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Ristorazione, lo strappo di Marchesi impone alla Fipe di reagire

di Alberto Lupini
direttore
 
05 luglio 2011 | 12:36

Ristorazione, lo strappo di Marchesi impone alla Fipe di reagire

di Alberto Lupini
direttore
05 luglio 2011 | 12:36
 

Nella babele di sigle ed associazioni che rappresentano vari pezzi del vasto mondo della ristorazione, ora si aggiunge anche Confindustria. Un ingresso per ora in sordina e basato solo sulla scelta di campo del Maestro della Cucina italiana, Gualtiero Marchesi, che non manca di distinguersi ancora una volta. Un segnale peraltro evidente, se ancora ce ne fosse bisogno, del pessimo livello di rappresentanza del settore. Se davvero qualcuno a livello di Marchesi ha bisogno di avere alle spalle una sigla 'forte” come Confindustria, forse è davvero il caso che a livello di Fipe e Confesercenti da un lato, e Fic e Apci dall'altro (il resto conta francamente poco...), comincino sul serio a mettere mano a qualche riorganizzazione interna.

Concentrandoci di più sul versante delle imprese (per i cuochi dipendenti i discorsi da fare possono essere altri e comunque in linea con quelli che indica da tempo su 'Italia a Tavola” Emanuele Esposito), la scelta di campo del gruppo Marchesi (che peraltro con il ristorante 'Il Marchesino” resta associato all'Epam) non può essere sottovalutata, pena il rischio di una fragorosa erosione di consensi dei sindacati che si potrebbe registrare a breve. Col risultato di rendere ancor più debole il settore...

Un segnale d'allarme lo ha lanciato Matteo Scibilia che ha sollecitato la Fipe, di cui è un dirigente locale in Lombardia, a dare un forte segnale di discontinuità mettendo realmente la ristorazione al centro delle sue iniziative sindacali. Abbiamo però il timore che cadranno nel vuoto le richieste di risposte da parte di Carlo Sangalli e Lino Stoppani, presidenti nazionali di Confcommercio e Fipe. Eppure sarebbe proprio il caso che dal maggiore sindacato del settore (che fra l'altro sta cercando di riorganizzare un'area di ristorazione di qualità sotto l'impulso dei vicepresidenti Alfredo Zini e Aldo Maria Cursano) giungessero parole chiare e immediate.

Certo la realtà che sta dietro al nome di Gualtiero Marchesi non è fatta solo di ristorazione tradizionale, e comunque è di dimensioni importanti. Non si può però non tenere conto che le motivazioni date da Enrico Dandolo, amministratore delegato del gruppo, per questa scelta di campo sono lapidarie: l'Epam di Milano (la Fipe territoriale) ha di fatto le mani legate per i condizionamenti che vengono dagli esercenti legati alla movida (i bar e i locali notturni). Da qui il segnale di una scarsa rappresentatività sui temi alti che riguardano la ristorazione di qualità.

Forse è necessario che, così come è già successo in altre città italiane, anche a Milano i ristoratori si occupino un po' di più del loro sindacato. La breccia aperta da Marchesi è ancora piccola e c'è tempo di ridare ruolo e peso alla Fipe. Ma lo stesso ragionamento vale per Confesercenti. E più in generale questo deve avvenire a livello nazionale. Proprio la mancanza di una forte rappresentanza della ristorazione a tutti i livelli ha portato anche al recente insuccesso di un Codice del turismo che ha penalizzato duramente il settore, passando sopra la testa dei sindacati di categoria che hanno rimediato (forse) una Circolare interpretativa per ridurre il danno di aprire la definizione di ristorazione anche a chi non è in regola con le normative legate alle licenze in essere.

Alberto Lupini
alberto.lupini@italiaatavola.net




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07/07/2011 14:39:00
4) Le forme di rappresentanza del secolo passato non servono più a nulla
La decisione di Marchesi e i commenti all'articolo di Lupini mi confortano su quanto vado affermando da più di un anno. Non si tratta di preferire questa o quella sigla sindacale o rappresentanza categoriale; la decisione di Marchesi è un atto di sconforto che presto lo porterà a cambiare associazione e poi ancora a cambiare. Questo finché non ci convinceremo che non hanno più significato le rappresentanze di qualsiasi genere e colore del secolo passato. Il millenio nel quale viviamo, le battaglie con la crisi e la competizione globale impongono strumenti nuovi di proposte per un insieme di categorie alleate per comuni obiettivi.


