Una tappa al Sud, tra gusto e storia A Cetara, per la colatura di alici

Dopo il ricordo storico di un prodotto del Nord, eccone uno, forse più antico, al sud: parto da Salerno e imbocco la celebre “panoramica” che, da Vietri sul Mare, immette sulla splendida Costiera Amalfitana . La mia meta è precisa e ben motivata: Cetara (Sa), splendido piccolo borgo a circa sette chilometri da Vietri

24 marzo 2018 | 09:28
di Toni Sarcina
Obiettivo del mio viaggio, una rarità ricca di storia, la “colatura di alici”. A Cetara sembra che il tempo si sia fermato. Sulla costa campeggia la Torre Vicereale d’avvistamento, fatta costruire dai cittadini nel 1500 per prevenire gli attacchi dei Turchi.



 Il passato storico di questo centro, entrato a far parte del Patrimonio dell’Unesco, è tutt’altro che trascurabile; fu infatti l’ultimo possedimento e posto di confine dell'antico Ducato e della Diocesi di Amalfi per la costa orientale.

Da sempre, centro importante per la pesca (il nome “Cetara” deriva infatti da “Cetaria”, ovvero tonnara, e da “cetarii”, ossia commercianti di pesce di grosse dimensioni, come tonno e pesce spada), il borgo ha dimostrato una notevole attitudine alla conservazione del pescato, in particolare per il pesce azzurro, creando una specialità per la quale non ha rivali al mondo. Si tratta della celebre “colatura di alici”.

L’origine della “colatura” è assai antica e la si fa risalire nientemeno che al famoso “garum” di memoria romana. Nata, probabilmente, ad opera di monaci cistercensi di Amalfi, i quali ponevano le alici, pescate nel mese di agosto, in vecchie botti inutilizzate. Queste botti venivano appoggiate su due travi parallele sollevate dal pavimento. Dopo 3-4 mesi il sale, dopo aver portato le alici alla giusta maturazione, contribuiva a far perdere loro il liquido che colava attraverso le doghe. Pare che i monaci, rilevando una forte somiglianza con il più celebre “garum” decisero di utilizzarlo come condimento per le verdure, aggiungendo alla colatura spezie e aromi.

In breve, la “colatura” si diffuse dapprima in altri monasteri e poi tra il popolo. A Cetara si diedero da fare e ne iniziarono la produzione, filtrando la salamoia delle alici che fuoriusciva nei vasi attraverso uno speciale cappuccio usato allora per filtrare il mosto dell’uva.

La “colatura” oggi
La pesca si fa in maggio, quando i pesci sono più grandi e ricchi di sapore. Le alici, pulite con cura, private della testa e poste a macerare, per circa 12 ore, in un recipiente con acqua e sale. Dopo vengono scolate, poste a strati in un barile e salate con sale marino grosso e asciutto.

Sopra i barili alcuni pesi favoriscono l’uscita del liquido sul fondo. A dicembre, con le alici ormai “mature”, si fora il fondo e si raccoglie la “colatura” passandola attraverso il cappuccio di tela. Infine si invasa e si fa riposare al sole coprendo spesso i vasi con mazzetti di origano per aromatizzarli.

L’utilizzo
La “colatura” è un condimento polivalente e può essere utilizzato, tra l’altro:
  • Per condire piatti di pasta
  • Per condire verdure crude, ma, in questo caso, dosandone con cura la quantità e senza sale
  • Per insapore piatti di carni bianche: mezzo cucchiaino per 4 porzioni di carni di pollame
  • Per insaporire piatti che risultassero troppo insipidi.

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Alberto Lupini


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