Curiosando nella zona Sassi di Matera, mi sono imbattuto in un negozio che, oltre ai 'cuccù”, fischietti di tradizione locale raffiguranti il gallo, simbolo di forza virile e di difesa contro il malocchio, vende una particolare bambolina in terracotta raffigurante una donna con un largo vestito. Incuriosito, ho chiesto spiegazioni a Mario Daddiego, titolare del negozio, che mi ha raccontato un'interessante spaccato di storia gastronomica della sua città.
La bambolina era, infatti, la riproduzione in terracotta della Pupa di caciocavallo, un formaggio che, anticamente, si usava regalare ai bimbi durante lo svezzamento.
Si trattava, nei primi del 1900, di un alimento e un gioco; i bimbi divertiti dalla sua strana forma non esitavano a succhiarla e a morderla, cosa che risultava particolarmente utile nel periodo della dentizione, fornendo calcio per lo sviluppo delle ossa, oltre che ingegnoso sistema per alleviare il fastidioso prurito che si manifesta sulle gengive dei bimbi.
La forma si otteneva pressando, in uno stampo di legno formato da due pezzi sovrapponibili, la pasta filata del caciocavallo; tali stampi, all'epoca, erano per lo più intagliati a mano dai pastori, durante le loro lunghe giornate, con attrezzi di fortuna.
Si otteneva un formaggio dalla particolare forma di 'pupa” o 'pacchiana”, cioè una donna così chiamata perché indossava, sovrapponendoli, tanti capi colorati, senza alcuna logica di abbinamento.
La 'pupa” di caciocavallo, che era utilizzata anche per rendere più bella la tavola dei giorni di festa, non si produce più. I pochi stampi ancora in circolazione sono gelosamente custoditi come oggetti d'antiquariato; ma, da cultore delle antiche tradizioni gastronomiche, auspico il ritorno a nuova vita di questo particolare formaggio, facendo rivivere un pezzo di storia di Matera, città di grande fascino che, soprattutto nella zona Sassi, fa rivivere al turista, con la sua singolare architettura, una piacevole sensazione di ritorno all'antico.