Sono in cento e si fanno chiamare etruschi, per via della loro provenienza geografica. Sono tutti imprenditori del settore Horeca (ristoratori, albergatori, baristi, pizzaioli e pasticceri) di Tarquinia, e hanno deciso di prendere carta e penna e di scrivere al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per chiedere direttamente a lui un aiuto per tornare a lavorare. Il settore della ristorazione e dell’accoglienza, lo scriviamo da tempo, è uno dei più colpiti dalla crisi e ancora oggi sono tanti motivi d’incertezza legati alla riapertura. Da qui l’accorata missiva firmata dai cento imprenditori che chiedono al Quirinale, custode dei diritti costituzionali, più attenzione per le loro attività e le loro famiglie.
Sergio Mattarella
Di seguito il testo integrale della loro lettera.
“Siamo imprenditori operanti a Tarquinia nell’Etruria settentrionale, nel
settore Horeca. con le loro famiglie, alle quali la Costituzione italiana attraverso la concessione di diritti, aveva dato la possibilità di realizzare, con entusiasmo, capacità, coraggio e impegno, il loro lavoro, attività dalla quale hanno tratto orgoglio, speranza, dignità e reddito, permettendo a studiosi e turisti di trovare accoglienza in questo sito proclamato Patrimonio dell’Umanità! La Costituzione in cambio dei diritti ha chiesto rigorosi doveri a sostegno dello Stato, tra cui onestà e rispetto delle regole. Su questi principi, diritti e doveri, queste famiglie hanno costruito le loro vite, educato i loro figli, dato lavoro a molti collaboratori.
Oggi ci viene imposto, con l’osservanza della Costituzione, il rispetto di alcuni doveri, ma “in barba” alla stessa, ad alcune categorie viene tolto il diritto al lavoro, lasciandole senza reddito e oltretutto nell’incertezza di dover corrispondere tasse e sostenere costi a prescindere mentre ad altre categorie si chiede di riprendere a lavorare, senza norme di riferimento cui potersi attenere per evitare pesanti responsabilità. La patria del diritto è fondata sulla certezza del diritto che a sua volta scaturisce da norme chiare e applicabili.
Se è vero che il problema è l’incolumità pubblica, perché lo stesso trattamento non è adottato per tutti i cittadini e per tutte le attività che possono essere considerate sullo stesso piano? Un esempio: Quale è la differenza tra una
libreria e un’agenzia di viaggi? Quale è la differenza tra l’utilizzo di un mezzo pubblico e la sosta in un bar? Quale è la differenza tra vivere nell’abitazione di residenza o nella casa al mare?
La Costituzione non può contemplare l’arbitraria applicazione. Se in premessa, volutamente si è accennato al popolo etrusco, è perché parte dall’Etruria (il nostro territorio) la più antica radice del popolo italiano, la prima vera civiltà d’Italia. Più di tremila anni di storia vissuta, hanno portato milioni di cittadini a vivere in democrazia e libertà proprio grazie all’entrata in vigore della Costituzione: l’ultimo atto di un lungo percorso. Anche se da allora l’Italia ha vissuto momenti difficili, con episodi grigi, che ne hanno segnato il cammino e ne hanno messo a dura prova la stabilità, il rispetto delle regole e il rigore nella loro attuazione, non hanno mai vacillato e l’amor patrio non ha mai abbandonato i nostri cuori.
Oggi però qualcosa sta cambiando ed è questa la ragione che ci ha spinto a scriverLe sig. Presidente, Lei è il custode della carta Costituzionale nonché garante della nostra democrazia.
È a Lei che sottoponiamo i nostri dubbi, ed è a Lei che chiediamo di aiutarci, con parole chiare, che ci facciano capire in che modo il governo intende sostenere le imprese italiane, ridando vita ad una fiducia che è ormai quasi completamente svanita, verso il sistema Italia.
Nei nostri pensieri, riteniamo sia giusto accettare i doveri imposti dalle norme che regolano la comune convivenza, ma siamo sicuri che la Costituzione imponga il principio “per tutti uguale” e non “a te si” oppure “a te no”. Non ci sembra possibile che nel rispetto della Costituzione, si possa decidere al netto dei sacrifici imposti, di garantire, stipendi e posto di lavoro ad alcune categorie di dipendenti, mentre impone la chiusura, la perdita del lavoro e il reddito alle nostre famiglie, collaboratori inclusi.
Questi dubbi stanno mettendo il nostro senso di responsabilità e il principio di appartenenza alla carta Costituzionale a dura prova. E proprio in virtù del desiderio che abbiamo di democrazia ed uguaglianza, ma soprattutto per il rispetto della nostra carta Costituzionale che Le chiediamo, attraverso un Suo cenno di riscontro, di illuminarci con un Suo chiarimento. I provvedimenti fin qui emanati, non ci sono di aiuto la Sua risposta sarebbe un giusto conforto.
Firmato 100 imprenditori delle diverse categorie: Albergatori, Ristoratori, Baristi, Extralberghiero, Pizzaioli e Pasticcieri: parte dell’umanità di cui Tarquinia è patrimonio
”