Le orecchiette di Bari Vecchia non sono solo un piatto: sono un simbolo, un racconto di mani che impastano, un’attrazione che affascina i turisti e rassicura i baresi. Eppure proprio quelle piccole conchiglie di pasta oggi dividono la città. Dopo il sequestro di 151 chili di prodotti tra taralli, pomodori secchi e pasta fresca, la “strada delle orecchiette” è finita sotto i riflettori. Da un lato la difesa di una tradizione che vive sui telai all’aperto, dall’altro le accuse di vendita abusiva, mancanza di tracciabilità e sospetti che dietro la magia ci sia anche la scorciatoia dell’industriale spacciato per artigianale.

Sono stati sequestrati 151 kg tra orecchiette, taralli e pomodori secchi
Il sequestro ad Arco Basso e la “strada delle orecchiette”
151 kg tra taralli dolci e salati, orecchiette e pomodori secchi sono stati requisiti perché venduti senza autorizzazione e non artigianali. Sotto sequestro anche alcuni banchi utilizzati per l’esposizione. Tre commercianti sono stati multati per commercio abusivo e occupazione non autorizzata di suolo pubblico. Dopo la protesta (due banchetti a chiudere la cosiddetta “strada delle orecchiette”) una delegazione di pastaie è stata ricevuta a Palazzo di Città a Bari.

La strada delle orecchiette a Bari Vecchia
«Alle pastaie di Bari vecchia - ha spiegato all’Ansa Pietro Petruzzelli, assessore comunale allo Sviluppo locale - abbiamo ribadito quello che loro già sanno: vogliamo tutelare la tradizione delle orecchiette fresche. Per questo possono tranquillamente esporre i telai con la pasta fresca o mettersi a prepararla davanti ai turisti in maniera dimostrativa. Quello che invece non è consentito, a meno che non ci sia un’autorizzazione, è vendere orecchiette industriali come se fossero artigianali. Alcune hanno già i permessi, altre si stanno mettendo in regola». Sulla stessa linea anche Carla Palone, assessora alla Vivibilità urbana con delega alla Polizia locale: «La polizia lavora per garantire la legalità. I prodotti non artigianali non possono essere venduti su suolo pubblico senza autorizzazione. Per questo è stato disposto il sequestro, come facciamo nei mercati cittadini e nei controlli sulle attività di ristorazione per la tracciabilità dei prodotti. Lo stesso principio vale anche per le pastaie, che restano un’immagine importante della città».
Dalla chiusura simbolica dei banchi all’incontro in Comune: le donne difendono la loro arte tramandata da generazioni
Proprio qui sta uno dei principali nodi. Le orecchiette vendute ad Arco Basso, sono artigianali? Il dubbio era stato sollevato da un servizio della trasmissione Rai Mi manda Rai Tre che aveva sollevato dubbi sulla genuinità delle orecchiette vendute in strada Arco Basso: secondo alcune segnalazioni, infatti, alcune pastaie avrebbero spacciato per artigianale pasta di produzione industriale. Un’accusa pesante, che ha colpito direttamente l’immagine del borgo antico di Bari, meta di migliaia di visitatori attratti proprio dalla tradizione gastronomica locale e dal fascino delle mani che impastano come una volta.

La “guerra delle orecchiette”: le tappe
Le reazioni non si erano fatte attendere. Alcune pastaie avevano deciso di spegnere i loro banchi, altre hanno sospeso le dimostrazioni di preparazione della pasta fresca. Un gesto simbolico, ma dal significato chiaro: «Non siamo colpevoli», si erano difese e in un’intervista a BariToday, una delle storiche protagoniste aveva voluto precisare: «Non è stato uno sciopero. Ci siamo sentite offese dalle polemiche. Noi vogliamo solo continuare a lavorare, come ci hanno insegnato le nostre madri e le nostre nonne. La tradizione è il nostro lavoro, e non vogliamo che venga messa in discussione».
Le accuse di vendita di pasta industriale spacciata per artigianale e il problema dei volumi di produzione rispetto alla domanda turistica
Tuttavia, con l’aumentare del giro turistico, anche la produzione avrebbe dovuto crescere, ma, considerando il tempo e l’impegno che ci vuole per prepararle, questa difficilmente riesce a superare i 5/6 kg per giorno. Un volume inferiore alla domanda di baresi e, soprattutto, turisti. Così, questa è l’accusa, alcune pastaie hanno iniziato a comprare orecchiette industriali, ormai molto simili a quelle artigianali, e rivenderle come fatte a mano. Il trucco consisterebbe nel travasare le confezioni industriali (pagate 1-1,50 euro al mezzo chilo) in bustine anonime e rivenderle a 8-9 euro al chilo come se fossero artigianali originando un guadagno enorme e che potrebbe configurarsi come una vera e propria truffa, perché il turista non ha la capacità di riconoscere la differenza.

Orecchiette esposte a Bari Vecchia
Orecchiette artigianali o industriali? Il nodo della frode
Sandro Romano, collaboratore di Italia a Tavola e console per il Sud Italia e la Sicilia presso l’Accademia Italiana Gastronomia Storica, ha spiegato: «Per troppo tempo si sono chiusi gli occhi permettendo di trasformare l'esibizione della bella tradizione locale della preparazione delle orecchiette in un business. La strada a cui si accede dal famoso Arco Basso è piena di signore che preparano le orecchiette tradizionali catturando la curiosità dei turisti che vengono accompagnati quando scendono dalle navi di crociera. Come spesso accade, purtroppo, ciò che era semplicemente tradizione e folklore, si è trasformato quando si è capito che poteva essere un facile guadagno».

