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Milano Ristorazione rilancia sulle scuole: «Tornerà la normalità»

Nicola Grolla
di Nicola Grolla
16 aprile 2021 | 08:30

Nell’anniversario dei 20 anni dall’inizio dell’attività di refezione all’interno delle scuole di Milano, la società di ristorazione collettiva Milano Ristorazione (controllata dal Comune meneghino) ha dovuto affrontare una delle sfide più difficili della propria storia: la pandemia. Il Covid, infatti, ha messo in ginocchio le aziende che si occupano della gestione delle mense in ambito aziendale, socio-sanitario e scolastico. Protocolli, chiusure, ripartenze, limitazioni di vario genere hanno ostacolato la piena operatività di attività che «sono sostenibili solo se erogano pasti», spiega il presidente di Milano Ristorazione, Bernardo Notarangelo.

Bernardo Notarangelo Milano Ristorazione, rilancia  sulle scuole: «Tornerà la normalità»

Bernardo Notarangelo

E non potrebbe essere diversamente per una società che nel 2020 ha comunque servito oltre 8 milioni di pasti, provenienti dalla lavorazione di oltre seimila tonnellate di derrate alimentari e destinate a 440 refettori (di cui 160 primarie, 180 infanzia comunali, 27 infanzia statali, 59 secondarie di primo grado).

In che modo l'emergenza ha impattato sui vostri canali di servizio?
La parte preponderante della nostra attività riguarda il servizio di refezione nelle scuole pubbliche di Milano. È evidente che nel 2020 quando il servizio è stato sospeso da febbraio fino a fine anno scolastico e per poi ricominciare con diversi ritardi e ulteriori stop a ottobre abbiamo registrato una flessione di fatturato molto significativa. C’è distinguo da fare. La ristorazione nel ramo aziendale, di cui noi non ci occupiamo, è in crisi profonda e ci metterà molto per ritornare ai livelli pre-Covid. Un percorso che passerà attraverso una rigenerazione del servizio. Con la scolastica questo argomento non si pone: superata la pandemia i bambini torneranno a scuola. Non può essere altrimenti se vogliamo consentire ai genitori di tornare al lavoro con serenità. Quindi, in ultima istanza, possiamo dire che le conseguenze del Covid sul segmento scolastico è più transitorio che altro. Insomma, lo smart working in certa misura rimarrà mentre la scuola tornerà in presenza molto presto; almeno per quanto riguarda elementari e livelli inferiori.

E per quanto riguarda la gestione del lavoro quotidiano?
I dipendenti sono la nostra risorsa più preziosa. Abbiamo adottato il protocollo di sicurezza in accordo con i rappresentati dei lavoratori e, ovviamente, abbiamo sopportato i maggiori costi che ne sono derivati con senso del dovere. Nonostante ciò, purtroppo, abbiamo anche dovuto far ricorso agli ammortizzatori sociali come la Fis. D’altronde, il business è sostenibile solo se eroghiamo pasti. Cosa che per il 2020 e l’inizio del 2021 è avvenuta a singhiozzo.  

Come è stato rimodulato il servizio mensa stante protocolli e limitazioni? Che soluzioni avete implementato?
Rispetto all’impatto della pandemia sul nostro settore, noi abbiamo puntato tutto sul fatto che le necessità non fossero cambiate. Per questo, nell’estate del 2020, con le scuole chiuse per le vacanze, ventre a terra insieme ai presidi, abbiamo fatto sopralluoghi in tutte le scuole di Milano servite per determinare le modalità di ripresa del servizio a partire da settembre. Laddove lo spazio non c’era abbiamo raddoppiato i turni oppure siamo passati alla somministrazione al banco. Modifiche che, anche dal punto di vista logistico, hanno determinato alcune difficoltà che siamo riusciti a superare. Stessa cosa si può dire anche per l’attività in cucina. Ma, nonostante alcuni cambiamenti, abbiamo mantenuto dritta la barra su alcune scelte per noi fondamentali. Nei refettori, per esempio, non abbiamo rinunciato alle nostre politiche di sostenibilità: quindi brocche e borracce per bere, posate in metallo, ecc.

Anche voi, che siete una partecipata pubblica, avete dovuto ricontrattare il contratto di servizio?
Noi abbiamo un contratto di servizio pubblico con il Comune di Milano e contiene tutta la disciplina dei servizi erogati con i vari corrispettivi economici. È ovvio che, nel mezzo della situazione pandemica, abbiamo concordato con il Comune, costi alla mano relativi a mezzi, turni, distribuzione, ecc. un’integrazione, una rideterminazione che tenesse conto dei maggiori costi sopraggiunti.

L'innovazione e la ricerca sono gli strumenti principali per uscire dalla crisi. Voi come li declinate?
Siamo uno dei pilastri della Milano Food Policy che è nata dopo Expo e siamo impegnati in prima linea per svolgere il nostro dovere e servizio attraverso l’innovazione al fine di ridurre lo spreco e aumentare la sostenibilità. In cinque anni, per esempio, abbiamo abbattuto del 20% la nostra emissione di Co2 equivalente nell’atmosfera attraverso la revisione dei menu: molta meno carne rossa, molta più bianca, abbiamo aumentato i legumi, il nostro ragù è di soia biologica, ecc. Inoltre, contiamo di tornare ad adottare una politica di zero plastica non appena la situazione epidemiologica ce lo permetterà. Per il servizio al banco, per esempio, utilizziamo a malincuore delle posate di plastica imbustate.  

Rispetto ai vostri abituali fornitori, avete avuto delle difficoltà di approvvigionamento?
A livello di approvvigionamenti abbiamo avuto il problema contrario della penuria. Tanto che già durante il primo lockdown abbiamo distribuito oltre 100 tonnellate di cibo che altrimenti sarebbe scaduto. Stessa cosa a fronte di questo ultimo stop che ci ha portato a varie donazioni. Unico problema di approvvigionamento riscontrato è stato quello relativo ai Dpi, che nel primo periodo dell’emergenza non si trovavano da nessuna parte in Italia. Restando sul piano alimentare, sottolineo che la nostra policy per la scelta dei fornitori premia per il 70% la qualità degli stessi. Ma è ovvio che non possiamo fare tutto a Km Zero. E questo è un bene se pensiamo ai bandi di gara, in cui cerchiamo comunque di privilegiare le produzioni nazionali e stagionale nel rispetto dei Criteri ambientali minimi e delle linee guida che esistono a tal riguardo.

Nel futuro c'è l'operazione con Sogemi (Ortomercato di Milano) per la realizzazione di un centro food nello spazio di via Lombroso. Ce ne può parlare?
Per quanto riguarda l’operazione con Sogemi, al momento è stata firmata solo una lettera d’intenti che ci mette a lavorare insieme per costruire un progetto comune. La logica, comunque, non è quella del domani. Per costruire un centro cucina non si impiegano pochi giorni. L’idea è quella di portare le nostre cucine distribuite in più edifici al centro della città del cibo che sorgerà all’Ortomercato. Qui potremmo lavorare a stretto contatto con gli operatori del settore, utilizzare una piattaforma logistica ad hoc e un magazzino dedicato. Se, come spero, questa operazione si farà, fra dieci anni ci guarderemo indietro e scopriremo quante sinergie siamo riusciti ad attivare.

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