06/07/2011 13:01:00
3) Costi eccessivi per iscriversi alle associazioni di categoria
Il problema è per noi esercenti di un livello superiore: iscriversi o meno alle associazioni di categoria? Vi riporto la mia esperienza. Sono stato iscritto per 10 anni all'Associazione esercenti bar gelaterie di Alberto Pica (forse l'associazione a Roma con più iscritti), collegata alla Confcommercio. Lo scorso anno nel mese di luglio Alemannno ha deciso di aumentare il canone Osp del 35% (dopo che nel 2005 Veltroni lo aveva aumentato del 112%): pensavo che l'aumento partisse dal 2011, invece il 30 dicembre mi hanno recapitato un bollettino di integrazione per il 2010 da pagare entro il 31 dicembre. La mia Associazione non ha fatto nessun ricorso al Tar contro questo aumento e inoltre quando li ho consultati mi hanno consigliato di non pagare (da pazzi, va subito in cartella esattoriale!). Conclusione: quest'anno non ho rinnovato la tessera. Non sono in grado di tutelare gli interessi degli iscritti! P.S. il giorno successivo lo scandalo Panebianchi si è riunita l'assemblea della Confcommercio Roma che ha ribadito piena fiducia al suo presidente, invece di sospendere opportunamente il giudizio. Le notizie di stampa apparse nei gioni successivi descrivono Panebianchi come il peggio del peggio, un criminale. E noi dobbiamo avere fiducia in associazioni con al vertice tali persone (e l'altro, Billè, ce lo siamo dimenticato?).


05/07/2011 14:48:00
2) Se i noi cuochi facessimo un “gruppo” per i fatti nostri?
Caro Scibilia, concordo in pieno con il tuo articolo e opinione eccetto che se non si regolamenta il settore alberghiero e cioè che le strutture alberghiere e i ristoranti non possono assumere personale se non con una qualifica e/o diploma, altrimenti è inutile discutere, se solo si pensa che nel periodo estivo il personale che si assume a tempo determinato la maggio parte di essi non hanno nemmeno mai frequentato un corso di cucina come si può pensare di fare delle norme se non pensiamo che il problema è alla fonte, in quanto ai contratti, oltre ad essere inadeguati per la categoria, per gli aspetti che tu stesso hai evidenziato c'è da dire anche che essendo un lavoro usurante, perché tu lo sai bene quanto me che questo è un mestiere-arte che alla lunga crea dei seri problemi di salute, manca una regolarizzazione dal principio, non si può pensare che tutti possono fare i cuochi, per l'amor di Dio, è sì è un mestiere che si fa con passione ma non dobbiamo pensare che siamo tutti dei Santi, quante scuole alberghiere fanno gli stage? Che differenza passa a livello contrattuale da uno che lavora da 30 anni e uno che inizia domani avendo un diploma preso tre giorni fa? Caro Matteo, scusami se ti do del tu, credo che sia giunto il momento di creare un gruppo per fatti nostri, il tuo gruppo " Consorzio" credo che possa essere una buona partenza per trascinare tutte le altre associazioni di categoria e magari confluire sotto una sola sigla che non sia un sindacato ma che abbia dei dipartimenti o sezioni per argomento e problematiche, che ne pensi?


04/07/2011 11:13:00
1) Fipe e Epam devono cambiare registro per essere più forti
Caro direttore,
leggo con molta sorpresa, ma capendone le motivazioni, la notizia che Gualtiero Marchesi lascia la Confcommercio/Fipe  per iscriversi a Confindustria/Assolombarda, aggiungo che proprio ieri un caro ed importante ristoratore sempre milanese non ha rinnovato l'iscrizione ad Epam per iscriversi a Confesercenti, in questo caso il motivo è stata la difficoltà nell'ottenere un finanziamento da Fidicomet, mentre mi confida il ristoratore con Confesercenti la pratica è stata più snella, veloce ed ha ottenuto il finanziamento.

Domanda: Cosa sta succedendo? L'aria di rinnovamento della politica sta contaminando le nostre istituzioni di rappresentanza, non possiamo tra l'altro far finta che Marchionne ha posto già da tempo il problema.

Il nostro Gualtiero  potrebbe essere il Marchionne della Ristorazione  italiana? I problemi sono molti e complessi e come ho già avuto modo di dire i risultati delle amministrative danno sia pure in parte una risposta.