Sandro Romano, collaboratore di Italia a Tavola e console per il Sud Italia e la Sicilia presso l’Accademia Italiana Gastronomia Storica
Quindi ha aggiunto: «Vendere orecchiette industriali spacciandole per orecchiette artigianali non è una operazione lecita sotto molti punti di vista. Il primo è legato al fatto che sono vendute a prezzi esorbitanti proprio perché spacciate per artigianali e messe in busta senza etichettatura, poi c'è anche la mancanza di autorizzazioni alla vendita e di conseguenza anche emissione di scontrini fiscali. Giustamente l'assessore Petruzzelli ha dichiarato che, finché si tratta della dimostrazione di come si fanno le vere orecchiette tradizionali, possono farlo. Ma sia la vendita che, ovviamente, il fatto di trasferire in busta anonima quelle industriali configura diversi illeciti tra cui, non ultima, la non tracciabilità del prodotto».
Sicurezza alimentare e norme fiscali: i rischi nascosti
A questo si sommano altri problemi, a cominciare dal tema fiscale, finito sotto la lente di ingrandimento. Non tutte le pastaie sono dotate delle regolari autorizzazioni alla vendita e di conseguenza non emettono nemmeno lo scontrino fiscale: comportamenti che hanno portato anche ad ipotizzare un’evasione fiscale per questa attività. Senza contare il rischio che l’invito in casa per assaggiare le orecchiette possa celare un home restaurant, magari privo a sua volta delle necessarie autorizzazoni.

Le orecchiette fresche asciugano su telai all'aperto
Inoltre le condizioni igieniche rischiano di non essere sempre ottimali. Le orecchiette fresche devono asciugarsi e vengono lasciate su telai all’aperto: è vero che la zona è chiusa al traffico, ma non è un ambiente sterile. Per questo lo scorso gennaio aveva preso il via un corso gratuito di formazione sulla sicurezza alimentare, rivolto alle pastaie di Bari Vecchia. L’iniziativa, promossa dal Comune in collaborazione con Confartigianato e Cna, mirava a fornire alle artigiane la certificazione Haccp. Il corso, organizzato negli spazi di Porta Futuro, ha avuto una durata di quattro ore e rappresenta un passo concreto verso la regolarizzazione dell’attività delle storiche produttrici di orecchiette del centro storico barese. Grazie a questa iniziativa, le partecipanti potevano ottenere la certificazione Haccp, indispensabile per conformarsi agli standard igienico-sanitari previsti dalla normativa e per operare come Operatrici per la somministrazione di alimenti (Osa).
Tra folklore e business: un patrimonio da salvare
Proprio su Italia a Tavola Pasquale Di Lena (esperto di territorio, vino e olio, gastronomia e turismo) aveva ricordato il valore culturale, storico e turistico di queste donne, che con le loro mani mantengono viva una tradizione secolare, offrendo ospitalità e raccontando il territorio. Le pastaie lavorano per guadagnarsi da vivere senza cercare potere o arricchimento personale, contribuendo invece a preservare un patrimonio gastronomico unico. Di Lena aveva sottolineato anche il contrasto tra il marketing della trasmissione e la realtà delle famiglie che vivono della loro arte: «Un modo per sbarcare il lunario, mettere insieme il necessario per vivere una vita dignitosa con tutta la propria famiglia. Un modo per non chiedere elemosina, non andare a rubare o fare altre sciocchezze pur di mangiare, che, con i tempi che corrono, vuol dire vivere nella propria terra, non emigrare, non sentirsi schiavi, ma protagonisti insieme con le rispettive famiglie».
Come trasformare le pastaie in ambasciatrici autentiche della cultura gastronomica barese
Le immagini delle donne che, con gesti sapienti, modellano la pasta davanti alle loro case raccontano infatti molto più di una semplice vendita: narrano storie di ospitalità, legami con il territorio e un sapere antico che continua a vivere nelle strade di Bari Vecchia. La vera sfida sarà trovare un equilibrio tra regolamentazione e tutela della tradizione. Affrontato con attenzione, questo percorso può trasformare le pastaie in vere e proprie ambasciatrici di una cultura gastronomica che merita di essere valorizzata senza perdere la propria autenticità.

Orecchiette: un piatto tradizionale
Il destino delle pastaie e delle loro orecchiette non può essere ridotto a un verbale di sequestro. Per Bari si tratta di scegliere se trasformare un patrimonio in un souvenir senza anima o difendere un’identità che vive da secoli nei gesti quotidiani delle sue donne. La sfida è trovare un equilibrio: dare regole senza spegnere il folklore, tutelare la sicurezza senza cancellare la poesia. Perché se Bari Vecchia perdesse le sue orecchiette, non smarrirebbe solo un piatto, ma una parte di sé.
Orecchiette, alcune ricette
Ecco alcune ricette per preparare le orecchiette, dalle tradizionali a quelle più innovative: