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Alla scoperta della zampogna lucana I suoni antichi della Basilicata

Non solo in Molise e in Ciociaria, nel Lazio anche in Lucania ci sono costruttori e suonatori di ciaramelle, le tradizionali zampogne. Uno di questi è Antonio Forestiero, 80 anni, pastore, montanaro e boscaiolo. Crea zampogne come una volta s'usava per strozzare la solitudine durante la transumanza

 
17 dicembre 2010 | 18:42

Alla scoperta della zampogna lucana I suoni antichi della Basilicata

Non solo in Molise e in Ciociaria, nel Lazio anche in Lucania ci sono costruttori e suonatori di ciaramelle, le tradizionali zampogne. Uno di questi è Antonio Forestiero, 80 anni, pastore, montanaro e boscaiolo. Crea zampogne come una volta s'usava per strozzare la solitudine durante la transumanza

17 dicembre 2010 | 18:42
 

Antonio ForestieroNel paesaggio lucano di calanchi, simili ad unghiate di draghi nell'argilla, di mari, di boschi, di monti e di fiumi, la leggenda vivente degli ultimi zampognari. «Gente abituata ai grandi orizzonti, agli scenari solenni della montagna, a trasformare, nel silenzio dei lunghi viaggi, siano essi fisici o spirituali, il respiro del vento in un sommesso, struggente canto del cuore», ha scritto la demologa Maria Concetta Nicolai.
 
Dino Scote, di 'Per boschi e contrade”, compianto profondo conoscitore delle culture della Basilicata ricordava: «La diffusione della conoscenza della zampogna lucana la si deve anche a Erasmo Treglia che ha realizzato il primo Cd su quello strumento, e poi a Bruno Testori regista di uno stupendo documentario suoi fratelli Vincenzo e Antonio Forestiero, costruttori e suonatori di zampogne della Val d'Agri, decani e celebrati da appassionati che li raggiungono da ogni parte per visitare il loro fiabesco laboratorio e ancora Michele Cestari, Vincenzo Avagliano che suonano, ormai gli ultimi rimasti la zampogna detta grande perché di ben sei palmi, e ancora Antonio Bianco e il figlio Pasquale, Rocco Lasco, Antonio Critelli».

Non solo, dunque, in Molise e in Ciociaria nel Lazio anche in Lucania ci sono i costruttori e i suonatori di ciaramelle. Uno di questi è Antonio Forestiero (nella foto), 80 anni, pastore, montanaro, boscaiolo. Crea zampogne come una volta s'usava per strozzare la solitudine durante la transumanza. Lo fa in un laboratorio nella sua casetta tra i boschi del Monte Sirino (2005 metri) in un territorio compreso tra i Comuni di Sarconi e di Moliterno in Val d'Agri, in provincia di Potenza, famosi uno per i fagioli e l'altro per il pecorino canestrato. Nel laboratorio di Forestiero grappoli di pannocchie di mais, sacchi di mangime di carrube, una madia per i cereali, campanacci, legna a stagionare e zampogne già ultimate.

In questo rurale trambusto il bancone da falegname dove Antonio fa le ciaramelle lavorando al tornio a pedale il legno d'olivo, d'acero o di ciliegio. Sembra Geppetto quando, inforcando gli occhiali, mostra come intaglia il legno o monta la pelle d'agnello, conciata a dovere e immersa in una soluzione di verderame per conservarla nel tempo. Tra i pezzi più belli una 'seipalmi”, lunga zampogna dalla quale Antonio fa scaturire suoni come quelli da un organo. Ha imparato copiando da altri zampognari l'arte di costruire uno strumento musicale per accaparrarsi il quale, gli intenditori, rari, s'avventurano alle falde del Sirino.

