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Pizza e Cucina italiane, non perdiamo il “treno” dell’Unesco

Garantire una tutela Unesco, oltre che alla Pizza, al nostro modo di intendere la Cucina, sarebbe un modo per tutelare la nostra unicità e fare chiarezza riguardo ai tanti ristoranti che di italiano hanno solo il nome

di Alberto Lupini
direttore
 
26 giugno 2017 | 11:28

Pizza e Cucina italiane, non perdiamo il “treno” dell’Unesco

Garantire una tutela Unesco, oltre che alla Pizza, al nostro modo di intendere la Cucina, sarebbe un modo per tutelare la nostra unicità e fare chiarezza riguardo ai tanti ristoranti che di italiano hanno solo il nome

di Alberto Lupini
direttore
26 giugno 2017 | 11:28
 

E dopo la Pizza anche la Cucina italiana (con la definizione “nel mondo”) si mette in gioco per ottenere il riconoscimento dell’Unesco come Patrimonio dell’umanità. Dopo innumerevoli monumenti e ambienti, anche per i più autentici simboli dello stile di vita italiano, si potrebbe aprire la strada di una tutela che coronerebbe gli sforzi in atto da tempo per dare valore aggiunto ad un aspetto centrale della nostra Cultura e della nostra immagine come popolo.

Pizza e Cucina italiane, non perdiamo il treno dell’Unesco

Per la pizza la strada è da tempo tracciata e a breve si dovrebbe raggiungere il traguardo dei due milioni di firme a sostegno di una candidatura che ha lo scopo di tutelare e promuovere il piatto più conosciuto a livello internazionale, ma anche il più taroccato e quello di cui molti nel mondo nemmeno conoscono l’origine partenopea, almeno nella versione oggetto di questa iniziativa. Materie prime, tecniche di lavorazione e di cottura sono ciò che caratterizza una vera pizza. Ed è su questi aspetti che siamo chiamati ad una sfida importante per valorizzare un’originalità che si porta con sé una promozione di prodotti e, soprattutto, di un turismo consapevole.

Se la battaglia per la tutela Unesco è fondamentale, ugualmente importante è la neonata iniziativa per tutelare anche la Cucina italiana, oggi la più seguita al mondo, ma la meno protetta e sostenuta dalle istituzioni. Al punto che a spingere in questa direzione sono proprio i cuochi italiani nel mondo che, pur al centro di un crescente interesse di consumatori di ogni Paese, si trovano di fatto senza rete. Eppure è proprio grazie a questi veri ambasciatori della nostra cultura dell’accoglienza e dello stare a tavola che l’Italia è diventata la meta principale di un fenomeno internazionale come il turismo gourmand.

È grazie alla coerenza e alla professionalità di questi professionisti (oltre agli usi e alle abitudini tramandate da generazioni di migranti...) che l’Italia oggi ha un nome nel campo dell’enogastronomia e i nostri prodotti sono ricercati, in Brasile come in Cina, a Los Angeles come a Durban. Spesso i nostri cuochi hanno però difficoltà a trovare materie prime in molti Paesi nel mondo. In molti casi la colpa è di dazi elevati o di normative tese a scoraggiare le importazioni. Ma il problema molte volte è legato all’indifferenza con cui le istituzioni italiane non si sono mosse per tempo, a differenza di quanto hanno fatto invece i francesi.

Riuscire a garantire una tutela Unesco al nostro modo di intendere la Cucina sarebbe anche un modo per fare chiarezza riguardo ai tanti ristoranti che di italiano hanno solo il nome. A Tokyo di locali dalla sigla italiana ce ne sono almeno 1.500. E per la gran parte sono ritenuti anche in linea con le nostre tradizioni, ma nel resto del mondo non è così.

Valorizzare la nostra Cucina nel mondo è quindi una sfida che non può essere lasciata cadere e significative associazioni della ristorazione e dei cuochi (dalla Fic ad Euro-Toques, da Le Soste a Jre) si sono dichiarate pronte a sostenere l’iniziativa promossa da Gvci (l’associazione dei cuochi italiani nel mondo) e dalla collegata Itchefs. Vedremo ora che cosa faranno le istituzioni. Al momento Pizza e Cucina sono le facce di una medaglia che con orgoglio l’Italia può mostrare nel mondo. Non perdiamo l’occasione.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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