San Martino celebra il suo “Tocai” Solo 40 ettari per 72mila bottiglie

Fra le colline moreniche gardesane di Solferino e San Martino, 160 anni fa si sono combattute le battaglie che hanno portato all'Unità d'Italia, ma qui si produce anche un vino, il Lugana

30 aprile 2019 | 09:50
di Renato Andreolassi
E vi è un vitigno, il Tocai, che dava - e dà ancora - uno splendido vino bianco. Per decisione dell'Unione europea il Tocai è solo ungherese. Ma i bresciani non si sono persi d'animo, anzi.



San Martino della Battaglia è un luogo scolpito nella storia; memori di questo, nel piccolo borgo sulla riviera bresciana del lago di Garda, frazione di una capitale del turismo come Desenzano (Bs), i vignaioli hanno deciso comunque di mantenere la patria di questo vino bianco misconosciuto, una chicca tutta da riscoprire e pronta a tornare d’attualità a metà giugno nell’ambito delle manifestazioni per il 160° della famosa battaglia di San Martino e Solferino. L’occasione ideale per riaccendere i riflettori sulla piccola e storica Doc, che a Vinitaly ha lanciato un nuovo evento promozionale in programma il 16 giugno: una camminata enogastronomica tra i vigneti e le cantine del “Tuchì”, com’è stato ufficialmente ribattezzato in Lombardia il vitigno Tocai, qui storicamente coltivato, dopo che nel 2007 - come dicevamo - la Comunità Europea ha concesso all’Ungheria l’uso esclusivo del nome. Il primo disciplinare di produzione risale al marzo del 1970: per molti anni il San Martino è stato il bianco per antonomasia, in seguito fagocitato dal Lugana il cui territorio di produzione è praticamente sovrapposto a quello del San Martino.

«Stesso territorio, due uve, due bianchi completamente differenti - spiega il presidente del Consorzio Valtènesi Alessandro Luzzago - Il San Martino è una cosa piccola ma preziosa che siamo orgogliosi di difendere e tutelare». Oggi, a rimanere fedeli alla denominazione sono rimasti pochi produttori, ma tutti profondamente impegnati a dare a questo vino il futuro di dignità qualitativa che merita. E non mancano interessanti prospettive di sviluppo.

«Gli ettari coltivati a Tuchì sono 40, per una produzione che nel 2018 ha raggiunto le 72mila bottiglie, poche ma in netta crescita rispetto alle 42mila del 2017 - spiega Gilberto Castoldi, produttore e referente del Consorzio Valènesi per la Doc San Martino - le cantine produttrici per il momento sono sei: Cobue, Rifra, Cadore, Citari, Feliciana e Selva Capuzza, il cui San Martino “Campo del Soglio” è stato peraltro inserito in questi giorni nella guida “I migliori 100 vini e vignaioli d’Italia”: un segnale importante di attenzione per un prodotto sul quale sono pronte ad investire altre due importanti aziende come Tenuta Roveglia e Pratello».

Nell’attesa, appuntamento a domenica 16 giugno con “Su e giù per le vigne del Tuchì”, la camminata tra le cantine del San Martino della Battaglia, circuito storico-enogastronomico con partenza dalla famosa Torre di San Martino, tappa nelle sei cantine produttrici con degustazione dell’ultima annata di San Martino in abbinamento a piatti o prodotti tipici della zona, ritorno alla Torre per il brindisi finale.

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Alberto Lupini


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