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La cassoela di Lino Gagliardi conquista i marchigiani

di Carla Latini
 
18 gennaio 2018 | 14:48

La cassoela di Lino Gagliardi conquista i marchigiani

di Carla Latini
18 gennaio 2018 | 14:48
 

Lino Gagliardi, chef patron dell’Antica Osteria alla Rampina di San Giuliano Milanese (Mi), è nato a Castelraimondo, in provincia di Macerata e, ogni tanto, fa ritorno a casa.

L’idea di far conoscere questo piatto lombardo a un gruppo di marchigiani gourmand è di Elio Palombi. Elegante e colto signore milanese di origini marchigiane, Fabriano lo vede spesso rientrare, stimola pranzi e cene storici a tema, conviviali, eventi e presentazioni di libri. Elio ha il potere di "calamitare" le persone che stima e che gli piacciono.

(La cassoela di Lino Gagliardi conquista i marchigiani)
La cassoela di Lino Gagliardi

Lino Gagliardi è uno dei preferiti. Il pranzo si svolge sulle colline del fanese, all’azienda vitivinicola Di Sante, nel salone sopra la cantina, bevendo grandi vini dallo spumante di Bianchello del Metauro a rossi strutturati di pregio che con la cassoela sono perfetti. In cucina con Lino c’è Camilla, la moglie di Tommaso Di Sante, la quinta generazione della famiglia. Fra gli ospiti Giammario Spacca ex presidente della regione, Massimo Seri, sindaco di Fano, l’ultimo rampollo dell’Anisetta Meletti e Massimo Biagiali, patron del ristorante albergo Giardino a San Lorenzo in Campo. Una delle culle più prolifiche dell’enologia marchigiana.

Massimo Biagiali e Lino Gagliardi (La cassoela di Lino Gagliardi conquista i marchigiani)
Massimo Biagiali e Lino Gagliardi

Elio e Lino ci raccontano che la cassoela ha origini ebraiche. In zona lomellina veniva fatta con l’oca e si chiamava bottaggio. Poi l’oca costava troppo ed è stata sostituita dal maiale di cui, si sa, non si butta niente. Un piatto unico molto calorico e corroborante, negli inverni freddi. La più buona cassoela si mangia a gennaio perché la verza ha raggiunto la sua maturità. Gli ingredienti sono tutte le parti del maiale dalle costine al musetto, dalla coda allo zampetto, la salamella, la verza e la polenta.

(La cassoela di Lino Gagliardi conquista i marchigiani)

Osservo le signore al tavolo e capto un certo educato sconcerto. Ma quando arriva fumante e goduriosa davanti ai loro occhi e ai loro nasi è impossibile resistere. E di piatti colmi ne ho visti passare tanti. Buonissima e realmente molto leggera. Niente pane con la cassoela. Il nome, ci spiega Elio, dovrebbe derivare dal francese cassolette, ricette "assemblate" con ingredienti diversi. Un pranzo così può solo essere preceduto da affettati e formaggi locali accompagnati dal pane al mosto di Camilla. E concluso con la cremina al caffè di Lino da prendere con i suoi biscottini sottili e croccanti.

Giammario Spacca, Lino Gagliardi ed Elio Palombi (La cassoela di Lino Gagliardi conquista i marchigiani)
Giammario Spacca, Lino Gagliardi ed Elio Palombi

Sul tavolo, il passito di Bianchello, molto buono, e le diverse anisette Meletti divertono e scaldano il conviviale. Che si accende magnificamente e dura fino a notte. Pensieri, riflessioni, scambi di idee su quale potrebbe essere la formula magica per dare ancor di più spazio ai prodotti della terra, agli artigiani e ai cuochi che difendono questo grande patrimonio. «Voi siete come dei monasteri - dice Spacca - a voi il compito di preservare i vostri tesori e di mantenerli sempre vivi». E Lino Gagliardi è l’esempio di come si fa.

Per informazioni: rampina.it

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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