Nelle pizzerie italiane c’è bisogno di circa 6mila pizzaioli qualificati, ma nonostante la crisi e la disoccupazione si fa fatica a trovarli. È quanto afferma un report del centro studi Fipe, la Federazione italiana pubblici esercizi aderente a Confcommercio-Imprese per l’Italia, presentato quest’anno al “Pizza World Show” presso la Fiera di Parma. A sviluppare una domanda di lavoro qualificato così alta nelle pizzerie, dove la forza lavoro complessiva arriva a 240mila occupati, è la produzione. Che siano destinate al servizio al tavolo o a quello da asporto, a sfornare pizze sono 25mila pizzerie e altrettante sono quelle che sfornano pizza al taglio, generando un fatturato aggregato di circa 9 miliardi di euro.
La difficoltà nel reperire personale esperto, sempre secondo Fipe, porta i gestori, almeno in un caso su 5, ad accontentarsi di reclutare personale non qualificato a cui erogare (nel 40% dei casi) formazione adeguata. L’80% del fabbisogno di pizzaioli specialisti riguarda le piccole imprese ed oltre un’assunzione su 2 tra quelle non stagionali è a tempo indeterminato.
Fra le curiosità maggiori che sono emerse dal report, dal punto di vista del consumatore, c’è sicuramente la scelta della pizza come alimento per la colazione (8%), mentre più scontato appare il 75% del campione che ne fa oggetto di cena. La pizza continua comunque a rappresentare un antidoto contro la crisi perché consente di consumare in compagnia un prodotto di qualità a buon prezzo. Secondo gli ultimi dati dell’osservatorio prezzi, infatti, un pasto in pizzeria, se l’ordinazione si limita a pizza e bibita, ha un costo compreso tra i 7 e gli 11 euro. Il profilo classico della pizzeria, intesa come locale, è di 126 metri quadrati, con 67 posti a sedere interni e 23 esterni, un’apertura media annua di 280 giorni, un volume d’affari di 260mila euro e 6,5 addetti.
«Pura demagogia, considerato che il settore ristorazione pizzeria ha avuto anch’esso una contrazione, anche se non preoccupante». A smorzare i toni forse un po’ allarmistici della Fipe è l’Apes (Associazione pizzaioli e similari), che spiega in una nota: «Titolari e gestori sono divenuti molto accorti nella gestione del personale e assumono, o impiegano, molto meno personale di qualche anno fa. [...] I dati delle pizzerie li possono conoscere solo le associazioni del settore che in questo campo operano da decenni, e se l’Apes vi dice che non è così richiesto il mestiere di pizzaiolo, e che i veri pizzaioli non si identificano con le catene di pizzerie in franchising, non è una bufala, come tante altre che nel settore circolano. [...] Secondo noi - conclude l’Apes - i 6mila posti saltano fuori solo se vengono licenziati i pizzaioli extracomunitari, facendo così posto ai nostri pizzaioli italiani. È da vedere poi come siano preparati e interessati ai tanti sacrifici che questo lavoro comporta: lavorare quando gli altri si divertono».