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Turismo in difficoltà fra coronavirus e aumenti dell’Iva

Alberto Lupini
di Alberto Lupini
direttore
10 febbraio 2020 | 17:29

Altro che incrementi dell’Iva su ristoranti ed hotel. Il politico che ha solo immaginato una simile ipotesi meriterebbe di essere indicato con tanto di nome e cognome, anche a rischio di consegnarlo ad una gogna mediatica che contestiamo da sempre. Ma come è possibile? Il turismo, senza alcun piano strategico del Governo, è uno dei pochi comparti che nonostante tutto regge e garantisce occupazione. Pesa per il 13% sul Pil (ma potrebbe valere molto di più se solo ci fossero investimenti in formazione del personale e in servizi), e qualche furbo in cerca di notorietà ha pensato di metterci qualche gabella in più.

Quante difficoltà per i pubblici esercizi, tra rischio aumento dell'Iva e psicosi da coronavirus(Turismo in difficoltà fra coronavirus e aumenti dell’Iva)

Quante difficoltà per i pubblici esercizi, tra rischio aumento dell'Iva e psicosi da coronavirus

Ma dove siamo finiti? Davvero si può pensare che un’auspicata riforma fiscale possa passare da piccoli rammendi sull’Iva giustificati magari dalla demagogia di fare pagare un po’ più di tasse ad una categoria un tempo indicata fra gli evasori? E il tutto, non dimentichiamolo, con l’assurda teoria che alla fine ad essere colpiti sarebbero i turisti stranieri, per i quali pagare qualche euro in più non sarebbe la fine del mondo. Quasi che gli italiani non vadano al bar, al ristorante o non dormano in hotel. Una follia.

Davvero un’autentica fesseria che il ministero dell’Economia si è affrettato a smentire, ma il danno ormai era fatto. Senza se e senza ma, va detto che questa è una grande idiozia che rivela ancora una volta l’ignoranza di troppi politici rispetto alla realtà di aziende che da tempo vivono situazioni di difficoltà per il disinteresse delle istituzioni, quando non devono difendersi da provvedimenti che invece di aiutarle le penalizzano. Pensiamo alla cancellazione dei voucher che tanti problemi ha causato nella gestione dei picchi di lavoro, settimanali o stagionali.

I pubblici esercizi stanno passando fra l’altro un periodo assai delicato. L’anno scorso la crescita si è di fatto arrestata, o quasi, e le prospettive per quest’anno sono messe quotidianamente a dura prova da più fattori, dal clima fino all’allarme per il coronavirus, che ha già azzerato il turismo cinese e che sta condizionando i comportamenti anche di tanti nostri connazionali in patria.

Invece di pensare a qualche balzello in più su bar o alberghi, il Governo dovrebbe preoccuparsi di come evitare che il nostro turismo possa avere contraccolpi negativi dalla chiusura delle frontiere verso tutti coloro che hanno occhi a mandorla. C’è certo una situazione di emergenza per l’epidemia del coronavirus ma dobbiamo ricordarci che l’Italia è la prima meta turistica per i cinesi. Va bene avere le giuste precauzioni, ma alimentare ogni giorno un clima di diffidenza e paura verso persone di origine cinese è quanto di peggio potremmo fare. Anche perché il coronavirus prima o poi passerà, ma la Cina resta.

#AbbracciaUnCinese #iovadoalcinese

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