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Salomon FoodWorld
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Il vino italiano arranca nel mondo Manca la promozione

di Alberto Lupini
direttore
 
06 novembre 2017 | 18:40

Il vino italiano arranca nel mondo Manca la promozione

di Alberto Lupini
direttore
06 novembre 2017 | 18:40
 

Abbiamo un sistema che non funziona e che ha il suo anello più debole a livello istituzionale. Non siamo in grado nemmeno di valorizzare la Cucina italiana, facendo rete con i cuochi italiani che lavorano all’estero.

Altro che allarme perché i francesi ci avevano ormai praticamente raggiunti nelle vendite di vino negli Stati Uniti (il più importante mercato al mondo). Alla fine i cugini d’oltralpe non hanno solo azzerato le distanze, ma ci hanno superati nettamente in valore, lasciandoci solo l’imbarazzante primato nel numero di bottiglie vendute, a conferma di come le loro etichette “pesino” molti più nelle nostre. Noi incassiamo meno vendendo il doppio delle bottiglie...

(Il vino italiano arranca nel mondo Manca la promozione)

Il tanto temuto sorpasso, alla faccia dei programmi di espansione dell’export agroalimentare annunciati dal Governo, è avvenuto: i vini francesi superano quelli italiani e diventano i più esportati negli Stati Uniti dopo 8 anni di supremazia tricolore. Lo ha annunciato l’Osservatorio Paesi terzi di Business Strategies (società che segue 500 cantine italiane che esportano il 70% della produzione) insieme a Nomisma-Wine Monitor. Implacabili i numeri: 1,220 contro 1,210 miliardi di euro. Il che significa che in soli 9 mesi il vino francese ha recuperato 160 milioni di euro. L’allungo è avvenuto più ritoccando i prezzi, già alti, che non per un aumento delle bottiglie vendute, anche se in rapporto la loro crescita è stata di 6 volte quella italiana.

L’Italia si trova ora a giocare in rincorsa, senza che a livello di sistema ci sia una qualche strategia per recuperare. O che qualcuno commenti la situazione... Se consideriamo che Parigi ci batte nettamente anche sui mercati inglesi e cinesi (che sono le altre due aree con le importazioni agroalimentari più importanti al mondo dopo gli Usa), e che l’Italia non è riuscita a conquistare nuove posizioni proprio nell’anno in cui ha registrato la più importante domanda in assoluto di vino nel mondo, la situazione diventa davvero preoccupante. Bisognerà aprire una riflessione con urgenza a tutti i livelli. Quel che è certo, e da cui non si può prescindere, è che l’Italia dimostra di non sapere stare al passo coi tempi e che la perdita del primato negli Usa è il frutto di azioni di promozione e marketing assolutamente deboli, inconsistenti e senza sinergia.

Abbiamo un sistema che non funziona e che ha il suo anello più debole a livello istituzionale, dove non si sono mai prese decisioni forti e capaci di lasciare il segno. Tre elementi per tutti.

Punto uno. I francesi hanno a disposizione strumenti quali Sopexa che svolgono un ruolo fondamentale per presentare in maniera coordinata e unitaria l’enogastronomia francese. Noi abbiamo Camere di commercio, Ice, Ministeri, Consorzi e mille altri enti inutili che si sovrappongono, si spartiscono fondi sempre troppo limitati e si elidono a vicenda. Non esiste una strategia da “Sistema Paese” per vendere food & wine made in Italy.

Punto due. Nel caso del vino i francesi hanno pochi brand forti e assolutamente riconoscibili per i quali le dita di una mano sono anche troppe. Noi continuiamo ad illuderci che l’avere il più grande numero di vitigni autoctoni (e di consorzi) sia un valore che può pagare sui mercati. È un mantra che ripete quasi a noia anche il ministero delle Politiche agricole quando parla del valore di almeno 150 denominazioni “importanti”... E con ciò non si sa come spiegare che vino vogliamo vendere a un cinese...

Punto tre. I francesi difendono la loro Cucina (che era in caduta libera nel gradimento internazionale) valorizzando i loro ristoranti in giro per il mondo e facendone di fatto le ambasciate del loro marketing, a partire dal vino. Noi creiamo e foraggiamo coi soldi pubblici gli “Ambasciatori”, cuochi italiani che lavorano in Italia, e non facciamo nulla per fare rete con i cuochi italiani che lavorano all’estero e che hanno creato il mito e il valore della Cucina italiana (che non è più quella praticata per lo più dai nostri grandi chef della Penisola). Ma la promozione dello stile italiano a tavola non trova un riscontro in una nostra presenza negli scaffali in giro per il mondo.

Queste criticità del sistema, lo andiamo ripetendo da tempo, non valgono solo per il mercato degli Stati Uniti o solo per il vino. Ci sono Stati dove abbiamo anche grandi problemi a commercializzare per l’incapacità di avere accordi commerciali e doganali. E tutto questo a fronte di una situazione per molti versi bloccata: le nostre aziende dell’agroalimentare non possono aumentare più di tanto la produzione e i valori di vendita sono fra i più bassi. In tutto ciò l’unico punto positivo è la crescita del turismo, che porta tanti nuovi potenziali consumatori in Italia. Ma nemmeno su questo piano facciamo molto al momento...

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07/11/2017 09:47:34
1) Stato poco presente all'estero
Concordo pienamente con il sig. Alberto Lupini. Lo stato è poco presente e se lo è , è poco incisivo. Nel 2001 ero in Cina per presentare il ns. prodotto (caffè) insieme ad altri produttori italiani con altre tipologia di food. Ebbene alle trattative i francesi erano accompagnati dai loro governanti, mentre noi soli a combattere con le istituzioni cinesi. Effettivamente troppi enti che spartiscono i fondi, le forze si indeboliscono, e fanno poco marketing del ns. Made in Italy. Se non fosse per i piccoli imprenditori e per i ns. chef nel mondo, altro che sorpasso.
POMPEO PISANI
COMMERCIALE ESTERO
LABCAFFE' SRL


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