Il percorso per conoscere Antonio, per guardarlo negli occhi sereni e ammirarlo mentre ritocca una zampogna (ci vogliono anche sei mesi per completarla) e ascoltare le nenie sapide di sentimento, di struggimento e di sentori di nuvole, è piuttosto complesso. è solo per quei 'curiosi viaggiatori” che, pur di razzolare in paesaggi di prima qualità dove ancora resistono alcune tradizioni della montagna, sono disposti ad inerpicarsi lungo una sterrata alle falde del Monte Sirino. Se così faranno ecco le ricompense: i colori degli aceri, dei castagni, delle querce, dei perazzi e degli olmi delle più vanitose tonalità, specie in autunno, di verde, di giallo, di rosso e di marrone. E il vivere alcune ore in un clima di serenità. Dopo Antonio, poiché i figli non ne hanno voluto sapere di zampogne, è facile immaginare che fine farà la leggenda dei pastori delle ciaramelle lucane. Non c'è da sperare che in altri cultori della tradizione di Viggiano e di Terranova del Pollino, sempre in Lucania.

La 'Totarella”, e 'Suoni di Terranova” sono le due associazioni di Terranova del Pollino, e di altre a Viggiano, che più lavorano per mantenere in vita la tradizione della zampogna, dei canti e dei balli dei pastori e dei contadini.

Giuseppe Salamone di 'Totarella” un figlio d'arte perché la passione gli è stata trasmessa dal padre Carmine, un nome tra quanti si beano di cultura folcloristica, ha studiato le origini dello strumento, lo suona lo costruisce. Le sue specialità sono la zampogna a chiave, la "surdullina", il tamburello, la cupa-cupa e i flauti a canna. Cosa fa Salamone per non far dimenticare questi strumenti? Ha realizzato un laboratorio per la lavorazione del legno, delle canne per le ance (che sono i boccagli attraverso i quali si soffia l'aria), la concia delle pelli per otri e tamburelli, corsi di tarantelle e pastorali. Il gruppo 'Totarella” propongono con il gruppo 'Hobo” di S. Costantino Albanese anche musiche e canti arbresh cioè di gruppi etnici albanesi radicatisi in Sicilia, Calabria, Puglia e Basilicata nel Medioevo.

Non da meno il gruppo 'Suoni di Terranova” di Leonardo Riccardi che per fermare 'l'evidente declino delle realtà pastorali”, iniziò anni fa un'operazione di recupero resa possibile dalla sua grande passione per la musica. Cominciò a studiare gli strumenti e in collaborazione con altri cultori e grazie alla disponibilità di vecchi suonatori e costruttori, oggi può vantare anche lui, assieme alla moglie Francesca Lufrano, fondatrice dell'Associazione 'Storia e Leggenda” di avere contribuito alla conservazione, soprattutto tra i giovani, della cultura della musica popolare del Pollino e degli strumenti per suonarla.

Tra questi ve n'è uno assai singolare che consiste semplicemente in una bottiglia ed una chiave di quelle che s'usavano un tempo, grandi e di ferro, per chiudere grandi battenti di legno. Di cosa sono capaci e di quali suoni fanno scaturire i suonatori da quello strumento miserrimo, lo si può scoprire solo ascoltandoli durante una festa popolare. E se per caso vi dovesse capitare, come al sottoscritto, che il gruppo si materializzi all'improvviso nel bel mezzo di una radura tra querce di un bosco vicino a Sarconi, essendo in corso una sagra di fagioli, pane e insaccati, allora avrete toccato il cielo con un dito. Con più dita quando poi si gode del suono delle zampogne, tanto che farsi coinvolgere in scatenate danze nella radura, è il meno che vi capiterà.

Noi siamo abituati a sentir suonare le zampogne a Natale. Invece lo strumento è usato in tutte le occasioni: battesimo, fidanzamento, compleanno matrimonio, la sera in osteria, per le serenate, nelle sagre, nelle feste patronali, per ballare tarantelle e pastorali.

E chissà che gli zampognari le ciaramelle non se le portino anche in Paradiso. 'Perché essere zampognaro è una condizione dell'anima”.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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