Il culto del caffè In Italia ancora tanto da fare

L'espresso per gli italiani è un must. Ma se prima bastava l'abitudine della tazzina, ora i consumatori chiedono sempre di più la qualità. L'offerta cresce, ma è ancora insufficiente

18 giugno 2019 | 10:41
di Roberto Vitali
Diciamo la verità: in molti bar si bevono ancora dei pessimi caffè. Personalmente bevo il caffè senza zucchero. Solo così infatti posso gustare l’aroma e il sapore che sprigionano da un monorigine perfettamente tostato. Se però il liquido nerastro non mi appaga al primo assaggio (vuoi che la miscela sia economica o che il barista sia incapace), solo allora aggiungo lo zucchero, per rendere meno sgradevole il caffè.


Tazzina di caffè

Caffè e brioche rappresentano sempre il binomio più gettonato, ma si affacciano nuovi modi di consumo del caffè che tendono, come per il tè, a farne una bevanda “da relax e meditazione”, da assaporare coccolati da un barista esperto che illustra l’origine del chicco da lui tostato e gli strumenti utilizzati. La cultura del caffè è in crescita e il cliente distingue tra miscela e monorigine, addentrandosi nelle varie modalità di estrazione, parole “arabe” sino a ieri: il classico espresso, ma anche i caffè-filtro (l’aeropress, il syphone, il cold brew, il clever, il V60) oppure un moka o un caffè alla napoletana.

In alcuni bar che vogliono fare cultura del caffè si avverte la clientela che lì non esiste lo zucchero. È il caso dei due Bugan - uno a Bergamo Alta e uno a Bergamo Bassa - locali aperti da Maurizio Valli, a livello nazionale uno dei più esperti conoscitori e torrefattori di caffè. Nel 2015 ha vinto il campionato italiano ed è stato proclamato “Miglior barista dell’anno”. Con i suoi locali fa vera educazione al caffè. Suoi allievi non solo consumatori attenti ed esigenti, ma anche baristi che vogliono perfezionarsi nell’uso delle attrezzature per preparare ottimi caffè.

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Alberto Lupini


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