Nebrodi Cheese Festival Emozioni globali, prodotti locali
12 luglio 2017 | 11:49
di Piera Genta
Presso il Museo della civiltà contadina di Floresta (Me), comune più alto della Sicilia alle propaggini dell’Etna, si è svolta la prima edizione del Nebrodi Cheese Festival, due giorni dedicati alla promozione della Provola dei Nebrodi. I Nebrodi sono un’area montana a cavallo tra le province di Messina, Catania ed Enna dove troviamo 1.800 aziende e l’allevamento di bovini da latte supera il 50% dei circa 60mila capi allevati con il sistema estensivo al pascolo. La zona di produzione interessata dal disciplinare comprende 47 comuni delle tre province.
L’evento è stato la sintesi di un percorso nato nel dicembre scorso dal Consorzio di tutela, presieduto da Piero Valenti, di cui oggi fanno parte 26 produttori e altri 6 sono in attesa di entrare, con la richiesta di Denominazione di origine protetta per la Provola dei Nebrodi, uno tra i formaggi siciliani più diffusi ma non ancora certificati. L’istanza ha ottenuto il parere favorevole della Regione Siciliana ed è in attesa del via libera da parte del ministero delle Politiche agricole e successivamente della Ue. Oggi la produzione si aggira sulle 150 tonnellate annue, ma si parla di un periodo intermedio con 250 tonnellate ed un target di 500.
L’obbligo per i produttori, previsto dal disciplinare, è quello di fare il formaggio nella maniera tradizionale, ossia utilizzando attrezzature di legno, e con il latte di animali portati al pascolo. Diverse stagionature al momento dell’immissione sul mercato: fresca fino ad un massimo di 30 giorni di maturazione, semi-stagionata fino a 4 mesi, stagionata oltre i 4 mesi. Le tipologie simbolo sono la provola sfoglia (almeno 6 mesi di stagionatura), detta così perché al taglio appare in vari strati, e quella al limone con stagionatura minima di 4 mesi, unico esempio al mondo di un formaggio ripieno di un limone verdello dall’aroma inconfondibile.
Inoltre nel disciplinare è prevista la dicitura “Prodotto di montagna”, realizzato con latte proveniente da stalle site in territorio montano, a oltre 600 metri di altezza, trasformato e stagionato in zona montana. Le provole verranno accompagnati da un marchio in caseina e da approfondite analisi sulla sicurezza alimentare, sviluppate da enti di ricerca accreditati. Obiettivo ambizioso dei produttori aderenti al Consorzio, quello di attivare un centro di stagionatura comune e un canale di vendita per concentrare l’offerta di prodotto. Un grande passo in avanti.
Nell’ambito della manifestazione si è svolta la tavola rotonda sul tema “Dalle Putie (botteghe) alla Gdo: Quale futuro per i prodotti tradizionali secondo gli attori del mercato”, con la partecipazione di ospiti internazionali e nazionali, tra cui Mons Fromagerie (Francia), Anthony Gruppetta (ministero dell’Agricoltura di Malta) e Carlo Fiori (Luigi Guffanti Formaggi). È emersa l’importanza dell’affinatore di formaggi, una figura professionale relativamente recente con il compito di occuparsi della stagionatura dopo che sono stati prodotti, quindi di prenderli ancora freschi dal caseificio e di portarli ad un ottimale maturazione tenendo in conto svariati fattori (caratteristiche organolettiche del formaggio, temperatura, umidità...).
Giuseppe Licitra, professore dell’Università di Catania e responsabile scientifico del Consorzio Provola dei Nebrodi, ha presentato i risultati di una ricerca del progetto “Putie” sviluppata su 518 punti vendita distribuiti in 157 comuni della Sicilia (ovvero il 40% di tutta l’isola). I formaggi più diffusi nei punti vendita e nei negozi alimentari sono il Grana Padano Dop, il Parmigiano Reggiano Dop, la pasta filata, la ricotta fresca di pecora siciliana e il Galbanone. Solamente al sesto posto il “Ragusano”, presente in circa 100 punti vendita. Risultati non entusiasmanti, in quanto solo il 43% dei prodotti venduti nell’isola ha origine in Sicilia e sono venduti al dettaglio a prezzi più bassi; il 42 % viene dal resto dell’Italia e il 15% dall’Europa. I formaggi a latte crudo sono il 34%. Le 4 Dop Siciliane - Ragusano, Pecorino Siciliano, Vastedda della Valle del Belice, Piacentinu Ennese - sono purtroppo poco presenti sia nei punti vendita che sulle tavole isolane evidenziando i principali problemi del settore lattiero-caseario siciliano ovvero l’organizzazione dell’offerta e la distribuzione capillare.
Giuseppe Licitra
Nella giornata successiva si è svolto un convegno scientifico che ha toccato argomenti come la sicurezza alimentare, il ruolo sociale ed economico delle produzioni artigianali, il profilo dei consumatori e le scelte degli stessi. Non sono mancati i laboratori del gusto dedicati ai formaggi storici siciliani abbinati a confetture di Corrado Assenza ed una verticale della Provola dei Nebrodi e vini di Tasca d’Almerita, Cottanera, Quantico e Planeta. Inaspettata la degustazione di Gbejniet, piccole forme di formaggio fatte con il latte di capra e aromatizzate, tipiche di Malta.
Erano presenti con i loro prodotti anche i Consorzi di tutela dei formaggi che possono già fregiarsi della Dop, come la Vastedda della Valle del Belice, il Piacantinu ennese, il Pecorino siciliano e il Ragusano. Non mancheranno neppure i produttori di altre pregiate specialità casearie siciliane come lo storico Maiorchino, il Caciocavallo palermitano e la Ricotta infornata dei Nebrodi e dei Peloritani.
La manifestazione è stata organizzata dal Consorzio, dall’Università di Catania, dal Comune di Floresta, dove ebbe origine anticamente questa speciale forma di caseificazione, e dall’Ats Pro Nebrodi a cui hanno aderito i Comuni di Randazzo, Roccella Valdemone, Maniace, Castell’Umberto, Castel di Lucio, Tortorici, Sinagra, Basicò e S. Teodoro.
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Alberto Lupini