni alle prime decisioni shock per rilanciare l’economia (dalla liberalizzazione dei contratti nei primi tre anni di lavoro alla riduzione dell’Irpef per spingere i consumi) sono tutte di segno positivo. Dai sindacati come dalle organizzazioni delle imprese (prime fra tutte la
Fipe che, solitamente schierata a destra, ha approvato senza se e senza ma i provvedimenti annunciati) ci sono dei sostanziali apprezzamenti.
A parte le grida isolate dei soliti sfascisti a 5 stelle che si richiamo a quelle regole europee che dicono di volere abbattere, poco importa che Matteo Renzi debba lottare ogni giorno contro opposizioni pregiudiziali o contro un pezzo del suo partito che insegue sogni di una rivincita impossibile e nefasta per l’Italia. Pur in un’apparente solitudine dentro il Palazzo, il Sindaco d’Italia sta restituendo fiducia ed ottimismo ad un Paese prostrato, prima ancora che dalla crisi economica, da una casta politica e burocratica che sta giocandosi le sue ultime carte per mantenere posizioni di potere che rappresentano la vera palla al piede del nostro sistema.
Ed è forse su questo versante che attendiamo i veri risultati del Governo. Già l’avere voluto rimettere da subito in circolo gli investimenti stanziati da tempo o i pagamenti della Pubblica amministrazione, bloccati dalla burocrazia, è un risultato straordinario. Si tratta di un muro che né Monti né Letta erano riusciti a scavalcare. Questo muro però ora va abbattuto e vanno liberate risorse ed energie per ridare fiato all’economia e creare occupazione. E per fare questo si devono dare segnali importanti: oltre ad eliminare il bicameralismo e le province, vanno ridotti almeno alle medie europee stipendi ed emolumenti dei
mandarini, quei
dirigenti e amministratori di enti pubblici che di fatto non rispondono a nessuno del loro operato. Le piccole imprese italiane (e per quanto ci riguarda tutta la filiera agroalimentare e i pubblici esercizi) devono contare su un sistema di controlli certi ed efficienti e su una burocrazia “utile” non capace solo di frenare. È su questo piano che Matteo Renzi si gioca davvero la sua scommessa di rivoltare l’Italia e assicurare aria nuova.