Partiamo da Milano, dove il vento del cambiamento ha portato Pisapia a Palazzo Marino, segno che tutto può succedere, tutto può cambiare, ma in Corso Venezia, sede della Confcommercio milanese, cosa sta accadendo, non è che i nostri, presi da incarichi e poltrone romane, abbiano distolto lo sguardo dai problemi milanesi?  
Tutta la polemica sui bar che cucinano o sui problemi della movida non stanno minando una situazione già difficile della Ristorazione milanese?   Una situazione apparentemente di distacco e di indifferenza, a Venezia per esempio, per ovvi motivi di mercato e di clientela i bar fanno di tutto e di più, ma qualcosa per difendere la Ristorazione l'Ascom veneziana lo sta facendo.

A fronte di una riconosciuta capacità degli chef di essere i veri portatori e diffusori del Made in Italy nel mondo, in patria si fa molta fatica, le istituzioni non riescono a capirne fino in fondo le richieste del settore, eppure buona parte del nostro Paese spesso è riconoscibile grazie alla presenza di un ristorante, quanti comuni piccoli o grandi sono famosi anche per la presenza di un ristorante?

Quali sono allora le richieste della Ristorazione? Non affronto, anche se sono veri i problemi quali la fiscalità o il contratto di lavoro vecchio di decenni che non risponde più alle necessità del lavoro attuale, ma sicuramente un riconoscimento del valore della centralità storica e culturale del nostro lavoro lo chiediamo ad alta voce, non si può come ha fatto il Ministro Brambilla  con il suo decreto sul Turismo permettere di far  'cucinare” a tutti, la trasformazione del cibo è solo del cuoco e tale deve essere, solo il cuoco può e deve garantire con un lavoro, ancora manuale e per certi versi artigianale, difendere, proteggere, sviluppare un territorio dandogli una credibilità, non è certo la ristorazione commerciale o la grande distribuzione che può dare valore a tutto questo.

Ma questa mia lettera vuole anche essere un tentativo di stimolo alla nostra tradizionale organizzazione la Fipe e l'Epam in questo caso milanese, non possiamo permettere che la Confindustria in crisi nei suoi settori tradizionali entri a gamba tesa nel nostro settore, non possiamo permettere una spaccatura, dobbiamo difendere le nostre organizzazioni chiedendogli una maggiore attenzione ai nostri bisogni, chiediamo a Epam e Fipe un maggior coinvolgimento della Ristorazione e sicuramente in vista dei rinnovi  dei rappresentanti a settembre una maggiore attenzione con un nuovo direttivo interprete dei bisogni di cambiamento che il settore richiede, innanzitutto una rinascita dei settori, ristoranti, pizzerie e bar in prima fila, che sono il fiore all'occhiello dei pubblici esercizi, nuovi dirigenti capaci di interpretare i cambiamenti che il mercato con sempre più insistenza chiede. Ma i nuovi cambiamenti non sono solo di 'marketing” sono soprattutto di contenuti etici, di competenza e di maggior coinvolgimento dei soci, ci vuole coraggio nel riunire i soci ascoltarne le necessità, ascoltarne i problemi, proporre soluzioni, anche e soprattutto con nuove modalità, percorsi di qualità, certificazioni in grado di comunicare al consumatore certezze ed affidabilità, ma non con nuove regole burocratiche che nessuno poi attua, ma semplificando le norme già in essere, con poche regole da far rispettare senza riempire di carte i nostri locali.

Da tempo chiedo una 'rottamazione” delle nostre cucine, se è vero ed è vero che la sicurezza alimentare è la nuova emergenza, perché non si aiuta il rinnovo della tecnologia delle nostre cucine? Ma con bandi veri, con aiuti fiscali veri, non con bandi via telematica che dopo 15 minuti hanno esaurito i fondi, anzi a proposito ma chi cosi bravo da prendere questi fondi?    

I soci debbono tornare ad essere il centro del Sindacato, che sempre più, invece appare come una nuova forma di fabbricazione di posti e poltrone, distante dai stessi soci, in questo Gualtiero Marchesi con la sua scelta denuncia esattamente questa realtà, non credo che questo precedente non interessi nessuno. Siamo in tanti, pronti ad aiutare la Fipe e l'Epam.

Chiedo, e credo di interpretare il pensiero della maggioranza del settore, che i nostri due presidenti, Carlo Sangalli e Lino Stoppani, sappiano interpretare questa mia lettera come una richiesta di aiuto ma anche di sostegno per il bene di tutti.





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